Riarmo Made in Italy: il viaggio di Sky TG24 nell'industria della difesa italiana
EconomiaLo speciale di Sky TG24 in cinque siti industriali sensibili, dove si producono e testano gli armamenti richiesti dalla Nato. In onda sabato 19 luglio alle 18:30 e domenica 20 luglio alle 18. Disponibile su Sky Tg24.it, On Demand e sul canale YouTube di Sky TG24
Oltre 200 miliardi di euro. È la cifra aggiuntiva che l’Italia potrebbe dover investire nei prossimi dieci anni per rispettare l’impegno della NATO. Una montagna di denaro che si trasformerà in acciaio, piombo e microchip. Sistemi di difesa di cui le forze armate italiane sono oggi affamate: in caso di un conflitto prolungato che nessuno si augura, le nostre scorte durerebbero non più di qualche mese.
La domanda è allora chi produrrà tutti questi armamenti. Fate presto si dice, ma l’Europa sa di correre il rischio di legarsi ancor più al cordone ombelicale americano se comprasse nuove armi Usa. Ecco perché l’industria della difesa europea sta correndo per rispettare gli ordini in arrivo dagli Stati maggiori e accaparrarsi i contratti migliori. Ma l'approccio dovrà cambiare: oggi ogni Paese europeo o quasi si produce i propri mezzi, i propri velivoli, le proprie navi. Una frammentazione che gonfia i costi senza garantire maggiore sicurezza.
Anche l'Italia corre: l’industria nazionale è la sesta al mondo per esportazione di armamenti, e non ha mai venduto così tanto come negli ultimi anni. Ma ora dovrà far fronte anche ai nuovi contratti in arrivo dalle forze armate italiane. La corsa è ormai partita: ogni azienda inaugura nuovi capannoni industriali e assume tecnici e ingegneri. Sky TG24 ha compiuto un viaggio all'interno di questa macchina industriale. Abbiamo varcato i cancelli di siti produttivi sensibili, finora mai mostrati alle telecamere. Questo è il cuore nascosto dell’industria della difesa italiana. Questo è il riarmo made in italy.
Montelibretti: dove il passato dei carri armati incontra il futuro
Pochi avrebbero previsto il ritorno centrale dei carri armati nei conflitti contemporanei. Ritenuti lenti e vulnerabili, sembravano superati. Ma la guerra in Ucraina ha dimostrato che i cingolati, se aggiornati, restano utili sul campo. Anche l’Esercito italiano ha tratto lezione, avviando un piano da oltre 20 miliardi per rinnovare le sue forze corazzate.
Tutti i nuovi mezzi e gli aggiornamenti vengono testati al Centro di Sperimentazione dell’Esercito a Montelibretti, vicino Roma. Ingegneri civili e militari simulano condizioni estreme, verificando anche l’emissione elettromagnetica dei sistemi. “Il lavoro è triplicato rispetto a tre anni fa”, spiega il generale Pierpaolo Dotoli, segnalando anche la difficoltà nel reperire tecnici specializzati.
Oggi l’Esercito dispone dell’Ariete C1, entrato in servizio nel 1995 ma progettato negli anni ’80. Il suo motore da 1250 cavalli è considerato debole, e l’assenza di aggiornamenti lo ha reso obsoleto. Dei 200 iniziali, solo 150 sono teoricamente operativi, ma solo uno su tre è funzionante. Tagli al budget e carenza di pezzi hanno portato a cannibalizzare alcuni mezzi per mantenerne altri attivi.
È partito così un programma da 900 milioni per aggiornare l’Ariete alla versione C2: nuovi cingoli, motore da 1500 cavalli, telecamere, antenne satellitari e computer di bordo. Il primo esemplare è stato consegnato a luglio. Mancano però ancora sistemi di difesa attiva e resta irrisolta la sicurezza del vano munizioni.
