"Lavoro a passo d'uomo", il gender gap in Italia e il confronto con altri Paesi europei

Economia

Torna Sky TG24 "Overview - sguardo sui tempi che corrono", il nuovo ciclo di approfondimenti in pillole prodotti dal canale all news e realizzati da Tiwi. In questa terza puntata si analizzano le ragioni che hanno contribuito a marcare il divario di genere: le donne lavorano in percentuale più bassa, hanno meno accesso alle professioni meglio pagate, anche a parità di mansione il reddito non è lo stesso. 

Oggi in Italia ci sono 10 milioni di donne che lavorano. È un record, raggiunto a fine 2023. Tutto bene dunque? No. Perché gettando lo sguardo oltre confine il quadro si fa sconfortante. È quasi scontato essere dietro a Germania o Svezia. Ma in verità anche Bulgaria e Grecia hanno più donne che partecipano al mondo del lavoro. A dire il vero nell’Unione Europea fanno meglio proprio tutti. Come mezzo secolo fa. Anzi, peggio, perché oggi l’Europa è ben più larga.
Ma quel record di 10 milioni di donne occupate ha un sapore agrodolce anche guardando solo in casa nostra. Perché l’aumento negli ultimi 20 anni ha interessato soprattutto le donne over 50. Che spesso un lavoro già l’avevano e l’hanno mantenuto anche oltre il voluto a causa dell’aumento dell’età pensionabile. Ma per le giovani under 34 le cose sono andate a rovescio. E così, incredibilmente, le giovani donne lavorano meno di vent’anni fa (LA PRIMA PUNTATA - LA SECONDA PUNTATA).

“Lavoro a passo d’uomo”

Il gender gap

Per colmare il gender gap avere un lavoro non basta. Bisogna vedere che lavoro è. Certi squilibri nelle professioni non fanno quasi notizia. Non è sorprendente che i minatori siano al 99% uomini. Meno scontato è che il 99% delle ostetriche siano donne. Il perpetuarsi dei mestieri maschili e di quelli femminili non facilita il superamento delle disparità. Ma il problema più grave è che la presenza femminile nel mondo del lavoro è come l’ossigeno: tende a rarefarsi con l’altezza. In Italia, tra le principali aziende quotate, i soli amministratori delegati maschi di nome “Carlo” sono tanti quante tutte le donne messe insieme.

I percorsi formativi

Per non trovarsi anche nel 2060 con più “Carli” che donne in molti settori, un fattore importante è che oggi gli squilibri di genere cessino di esistere nei percorsi formativi e all’inizio delle carriere lavorative. E qui non ci sono buone notizie. Molti posti di lavoro ben pagati vanno e andranno a chi si specializza in discipline tecnico scientifiche, come computer science, ingegneria, fisica. Le famose materie “STEM”. In queste università continuano a iscriversi prevalentemente i maschi. La percentuale di laureate donne sul totale è addirittura in leggera discesa rispetto al 2012.
Il risultato, purtroppo inevitabile, è che oggi ogni 100 ingegneri assunti solo 23 sono donne. E se questo squilibrio nelle università continua, significa che nei prossimi decenni sarà più difficile vedere parità di presenza in molti mestieri tecnologicamente avanzati e ben pagati.  

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Non è un problema solo italiano

Non è un problema solo italiano. Anzi, in Europa pochi Paesi hanno più studentesse iscritte ai politecnici. Negli Stati Uniti la percentuale di donne nelle computer sciences è crollata rispetto ai picchi degli anni ’80.  Il settore per eccellenza simbolo di innovazione (e miliardi a palate) è senz’altro l’intelligenza artificiale: meno di un addetto su 5, a livello globale, è donna. Suona come una beffa che un settore largamente in mano agli uomini metta a rischio soprattutto i lavori delle donne, che proprio a causa del gender gap sono in media più sostituibili.
Non ci sono motivi per cui le donne non debbano avere successo in questo genere di studi. Le iscritte a ingegneria in media arrivano alla laurea più dei loro compagni di corso uomini. In Medicina (una disciplina assimilabile alle STEM) le donne sono molto rappresentate, salvo poi diventare mosche bianche quando c’è da nominare i primari. Perché dunque le donne non fanno ingegneria?

“Lavoro a passo d’uomo”

A parità di mansione il reddito non è lo stesso

Ricapitolando: le donne lavorano in percentuali più basse e hanno meno accesso ai lavori meglio pagati. Ma anche se questi gap si azzerassero, resta il terzo gap. A parità di mansione il reddito non è lo stesso. Nei contratti collettivi di lavoro (e ci mancherebbe) le differenze non esistono. È nella prassi e nei trattamenti individuali che le buste paga divergono. Torniamo a quella pagina del Corriere: nel 1968 la differenza di salario tra uomini e donne in un settore chiave come l’industria automobilistica era intorno all’9%. Oggi più o meno la stessa disparità si trova tra i giovani ingegneri. Come dire che hanno una mensilità in meno.
Perché succede? Un fattore importante riguarda l’orario di lavoro. In tutta Europa sono più le donne degli uomini a lavorare a part time. Una differenza tra i Paesi però salta all’occhio; in Olanda, ad esempio, le donne il part-time se lo scelgono. In Italia il part-time femminile è al 60% involontario, cioè imposto.
Ma oltre all’orario c’è di più. Ci sono gli stereotipi, i modelli culturali duri a morire, regole di competizione (spesso non scritte) plasmate in secoli di cultura del lavoro tutta al maschile. La Commissione Europea, in un recente documento, scrive nero su bianco che “il fenomeno rimane in gran parte inspiegabile”.
Ecco perché la strada per avere una qualche trasparenza sugli stipendi nelle aziende è ancora lunghissima.

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Sky TG24 "Overview - sguardo sui tempi che corrono"

Sky TG24 "Overview - sguardo sui tempi che corrono” è il nuovo ciclo di approfondimenti in pillole del canale all news diretto da Giuseppe De Bellis, in onda nelle principali edizioni del telegiornale, sul sito skytg24.it e sul canale YouTube della testata.
 

Al centro di questa terza puntata dal titolo “Lavoro a passo d’uomo” condotta da Alessandro Marenzi, a cura di Andrea Dambrosio e Fabio Vitale, il gender gap in Italia e il confronto con altri Paesi europei. In questo focus l’analisi delle ragioni che hanno contribuito a marcare il divario di genere: le donne lavorano in percentuale più bassa e hanno meno accesso ai lavori meglio pagati. A parità di mansione il reddito non è lo stesso. La puntata “Lavoro a passo d’uomo” va in onda mercoledì 20 marzo.
 

La serie di approfondimenti, prodotta da Sky TG24 e realizzata da Tiwi, nei prossimi episodi affronterà alcuni dei principali temi economici, sociali e di geopolitica al centro dell’attualità.

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