Zerocalcare, nel nome del padre

Spettacolo
Roberto Palladino

Roberto Palladino

Fonte: Sky TG24

Esce “Quando muori resta a me”, il nuovo atteso graphic novel che il fumettista dedica al rapporto con suo padre. Lo abbiamo incontrato a Milano, seconda tappa del lungo tour di presentazione che lo porterà in tutta Italia  

“Il rapporto con mio padre è stato in qualche modo silenzioso e forse monco per tanti motivi, anche per la difficoltà di comunicare che forse c'hanno anche i maschi in generale, proprio nel verbalizzare le proprie emozioni”. Siamo nella libreria Feltrinelli di Piazza Piemonte a Milano, seconda tappa del tour che porterà Zerocalcare in tutta Italia. Ogni incontro in libreria è un evento con centinaia di fan, pronti a file chilometriche pur di avere una copia con uno dei “disegnetti” del grande fumettista romano.
Anche stavolta l’attesa è grande per un libro forse mai così introspettivo ed intimo, ma in cui Michele Rech, questo il suo nome di battesimo, mette sulla carta il rapporto complesso col padre ma anche le sue preoccupazioni rispetto la genitorialità e in cui la dimensione della finzione si avvicina sempre più alla realtà. “La storia - spiega - racconta anche di una serie di misteri di famiglia, che tra l'altro affondano indietro negli anni e anche nelle generazioni e che vengono poi sciolti attraverso questo viaggio”.

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Perché affrontarlo adesso, in questo momento?

E' stato tutto un po’ casuale. Sono uscito dal cinema, avevo visto Aftersun che raccontava l'ultima estate trascorsa da una ragazza adolescente col padre e ho trovato qualcosa che parlava tantissimo proprio di me. Mi aveva smosso qualcosa dentro e ho pensato che effettivamente c'erano delle cose che io non ho mai affrontato del rapporto con mio padre nei fumetti e neanche nella vita. Poi mi sono accorto mentre lo buttavo giù, che c'era qualcosa che non parlava soltanto dei fatti miei, ma anche un po’ della società in questo periodo. Viviamo in un momento in cui c'è una grossa attenzione alle questioni del genere.

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C'è questo personaggio infatti di Marla, una donna un po' del mistero che arriva dal passato ed è però il tratto d'unione tra il passato e l'oggi. Che figura è?

Lei è l’unione di tante figure. La testimonianza di qualcosa che ha attraversato questo Paese e di cui adesso c'è poca memoria. Ed è quasi un'insospettabile, nel senso che è la testimonianza di un momento in cui la politica ha attraversato la vita e il quotidiano di tantissime persone insospettabili. Una fase  che oggi sembra completamente rimossa e quando non è rimossa è ancora vissuta con molta conflittualità. È come se non si fossero mai fatti conti veramente fino in fondo con quella stagione.

 

C’è quasi una normalità che imputi a tuo padre: gli piacciono le riviste con le auto sportive, il calcio e anche le battute sulle donne. Eppure scopri un forte impegno politico di tuo padre ventenne.  Che differenze ci sono fra quelle normalità degli anni ’70 ed oggi?

Questa era la cosa che secondo me era davvero interessante, nel senso che quello che era normale cinquant'anni fa era prevedeva un livello di partecipazione e di coinvolgimento nella cosa pubblica e collettiva, molto maggiore rispetto ad ora.

Poi per come vive un ventenne di oggi non credo che ci sia lo stesso tipo di coinvolgimento. Ma io non sono un ventenne, magari posso anche essere smentito. Ho l'impressione che ci sia comunque un grosso interesse per le questioni climatiche, per esempio, però vissute in una maniera molto più individuale, cioè filtrate spesso dal virtuale e comunque vissute in una sorta di attivismo individuale.

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In qualche modo sembra ricollegato a quanto c'è scritto sulla quarta di copertina dal tuo libro Dopo il botto, catalogo della tua mostra dell’anno scorso; “Fuori dalla collettività c'è solo la mitomania”

Penso che questo cambiamento di paradigma, diciamo, rende quel tipo di impegno e di interesse un'opinione in mezzo alle altre, cioè il fatto di non mettersi insieme alle altre persone, di non associarsi ad altre persone, di non "vertenzializzare" nella vita vera le questioni, ma di trasformarle appunto in opinioni che uno mette sui social o declama così, senza dargli concretezza, è quello che fa sì che poi non si riesca a incidere nella realtà.

