Roma, l'arte di Guido Venanzoni alla mostra “La bilancia e la spada” a Castel Sant'Angelo

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L'esposizione presenta una serie di narrazioni delle vite di personaggi che si sono scontrati con la spaventosa realtà dei tribunali e delle pene a Roma. Tra loro c'è anche Beatrice Cenci, la cui decapitazione è stata rappresentata nell'opera “Caravaggio assiste alla decapitazione di Beatrice Cenci” realizzata dal pittore

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Il maestro Guido Venanzoni è tra i protagonisti della mostra "La bilancia e la spada – Storie di giustizia a Castel Sant’Angelo", inaugurata il 19 giugno a Roma a Castel Sant’Angelo, attraverso una delle sue opere più celebri dedicata alla decapitazione di Beatrice Cenci. L'esposizione sarà visitabile per tutta l’estate fino al primo ottobre ed è stata curata da Mariastella Margozzi, con la collaborazione di Vincenzo Lemmo, Michele Occhioni e Laura Salerno.

La mostra

L’esclusiva mostra allestita nel cuore della Capitale e suddivisa in cinque sezioni – Armerie superiori, Sala Clemente VII, Retrosala Clemente VII, Sala della giustizia, Le prigioni storiche - presenta una serie di narrazioni delle vite di personaggi che si sono scontrati con la spaventosa realtà dei tribunali e delle pene a Roma. L'idea di questo suggestivo percorso nasce dalla volontà di narrare la storia del Castello attraverso il passaggio al suo interno, come prigionieri, di tantissime persone che nel corso del tempo hanno vissuto e sofferto in questi luoghi per aver commesso reati di ogni sorta. Anche solo per aver esercitato il diritto, allora non riconosciuto, alla libertà di pensiero.

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L'opera di Guido Venanzoni

All'interno di questo esclusivo percorso storico e artistico trova spazio anche l’antica, tragica vicenda di Beatrice Cenci e della sua famiglia, accusata di parricidio e giustiziata alla fine del ’500 davanti al Castello. È lei la protagonista di “Caravaggio assiste alla decapitazione di Beatrice Cenci”, opera realizzata dal maestro Venanzoni ed esposta nell’ambito della mostra. Ma perché Caravaggio? Guido Venanzoni, 72 anni, di Ladispoli in provincia di Roma, è il primo artista ad aver rappresentato le tappe salienti della rocambolesca e appassionante vita di Caravaggio. In particolare, è conosciuto e stimato dai più grandi critici d’arte per aver realizzato ben 12 opere d’arte su tela in onore di uno dei più grandi ed enigmatici artisti di tutti i tempi, Caravaggio appunto. I dipinti sono stati esposti a più riprese in varie mostre, l'ultima a Palazzo Chigi ad Ariccia, in provincia di Roma, dopo quella a Sutri nel 2020 organizzata su suggerimento di Vittorio Sgarbi e l’esposizione di un anno fa a Ladispoli. Un percorso iconografico, suggestivo e impattante, un inno al bello oltre che alla storia. Perché l’obiettivo di Venanzoni è proprio questo: tornare a divulgare il bello nel mondo dell’arte. Lo fa quotidianamente anche attraverso la sua bottega d’arte ricavata in una suggestiva dependance in legno nel giardino di casa. È qui che tra tavolozze grezze e oli colorati, l'artista cerca di trasmettere a una gioventù troppo spesso imbrigliata nelle maglie della teoria la virtù della pratica e delle antiche tecniche.

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La vicenda di Beatrice Cenci

L’opera “Caravaggio assiste alla decapitazione di Beatrice Cenci” è intrisa di significati e valore storico. Quella di Beatrice Cenci è una tragedia realmente accaduta, che tanto ha coinvolto emotivamente l’opinione pubblica del tempo da determinare la nascita di un mito eroico, quello della giovane punita crudelmente per aver provocato la morte del suo carnefice, che era anche suo padre. Quando la testa della giovane Cenci, mozzata dalla scure del carnefice sulla piazza di Ponte antistante Castel Sant’Angelo, rotolò nel cesto pronto a riceverla, la folla radunata ad assistere allo spettacolo quell’11 settembre 1599 levò un grido unanime di orrore, un grido di aperta disapprovazione verso i giudici e tutti quelli che l’avevano condotta fatalmente al patibolo. Da quel momento la fama della “vergine innocente” cominciava a percorrere la sua strada lungo i secoli, mai dimenticata, ripresa dalle canzoni popolari, dal dramma al romanzo alla tragedia, dalle riproduzioni in pittura, scultura, incisione, dalle fotografie, perfino dal teatro e dal cinema. Alla bella, appassionata e infelice fanciulla di nobile famiglia romana toccò il privilegio di vedersi compianta, giustificata ed esaltata, come raramente accade nella Storia. Tanto che della vicenda trattarono storici, poeti e scrittori, da Ludovico Antonio Muratori (1749), a Percy Bysshe Shelley (1819), a Stendhal (1837), ad Alexandre Dumas padre (1839); da Giovanni Battista Niccolini (1844), a Francesco Domenico Guerrazzi (1853); da Corrado Ricci (1923), fino ad Antonin Artaud (1935) e a Alberto Moravia (1955). Per non parlare dei film cominciati a girare a partire dal 1908, quindi proprio dagli albori del Cinema.

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Le parole di Guido Venanzoni

“Nel 2010, quando ho iniziato a raccontare la vita di Caravaggio in pittura – ha dichiarato Guido Venanzoni - sono partito con l'arresto a Palo Laziale, luogo a me familiare. Da quel momento, come in un film per immagini, ho fissato i fatti salienti del suo vissuto, tra i quali ho concepito l'ipotesi verosimile che Caravaggio (in basso a destra nel dipinto, ndr) abbia assistito alla decapitazione di Beatrice Cenci. Questo evento, per Caravaggio, è stato uno dei suoi frequenti incubi, ai quali si è aggiunta la continua sfida con il destino. Esporre il dipinto a Castel Sant'Angelo è per me l'apice di una carriera, un grande onore, la perfetta collocazione per l’opera e per me stesso in qualità di artista”.

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Le opere della mostra

Tra le altre rappresentazioni esposte, anche la vita di Giordano Bruno e la storia del monumento a lui dedicato alla fine dell’800; la figura artistica e avventurosa di Benvenuto Cellini; le armi e i duelli all’epoca di Caravaggio; le storie dell’alchimista Giuseppe Francesco Borri e dell’enigmatico Conte di Cagliostro, negromante, medico, ciarlatano; le vicende legate alla Roma rivoluzionaria dell’800, ai carbonari che persero la vita per un sogno di libertà e ai garibaldini che, fatti prigionieri nel 1867, furono graziati da papa Pio IX. Si dà anche voce al carnefice per eccellenza della Roma papalina, Mastro Titta, che dal 1796 al 1864 fu il “Maestro di Giustizie” dello Stato Pontificio. Dipinti, sculture, disegni e incisioni riproducono personaggi ed eventi, grazie anche a importanti documenti di processi famosi, alle memorie di alcuni protagonisti, agli oggetti che li rappresentano, alle pubblicazioni originali di testi, poesie e alle curiosità legate all’esercizio della giustizia a Castel Sant’Angelo.

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