La vera svolta arriverà con i nuovi corazzati Lynx e Panther, sviluppati da Rheinmetall con Leonardo: oltre 1.300 mezzi prodotti tra Italia e Germania, dotati di tecnologie avanzate, maggiore protezione e difesa anti-drone. Ma serviranno fino a dieci anni per completarli. Fino ad allora, l’Ariete resterà al centro, a ricordare gli errori del passato da non ripetere.
La fabbrica a La Spezia che doveva chiudere e ora assume
Lo stabilimento Leonardo di La Spezia, un tempo destinato alla dismissione, è oggi tornato strategico. La guerra in Ucraina ha risvegliato l’interesse per i mezzi corazzati e l’artiglieria, spingendo l’Esercito italiano a rivedere le proprie priorità dopo decenni di focus sulle missioni di pace. Nella vecchia Oto Melara ora lavorano 1.350 persone, il 43% in più rispetto a cinque anni fa, e si punta a raggiungere quota 1.900 entro tre anni.
Leonardo assume 250 persone l’anno, soprattutto tecnici e operai specializzati. “Per la ricerca degli ingegneri siamo avvantaggiati dalla crisi odierna dell’automotive: sono in molti quelli che da fuori provincia preferiscono venire a lavorare da noi”, spiega Luca Perazzo, responsabile sistemi di difesa di Leonardo. Per far fronte all’aumento degli ordini – stimato attorno al 30% annuo – si lavora a raddoppiare la capacità produttiva riattivando capannoni inutilizzati e valutando un’espansione verso l’ex centrale Enel.
Nello stabilimento si producono cannoni navali ad alta precisione, impiegati anche dalla Marina italiana nel Mar Rosso, e si integrano sistemi d’arma sui veicoli dell’Esercito, come i VBM Freccia e i Centauro 2. Sono in corso anche gli aggiornamenti dei carri Ariete.
La grande svolta sarà l’arrivo di quasi 300 carri Panther e oltre 1.000 corazzati Lynx, frutto della collaborazione tra Leonardo e Rheinmetall. La Spezia sarà il cuore produttivo della joint venture, da 23 miliardi di euro, con consegne fino al 2040. “È un primo passo verso una difesa europea più integrata”, commenta Perazzo, “con mezzi compatibili e una logistica più efficiente”.
A Roma si producono cannoni anti-drone per l'Ucraina
Oggi i droni dominano il campo di battaglia. Secondo i generali di Kiev, in Ucraina causano il 70% delle perdite militari. Ucraina e Russia ne producono milioni ogni anno, con costi che vanno da poche centinaia a decine di migliaia di euro.
In risposta, cresce la domanda globale di sistemi di difesa anti-drone. A Roma, nello stabilimento italiano di Rheinmetall, si sviluppa lo Skynex: un sistema di difesa aerea a corto raggio capace di neutralizzare droni, missili e colpi d’artiglieria, sparando fino a 1.000 colpi al minuto. Composto da radar, centro di comando e quattro cannoni ad alta velocità, è già in uso in Ucraina e stato acquistato anche dall’Esercito italiano per oltre 70 milioni di euro. La sua efficacia risiede anche nel costo: abbattere un drone con l’artiglieria è molto più economico che farlo con un missile.
La produzione dello Skynex è stata quadruplicata e nuovi ordini sono attesi grazie ai fondi europei del piano Readiness 2030. Rheinmetall prevede di raddoppiare lo stabilimento romano e passare da 500 a 1.500 dipendenti entro pochi anni. “Oggi si parla di produrre milioni di munizioni, migliaia di carri, migliaia di sensori”, spiega l’amministratore delegato Alessandro Ercolani, “qual è l’unico settore che ha l’esperienza di produrre grandi volumi, almeno in Italia? È quello automotive. Noi stiamo cercando di creare delle sinergie molto importanti con loro”.