Dopo le due serie hai un pubblico ancora più vasto, “il pubblico Netflix” come ti rinfaccia un po’ tuo padre nel libro. Me hai un impegno molto evidente negli ultimi mesi dalla guerra in Medioriente fino al caso Salis, che hai raccontato su Internazionale andando anche personalmente a Budapest. Come ti poni oggi rispetto al dissenso?

Avevo detto che c'era un problema col dissenso, che è stata una roba che mi è stata molto rinfacciata in Rete dalla gente. Evidentemente non è su di me il problema a cui io mi riferisco, però è innegabile che in Italia rispetto a vent'anni fa, rispetto a quando io ero un po più giovane, esista. Il conflitto di fatto, per esempio, di piazza è praticamente azzerato, nel senso che succedono molte meno cose rispetto a prima. Eppure queste poche cose che succedono sono represse molto di più, nel senso che se vent'anni fa qualcuno avesse parlato di ragazzini che si siedono per terra sul raccordo anulare o che tirano una latta di vernice non avrebbe sconvolto nessuno. Succedevano cose molto più pesanti. Adesso, per una cosa che allora sembrava una ragazzata si scomodano reati, ipotesi di di associazione a delinquere e il blocco statale viene ripenalizzato fino a 9 anni di galera. Cose che oggettivamente sono completamente sproporzionate e questa cosa qua secondo me ,il fatto di non coglierla, rischia di farci un po’ scivolare verso una società in cui poi veramente la manifestazione del conflitto, anche non particolarmente cruenta, viene sepolta in galera.

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A un certo punto nel libro ti disegni proprio come sei realmente mentre sei riflesso in uno specchio, un'immagine molto simbolica. Perché hai scelto di rompere la quarta parete?

L'avatar del mio personaggio è stato creato ormai 15 anni fa, cioè quando avevo 25 anni circa. Io ho provato un po' ad invecchiarlo nel corso del tempo, gli ho fatto meno capelli, più rughe eccetera. Però io quindi lo disegno, io per un motivo per l'altro disegno tutti i giorni, devo fare continuamente i conti col fatto di stare disegnando qualcosa che non mi assomiglia più così tanto: c'ho meno capelli, sono più bolso, più rugoso eccetera. E quindi è come se facessi continuamente un bilancio di come sono e della disonestà con la quale mi rappresento al pubblico. Quindi, insomma, mi sembrava una cosa per trasparenza in qualche modo.

Come hai fatto con i dialoghi in dialetto veneto?

Io ho provato prima a farlo con chat Gpt . "Traduci questa frase in Veneto", ma non veniva bene. Quindi poi ho chiesto aiuto e ho la fortuna che l'editore di Bao Publishing, Michele Foschini, è veneto è ho chiesto a lui.

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Tuo padre come ha preso il libro?

L'ha letto prima che andasse in stampa. L'ha preso inizialmente in maniera silenziosa, nel senso che non credo che fosse quello che si aspettava. Ha detto a tutti nel corso dei mesi precedenti, agli amici e al sindaco di quel paesino: “Ah, mio figlio sta' a scrive un libro su de me”. Pensava che fosse una roba un po agiografica. Quando si è trovato qualcosa invece che metteva in campo delle emozioni complesse, penso che si sia trovato un attimo spaesato. Però non m'ha fatto causa, quindi dai, direi buono.

A un certo punto c'è un'analisi molto forte e molto intima sul fatto di non essere genitori quando uno arriva a quarant'anni. Come ti rapporti a questo e cosa vuol dire a un certo punto scoprirsi anche genitore del genitore?

Ah, non lo so, nel senso che mi sento esattamente a metà del guado. Percepisco che i miei sono invecchiati, quindi hanno una serie di di questioni fisiologiche dell'età, però io col fatto di non aver fatto figli, di non essere un genitore, non mi riesco a percepire ancora la chiusura della fase di figlio e quindi in realtà sto in quella fase in cui non capisco bene.

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