David Lloyd: "Ci stiamo avvicinando al mondo di V per Vendetta"

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Gabriele Lippi

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Il disegnatore britannico, coautore del celebre fumetto insieme ad Alan Moore, è stato ospite di Casale Comics and Games. Lo abbiamo intervistato

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Con la sua matita ha dato vita al più iconico degli eroi che combattono per un’ideale. David Lloyd è l’uomo dietro la maschera più celebre al mondo, quella di V per Vendetta, il fumetto realizzato a partire dal 1982 con Alan Moore, pubblicato inizialmente dalla rivista britannica Warrior, passato a una major americana come la DC Comics, approdato nelle piazze di tutto il mondo con il volto stilizzato di Guy Fawkes, il cospiratore inglese che nel 1605 tentò senza successo di far saltare in aria il parlamento di Westminster, sotto il quale si nascondono il protagonista V e il suo ideale di resistenza antifascista, e che sarebbe poi diventato simbolo di ribellione contro il sistema da Anonymous a Occupy Wall Street fino alle Primavere Arabe.

David Lloyd è stato ospite di Casale Comics and Games, dove gli è stata dedicata una mostra e dove gli è stata offerta una torta decisamente speciale che riproduce la maschera di V. Incontrarlo è stata un’esperienza unica, un viaggio nella storia del fumetto e una conversazione che si è allargata per parlare di politica, resistenza, ideali.

La torta con la maschera di V per Vendetta offerta a David Lloyd nel corso di Casale Comics and Games
La torta con la maschera di V per Vendetta offerta a David Lloyd nel corso di Casale Comics and Games

Sono passati più di 40 anni da quando il primo capitolo di V per Vendetta è uscito. E questo capolavoro ancora ci parla, viene ancora letto da lettori di tutte le età, ispira le persone. Ve lo sareste mai immaginato all’epoca?
Quando abbiamo realizzato V per Vendetta, il nostro era un avvertimento per il futuro, potevamo vederlo arrivare e non mi sorprende cosa è successo dopo. V era ispirato a ciò che era accaduto in Germania negli anni ’30, ma il pregiudizio, la discriminazione, sono cose che accadono anche oggi con i migranti, per esempio. Abbiamo raccontato una dittatura, una forma di fascismo, una situazione incline al populismo e ora vediamo tutto questo nel mondo, e lo vediamo accadere in situazioni che presumiamo essere democratiche. In particolar modo trovo del tutto scioccante ciò che sta accadendo in America: abbiamo una figura chiaramente autoritaria che pare in grado di convogliare un numero enorme di elettori, di nuovo, nonostante tutto ciò che ha fatto. E non c’è spiegazione per questo, a parte forse che i canali di comunicazione ora sono più agevoli; prima di internet era più difficile e la gente non leggeva nemmeno i giornali. Oggi siamo nella situazione in cui la gente che non legge i giornali è ancora nelle sue fattorie, ma ha un’opinione e può esprimerla, quindi la massa, con tutti i suoi pregiudizi, è diventata più importante che in passato, e dal momento che l’educazione delle masse non è migliorata poi tanto ci troviamo in una situazione molto pericolosa dal punto di vista politico.

 

So che la creazione di V for Vendetta è stata complessa, che con Alan Moore avete avuto tante conversazioni al riguardo, che tutto è cominciato da idee diverse. Qual è stato il momento in cui avete capito di aver trovato il personaggio e la storia perfetti?
Il personaggio perfetto è arrivato con Guy Fawkes, ed è stata un’idea mia. Prima avevamo la struttura basilare scritta da Alan, con il personaggio che era scappato dal campo di concentramento e cercava vendetta, era molto semplice. Ma volevamo motivazioni più profonde, non una classica storia di vendetta già vista. Così abbiamo cominciato a interrogarci finché non ho avuto questa idea un po’ pazza, e non eravamo nemmeno vicini al 5 di novembre, il giorno di Guy Fawkes. Fondamentalmente l’idea era questa: tu hai un rivoluzionario che tutti conoscono e che ha fallito nel 1605, non sarebbe fantastico se lo riprendessimo e stavolta avesse successo? E il nostro protagonista aveva subito un forte condizionamento mentale, quindi era sufficientemente pazzo per assumere la personalità di questo rivoluzionario e trasformare le sue azioni in un successo.

