Crescere senza assumere, i rischi del nuovo trend delle aziende Usa

Nel cuore della rivoluzione tecnologica, aziende e datori di lavoro americani stanno ridefinendo il concetto stesso di crescita, non più legata all’incremento della forza lavoro ma alla capacità di fare di più con meno. È la nuova scommessa del capitalismo digitale: aumentare le vendite e i profitti senza assumere personale. Da JpMorgan Chase ad Airbnb, passando per Walmart e Meta, il mantra è chiaro: mantenere invariato il numero di dipendenti, o ridurlo attraverso licenziamenti, autonomizzare i processi per sopperire al contenimento o diminuzione di personale e lasciare che l’intelligenza artificiale faccia il resto. “Questo modello di ‘azienda snella’ può avere un successo solo tattico – osserva Elena Panzera, presidente dell’Associazione italiana direzione personale della Lombardia -. La tecnologia libera tempo ma la vera sfida è crescere attraverso la trasformazione, non tagliare". JPMorgan Chase ha recentemente comunicato agli investitori che la banca attualmente tende a evitare di assumere nuovo personale in modo automatico ogni volta che emerge una nuova esigenza. Goldman Sachs ha annunciato un blocco delle assunzioni fino a fine anno, mentre Walmart prevede di mantenere stabile il numero di dipendenti per i prossimi tre anni, nonostante la crescita delle vendite. Brian Chesky, Ceo di Airbnb, lo dice senza mezzi termini: “Se le persone diventano più produttive non c’è bisogno di assumere. La sua azienda impiega circa 7.000 dipendenti e non prevede aumenti significativi di personale nel prossimo anno. L’obiettivo? Far sì che il team attuale produca molto di più, grazie all’IA. Intuit, colosso del software, dal canto suo, ha adottato una politica rigorosa: ogni posizione vacante deve essere giustificata. Se qualcuno lascia, non è detto che venga sostituito. E il risultato, secondo l’azienda californiana, è chiaro. Nell’ultimo anno fiscale il fatturato è aumentato del 16% a parità di organico. L’intelligenza artificiale come leva strategica Dietro questa trasformazione c’è un investimento massiccio nell’intelligenza artificiale. Il desiderio di evitare assunzioni o ricoprire posizioni lavorative riflette una crescente spinta tra i dirigenti a vedere un ritorno concreto sui loro investimenti: meno burocrazia, più velocità decisionale, maggiore responsabilità e impatto per ogni singolo dipendente. Ma Panzera avverte: “Ridurre il numero del personale confidando nell’IA non è la soluzione. L’innovazione, infatti, nasce da pensiero critico, empatia e collaborazione: qualità umane che un algoritmo non può replicare. Autonomizzare non significa risolvere”. Meta, ad esempio, ha annunciato un taglio di 600 posti di lavoro nella sua divisione IA, una mossa che è stata giudicata proprio come un modo per ridurre la burocrazia. “Restringendo le dimensioni del nostro team, saranno necessarie meno conversazioni per prendere una decisione”, ha dichiarato Alexandr Wang ,responsabile dell’intelligenza artificiale dell’azienda californiana, in una nota al personale. I rischi del nuovo paradigma Questo approccio, tuttavia, non è privo di rischi. “Il grande pericolo è che si comprometta la sostenibilità economica e sociale – avverte Panzera -. Senza una visione sistemica, il danno si estende ben oltre l’azienda. È una moda passeggera rischiosa. Come le assunzioni di massa durante il Covid, nasce da reazioni tattiche e non da visioni strategiche. Nel lungo periodo, impoverisce le organizzazioni, riduce la resilienza e crea squilibri sociali difficili da sanare”. Matthew Martin, economista senior statunitense di Oxford Economics, lo definisce “una lama a doppio taglio”: efficace solo nel breve termine. Inoltre, la cautela nelle assunzioni sta frustrando chi cerca lavoro e bloccando le carriere interne. I responsabili delle risorse umane di molte grandi aziende faticano a prevedere le esigenze future e quanti dipendenti serviranno, mentre la tecnologia continua a ridefinire i ruoli. “Non bisogna dimenticare – conclude Panzera – che servono pensiero critico e processi chiari, perché dipendere dall’intelligenza artificiale espone al rischio di paralisi operativa in caso di guasti o errori”. Sembra, quindi, che stia emergendo un nuovo paradigma: un’azienda snella sempre più automatizzata. Dove l’assunzione di personale non è più la risposta automatica a ogni esigenza, ma l’ultima spiaggia. Dove l’efficienza non si misura in numero di dipendenti, ma in impatto. E che pone una domanda fondamentale: in un’economia guidata dall’intelligenza artificiale, quale sarà il ruolo dell’essere umano?

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Beatrice Subissi