Licia Troisi e Francesco Artibani portano il lettore in un mondo fantastico che unisce paperi e topi, mostri e streghe. Omaggiando i grandi classici del genere con continui rimandi e citazioni. L'autrice: "Volevamo andare oltre la parodia"
Un sovrano, i suoi sudditi, un mondo di stampo medievale popolato da mostri, streghe e avventurieri. Una nuova grande saga fantasy approda sul Topolino 3433, in edicola questa settimana, col primo dei tre capitoli di Ducktopia. Una trilogia, come da tradizione di genere, che porta firme d’eccezione con Licia Troisi (Le Cronache del Mondo Emerso) al fianco del padrone di casa Francesco Artibani, e coi disegni di Francesco D’Ippolito. Una dichiarazione d’amore al fantasy, come conferma Licia Troisi, intervistata da Sky TG24 per la rubrica Fumettopolis.
Topolino ha una lunga tradizione di parodie dei classici, ma Ducktopia sembra andare oltre: una nuova storia riempita di omaggi.
Era un po’ quello che volevamo fare. Il modello per certi versi era la parodia, che io ho amato tantissimo in Topolino, ma voleva esserlo in senso più lato, non riferendosi a una singola opera ma tirandone in ballo delle altre mantenendo un suo aspetto originale. Sì, un omaggio a tutto il fantasy e il fantastico che noi amiamo tanto.
Senza voler fare spoiler, in qualche modo in Ducktopia c’è un messaggio ecologista e di pace. Lo stesso ribaltamento della figura del mostro e del cacciatore di mostri sembra esserne la prova.
Io personalmente non avevo questo obiettivo in mente, ma ora che me lo dice è una cosa che viene fuori. Avevamo voglia di mostrare Topolino non come il tipico guerriero che usa la violenza, in modo che fosse anche più aderente all’immagine del personaggio. E anche i mostri sono creature come le altre che semplicemente per qualche ragione sono impazzite. Non vanno distrutte ma semplicemente contenute e riportate alla normalità.
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Ci racconta la genesi del nome Ducktopia?
È stata un’idea di Francesco, inizialmente nome da lavorazione era un altro ma ci sembrava abbastanza debole, però non ricordo esattamente come ci siamo arrivati. È stato un processo creativo abbastanza lungo, addirittura il soggetto lo abbiamo scritto durante il primo lockdown ed è stata una delle poche cose su cui io riuscivo a lavorare in quel periodo. Avevo grossi problemi di concentrazione e con la narrativa pura, Ducktopia mi ha aiutato a lavorare e anche per questo è una storia a cui sono molto affezionata anche per questa ragione.
Un’altra caratteristica importante della storia è che mischia gli universi narrativi di topi e paperi come in un grande crossover.
Sapevamo sarebbe stata una storia di ampio respiro, una trilogia come grande classico fantasy, ci siamo voluti allargare e prenderci tutte le possibilità tra cui mettere insieme topi e paperi. E io amo molto i crossover.
Come è nato e si è sviluppato il processo di scrittura con Francesco Artibani?
Abbiamo cominciato con un briefing, poi abbiamo buttato già idee, ce le siamo rimpallate, ognuno aggiungeva qualcosa finché siamo arrivati a una convergenza sul soggetto. Per quanto riguarda la sceneggiatura ci siamo divisi i compiti in maniera più sistematica, lui ha rivisto tutto perché per me era prima esperienza di sceneggiatura per Topolino e per i fumetti in generale. Era importante omogenizzare e rendere il tutto nel linguaggio di Topolino, che ha caratteristiche specifiche e una storia molto antica.
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Che differenza ha trovato rispetto allo scrivere un romanzo?
Sono cose veramente diverse. Con i soggetti bene o male sono abbastanza pratica, quando scrivo le mie cose prima faccio una sintesi, non è stato molto diverso. Io ho una scrittura molto visiva e questo mi ha aiutato nello scrivere un fumetto, ma non è stato facile stare all’interno della gabbia della pagina, dentro le singole vignette, essere abbastanza sintetico. Su un libro non hai limiti di pagine da usare, nel fumetto una singola vignetta deve darti rapidamente il senso di ciò che sta succedendo, è più una narrazione che va avanti per flash.
Qual è il personaggio di Ducktopia che le è rimasto più nel cuore?
Direi Amelyeris, mi sono divertita tantissimo con lei. Io ho una preferenza per i paperi, in particolar modo per le storie di Zio Paperone, il mio personaggio preferito Disney. Anche Amelia mi piace tantissimo.
E l’autore fantasy a cui sente di dovere di più nella sua formazione?
Probabilmente, alla fine, Tolkien. Leggere Il Signore degli Anelli mi ha aperto un mondo, anche perché è un’esperienza che ho fatto relativamente tardi, quando avevo 19 anni, e senza quella non avrei capito che il fantasy era il mio immaginario. Scrivevo già cose con elementi fantastici ma in qualche modo non ne ero consapevole. Leggevo principalmente mainstream, pochissimo di genere. Tolkien ha liberato la mia fantasia, ho trovato nei libri cose che associavo ai videogiochi e ai fumetti, mi ha liberato da tutte le remore.