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Immagine tratta da V per Vendetta, edizione Absolute, DC Comics Panini

Quella tra voi è stata una vera collaborazione, un continuo scambio di idee. Ti è capitato con altri autori di avere una relazione simile?
In realtà, sai, Alan ha fatto sostanzialmente tutto: il concept è suo per intero e poi lo abbiamo sviluppato. All’inizio era una specie di folle eroe contro il sistema ma poi la cosa si è fatta molto più seria e sono felice che sia andata così. Alan voleva parlare di anarchia e ha cominciato a sviluppare questi concetti, partendo dal V. di Thomas Pynchon, e tutti questi riferimenti. Io ho solo studiato alcuni cambiamenti e qualche evoluzione accidentale, ho solo aggiunto ciò che potevo. E quando lo facevamo all’inizio, pubblicavamo episodi di sei pagine per volta sul magazine, ogni mese, potevamo prenderci il nostro tempo per pensare, non dovevamo creare una storia intera per un libro, avevamo pieno controllo di ciò che facevamo e potevamo sperimentare, come nelle scene con la musica. È cresciuto organicamente, a essere onesti non sapevamo dove stavamo andando, non c’era una struttura solida; solo quando il magazine ha smesso di essere pubblicato perché l’editore aveva finito i fondi, Alan ha dovuto scrivere la sinossi del finale per intera per venderlo alla DC Comics. Prima no, ed è stato il periodo migliore.

 

Qualcuno definisce V un supereroe. Io non penso lo sia, non è nemmeno un vigilante. V è un rivoluzionario, anzi, è l’idea stessa della rivoluzione. So che non ami particolarmente i supereroi: come ti fa stare il fatto che qualcuno chiami V così?
Penso sia perché è più facile così, chiamano supereroe anche Batman sebbene non abbia superpoteri. Fondamentalmente è una scorciatoia per tutte le discussioni sui fumetti. L’unico tipo di superpotere che ha V sono le sue doti da ninja così sviluppate: avremmo potuto spiegarle con dei mutamenti nel suo metabolismo ma non lo abbiamo mai fatto e non era importante. E no, non è nemmeno un vigilante normale, è un rivoluzionario.

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Immagine tratta da V per Vendetta, edizione Absolute, DC Comics Panini

V per Vendetta è nato in bianco e nero, poi è stato ristampato diverse volte a colori da quando l’ha preso in mano la DC Comics. Qual è la tua versione preferita?
Non ho una preferenza. All’inizio era in bianco e nero perché il magazine veniva pubblicato così. Quando c’è stata la possibilità di continuare con la DC sono stato io a chiedere espressamente di farlo a colori. Molti pensano che sia stata una decisione della DC, ma in realtà mi hanno dato la possibilità di scegliere. E ho scelto il colore perché l’obiettivo era di raggiungere il pubblico più ampio possibile e sapevo che il colore avrebbe aiutato in questo. Sapevo di poter fare una versione a colori che preservasse l’integrità dell’opera, non un incubo in technicolor, e lo abbiamo fatto. Poi con l'edizione Absolute abbiamo potuto correggere i colori e ne sono felice. So che a un sacco di gente piace.

 

V ha rivitalizzato la figura di Guy Fawkes, portando la sua maschera in giro per il mondo, in ogni genere di protesta e manifestazione. Come ti fa sentire questo?
Penso che sia fantastico. Noi volevamo rappresentare V come un combattente contro la tirannia, la sua stessa maschera è una sorta di simbolo universale di resistenza. La leggenda racconta che alcuni manifestanti abbiano trovato quella maschera in una discarica e l’abbiano presa semplicemente allo scopo di nascondere la propria identità. Sia come sia, la maschera si è diffusa, è stato usata nelle Primavere arabe, nelle manifestazione contro Scientology e infine persino dagli assalitori di Capitol Hill… E quando ho visto questo ho detto: “Ok, non sanno nemmeno cosa fanno…”.

