"Quando si scrive, molto della vita resta fuori. C'è sempre qualcosa che la lingua non riesce a trattenere", dice uno dei più apprezzati autori contemporanei nella nuova puntata di "Incipit", la rubrica di libri di SkyTG24
"Sono cresciuto in un ambiente sostanzialmente dialettofono: per me l’italiano era un altro mondo e un altro luogo, e la sua scoperta ebbe una fascinazione molto forte". È ciò che ricorda Domenico Starnone nella nuova puntata di "Incipit", la rubrica di libri di Sky TG24. Nell'intervista, Starnone racconta come il giovane protagonista del suo ultimo romanzo ("Vita mortale e immortale della bambina di Milano") scopra che "l’italiano, cioè la lingua acquisita, è spesso inaffidabile e malgovernata".
"Le speranze che lui vi ha riposto non sono soddisfacenti - spiega lo scrittore - c’è sempre qualcosa che resta fuori e che la lingua non riesce a trattenere".
"La scrittura in sé è spreco"
Una consapevolezza, questa, che porta presto a un'altra scoperta, "abbastanza normale in chi scrive, e cioè che la scrittura da un lato è memoria che trattiene, dall’altro è segno che perde, un recinto oltre il quale rimane gran parte della vita, delle emozioni e anche dei tentativi di resurrezione di ciò che si è perso".
"La scrittura in sé è spreco - conclude Starnone - La letteratura non trattiene e non conserva: disperde e disgrega".