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AI o Shakespeare, le poesie di ChatGpt ingannano i lettori

Lifestyle

A quasi 2 mila partecipanti  sono state presentate dieci poesie: cinque scritte da grandi autori come William Shakespeare e cinque generate da ChatGpt. Lo studio  rileva che i lettori sono stati ingannati dalla facilità di comprensione del testo, interpretato come un segno di autenticità della poesia piuttosto che una "tecnica" dell'IA

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L'Intelligenza artificiale diventa abile ad ingannare persino gli appassionati di poesia. Lo rivela uno studio condotto da un team di ricercatori dell'Università di Pittsburgh su oltre 1.600 partecipanti ai quali sono state presentate dieci poesie: cinque scritte da grandi autori come William Shakespeare e cinque generate da ChatGpt. 

Lo studio

Secondo lo studio, pubblicato sulla rivista Scientific Report, le persone non sono state in grado di distinguere in modo affidabile tra le poesie umane e quelle artificiali, mostrando in alcuni casi preferenze per i lavori realizzati dall'IA. Stando ai ricercatori, ChatGpt ha saputo generare testi sia semplici sia accessibili, più facili da comprendere rispetto ai grandi poeti. I partecipanti, convinti di preferire la poesia umana, avrebbero interpretato la facilità di comprensione del testo come un segno della loro autenticità, piuttosto che una "tecnica" dell'IA. Lo studio ha inoltre evidenziato una correlazione negativa tra la fiducia dei partecipanti nelle proprie risposte e l'accuratezza delle stesse, suggerendo che l'eccessiva sicurezza può portare ad errori di valutazione. 

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Il livello di apprezzamento 

Un esperimento parallelo, condotto su un gruppo diverso di partecipanti, si è concentrato invece sul livello di apprezzamento delle poesie. "Le valutazioni della qualità complessiva delle poesie sono più basse quando alle persone viene detto che l'opera è generata dall'intelligenza artificiale", si legge su Scientific Report. Coloro a cui era stato detto che le poesie erano generate dall'IA, hanno infatti dato a quest'ultime valutazioni inferiori rispetto ai volontari convinti che il lavoro fosse frutto dell'ingegno dell'uomo.  

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