Toponoir, Tito Faraci: "La mia lotta per riabilitare Topolino"

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Gabriele Lippi

Alcune tra le più belle storie dell'autore ripubblicate in una raccolta. Tra misteri da risolvere, criminali da fermare e persino da aiutare. Sempre nel nome della giustizia e nel nome di un personaggio che non sempre ha goduta di buona stampa

Prendere un personaggio decisamente poco popolare e provare a riscriverlo umanizzandolo e restituendogli la sua fallibilità e la sua dimensione iniziale. Tito Faraci ha dedicato gran parte della sua carriera di autore di fumetti a “riqualificare” Topolino, il precisetti della banda Disney, il leader che il popolo non ama. E nel farlo lo ha portato verso una nuova prospettiva, non più piatta e bidimensionale, restituendogli elementi di umanità con cui era nato. Per celebrare il lavoro di Faraci, Panini Comics ha recentemente pubblicato la raccolta Toponoir (192 pagine, 6 euro), una serie di grandi classici che raccontano i colpi, le indagini, i casi risolti a Topolinia. Con Topolino protagonista esattamente quanto i personaggi che gli ruotano attorno – da Pippo a Manetta, passando per Basettoni e Gambadilegno – ricostruiti e valorizzati dal lavoro di Faraci.

Toponoir
Panini Comics

Non giriamoci intorno, Topolino è un personaggio inviso a molti.
E io ho lottato, spero con qualche successo, contro questa immagine falsata. Il Topolino delle origini era un personaggio anarchico, indisciplinato, che vive ai margini della città. E poi anche nella sua crescita è molto indipendente, combatte contro il potere costituito dove lo trova corrotto. Rappresenta a Topolinia ciò che Paperino rappresenta a Paperopoli. Non è poliziotto o agente segreto, è un personaggio noir nel senso più puro, una persona comune senza autorità che lotta per caso contro i criminali comuni e che a volte per salvare i suoi amici salva anche il mondo.

Perché a lei piace così tanto?
È una simpatia che è nata quando, a metà degli anni 90, cominciavo ad avvicinarmi al mondo del fumetto disneiano. Come curatore e redattore restauravo vecchie storie, così ho riscoperto quelle di Floyd Gottfredson, poi quelle di Romano Scarpa, ho ritrovato la sua purezza, il suo lato comico, la capacità di incarnare l’uomo comune e mi ci sono affezionato.

Gli si rimprovera di essere un personaggio spesso preciso ai limiti della perfezione, forse aveva bisogno di essere umanizzato.
Sì. Per farlo ho lavorato molto sul mondo intorno a lui, sui personaggi solidi che aveva intorno, sulla contemporaneità del personaggio. L’Italia ha prodotto tantissime storie molto belle di Topolino ma anche delle storie che hanno contribuito alla sua immagine negativa, con gialli dalle trame troppo semplici in cui lui aveva una intuizione improvvisa e non sbagliava mai, non si lavorava troppo nemmeno sulle motivazioni che lo spingevano a fare ciò che faceva. Io e altri autori abbiamo cercato di lavorare contro lo stereotipo. E lo abbiamo fatto usando l’umorismo.

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Addirittura, in “Dalla parte sbagliata”, gli ha fatto violare la legge.
Topolino si trova in uno Stato dove legge non vuol dire giustizia, dove c’è tanta corruzione, fa una scelta morale ed etica. Quello che dovrebbe sempre fare Topolino. Anche a costo di mettersi dalla parte sbagliata e rischiare di diventare un criminale ricercato e finire in carcere. Ho voluto raccontare anche come per tutti noi ci possa essere una linea che non varchiamo mai ma che non è troppo lontana dai nostri piedi, e dall’altra parte di quella linea ci sono comunque degli esseri umani.

Nella stessa storia viviamo la dinamica tra protagonista e antagonista come un qualcosa di irrinunciabile in una storia di successo.
Topolino e Gambadilegno nascono insieme in un certo senso. La prima apparizione di Topolino, nel cartone animato Steamboat Willie del novembre 1928, è accanto a Gambadilegno. E da lì si ritrovano sempre a combattersi, sono due facce della stessa medaglia, opposte ma necessarie l’una all’altra. Senza Gambadilegno, Topolino non sarebbe se stesso.

Una delle operazioni che ha cercato di portare avanti è stata quella di dare giustizia a Manetta.
Ancora mi capita di parlarne quando faccio corsi di scrittura creativa, parlando di quelle cose così vicine che non le vedi più perché vanno fuori fuoco. Manetta era lì, ma come personaggio di contorno, non si capiva a cosa servisse se non per una funzione didascalica, era il personaggio a cui Topolino spiegava le sue intuizioni per poterle raccontare al lettore. Pensavo che se c’era sempre stato, un ruolo doveva averlo avuto, mi serviva per dare più forza e concretezza anche a Topolino. E così in questo lavoro è entrato anche lui. Per me Manetta è più interessante di Basettoni.

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L’universo noir di Topolino ha forse visto il suo pieno compimento con Mickey Mouse Mistery Magazine, una serie di cui è stato autore di punta. Le mancano le atmosfere di Anderville?
È stata una bellissima esperienza, non ha avuto un grandissimo successo anche se oggi con quei numeri diremmo il contrario, ma mi ha aiutato molto nella mia carriera di autore. Mi piace pensare che il lavoro fatto da molti miei colleghi su Topolino abbia portato tanto spessore nelle storie sul settimanale che non ci sarebbe più bisogno di fare un MM. Forse oggi un magazine così non sarebbe così di rottura. Però la tentazione ogni tanto viene, magari un giorno ci si tornerà, anche se non sono solo io a dover decidere.

Intanto, a breve, MM tornerà con una nuova edizione in sei volumi cartonati.
Quando l’ho saputo ne sono stato molto felice. La sto aspettando anche io perché ho perso qualche numero nel trasloco e lo recupererò volentieri.

E oggi, nel 2021, che ruolo vede per Topolino?
Vedo un personaggio che continui a interpretare il suo grande ruolo, quello di nostro alter ego, ad affrontare problemi anche più grandi di lui, perché no, persino una pandemia. Non è necessario avere un ruolo di potere o essere fisicamente fortissimi per affrontare e vincere sfide molto grandi. Quello di Topolino è un ruolo di testimone e di incoraggiamento.

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