Ecco, volevo arrivare proprio qui, a tutti questi manifestanti di estrema destra che indossano quella maschera. Pensi sia una forma di appropriazione culturale? Credi che davvero abbiano letto il fumetto e soprattutto lo abbiano capito?
Probabilmente no, ma il punto è un altro: quella maschera è diventata un simbolo universale di protesta contro la tirannia, quindi se pensi di combattere contro una qualsiasi forma di tirannia la vuoi usare. Certo, è folle vederla addosso a persone che non ne hanno capito il significato, che non sanno che è un simbolo antifascista, ma davvero non posso impedire loro di usarla. Quello che importa è la protesta, un simbolo è solo un simbolo. E purtroppo abbiamo visto come molte proteste sono finite, pensa alle Primavere arabe, a come i Fratelli Musulmani ne abbiano preso il controllo, a tutta questa speranza schiacciata: è questa la cosa più triste di tutte.

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Immagine tratta da V per Vendetta, edizione Absolute, DC Comics Panini

Sappiamo che ad Alan Moore il film di V per Vendetta non è piaciuto. A te?
Oh sì, penso che sia un gran pezzo di cinema. Certo, è un’altra versione di V, hanno cambiato moltissimo, tante cose che io non avrei cambiato, ma anche prima che uscisse il film, quando ancora se ne parlava e basta, io ho sempre detto che l’importante era che avesse una buona sceneggiatura. E quando l’ho vista ho pensato che lo fosse, conservava il messaggio fondamentale.

 

Sei anche un editore, con la tua rivista digitale Aces Weekly, che dà spazio a tanti talenti diversi. Cosa significa questo progetto per te?
Per me è molto importante perché quello che facciamo con questa rivista è trasportare su schermo le pagine di un fumetto, non si tratta di scrollare dall’alto verso il basso. So che i webtoon hanno un grande successo ma non sono fumetti per come li conosciamo. Per anni, decenni, il fumetto è stato fatto di pagine, tavole, balloon disposti in un determinato ordine, in Giappone il senso di lettura è rovesciato ma concettualmente è la stessa cosa. Io voglio che questo arrivi al maggior numero di persone possibili, e i costi della carta lo rendono sempre più difficile. Così abbiamo deciso di farlo su computer, ed è pure meglio, puoi vederlo pure sulla tua smart tv e vederlo in formato enorme.

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Immagine tratta da V per Vendetta, edizione Absolute, DC Comics Panini

Pensi che i fumetti siano in salute oggi? O manca qualcosa?
È una grande domanda… Da anni perdono lettori e il pubblico tradizionale di bambini e adolescenti è andato, passato ai computer e ad altro. Penso che sia un’industria traballante, che ottiene la maggior parte dei soldi da film che non si interessano tanto del materiale d’origine. Le buone notizie vengono dalle piccole realtà indipendenti, perché c’è ancora tanta gente che ama mettere su carta le sue idee. Il problema poi è come distribuirle, e per questo ora c’è Kickstarter, che è una gran cosa, ma non raggiunge un nuovo pubblico, si rivolge sempre allo stesso, e pensa a quanta gente è connessa a internet.

 

C’è una qualche storia che hai in mente e vorresti realizzare come autore unico?
No, non ho voglia di fare altro. Sono molto felice di poter dare spazio ad altri autori con Aces Weekly, e la cosa che mi piace è che sia un’antologia: in un’antologia tu puoi inserire 4 o 5 storie convenzionali e una non convenzionale che non potresti pubblicare indipendentemente. Per me è importante avere queste anche queste idee insolite.

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