Lo stabilimento è anche sede della joint venture tra Rheinmetall e Leonardo per la produzione dei 1.300 nuovi mezzi corazzati destinati all’Esercito italiano. Alcuni saranno già predisposti con sistemi anti-drone: oggi, per la fanteria, le minacce principali arrivano sempre più spesso dal cielo.
Nei Campi Flegrei la fabbrica di missili per la difesa aerea
Le guerre moderne si decidono nei cieli. Lo hanno dimostrato i caccia israeliani sull’Iran e l’efficacia delle difese missilistiche di Tel Aviv. In Ucraina, dove i cieli restano contesi, i sistemi di difesa aerea non bastano, e l’Europa è messa anche peggio: secondo la NATO, il fianco est dispone solo del 5% della protezione necessaria. Per questo, a Bacoli, nel cuore dei Campi Flegrei, si lavora senza sosta alla produzione di radar e missili per rafforzare lo scudo europeo.
Nel sito di MBDA – una delle rare e autentiche alleanze industriali europee nel settore della difesa, che unisce Leonardo, BAE Systems e Airbus – si producono i radar e la microelettronica dei missili Aster. Si tratta dei missili intercettori usati dalla Marina italiana nel Mar Rosso e compatibili con il sistema anti-aereo e anti-missile Samp/T. Composti da 10mila componenti, richiedono oggi oltre tre anni per essere completati. L’obiettivo è scendere sotto i 18 mesi.
Bacoli ospita anche la produzione delle nuove piattaforme Samp/T, in uso in Ucraina, ma finora adottate solo da Italia, Francia e Singapore. I concorrenti americani, come i Patriot, sono stati acquistati da 19 Paesi e vengono prodotti a un ritmo superiore. Il nuovo scudo continentale, l'European Sky Shield promosso dalla Germania, ha escluso per ora la tecnologia franco-italiana. “C’è un processo di crescita tecnologica europea”, afferma Lorenzo Mariani, amministratore delegato di MBDA Italia, “ma è frenato da gelosie nazionali e dalla difficoltà a condividere le competenze. Così rischiamo di perdere anni preziosi”.
Intanto la produzione corre: MBDA lavora su tre turni, ha in programma un nuovo capannone a Bacoli e assumerà altri 100 addetti. Il fatturato è triplicato e i dipendenti in Italia passeranno da 1.300 a 2.500 entro fine anno. Ma mancano ingegneri elettronici, e le posizioni restano scoperte per mesi. Con 37 miliardi di ordini da evadere, la vera sfida non è solo industriale, ma di sistema.
Le navi e i sommergibili della Marina prendono vita a Muggiano
A Muggiano, vicino La Spezia, dal 1883 nascono navi e sommergibili per la Marina italiana. È lo stabilimento di Fincantieri, parte del distretto della difesa di La Spezia che include anche Riva Trigoso. Qui lamiere d’acciaio vengono tagliate, saldate e assemblate per costruire unità navali militari; a Muggiano si installano cannoni, sistemi missilistici ed elettronica radar e comunicazioni. I due stabilimenti coprono oltre 300mila mq e impiegano più di 2500 addetti, figure specializzate oggi difficili da trovare. Per ridurre la carenza, Fincantieri investe in robotica per eliminare le mansioni più pesanti.
Negli ultimi anni gli ordini sono aumentati. Dieci anni fa la Marina lanciò l’allarme: con 45 navi obsolete da sostituire, ne erano previste solo 15 nuove. Fu avviato un piano da decine di miliardi da completare entro il 2030. L’anno scorso a La Spezia è stata consegnata la portaelicotteri Trieste, la più grande mai costruita in Italia, in grado di ospitare anche gli F-35.
Qui sono state costruite le nuove fregate sviluppate assieme alla Francia, e i sommergibili costruiti con i tedeschi. Ma il direttore generale Navi Militari di Fincantieri, Dario Deste sottolinea l'importanza di una più forte collaborazione europea: “Per avere una collaborazione industriale ci deve essere prima una forte intenzione politica per unire gli sforzi. Anziché cinque modelli di fregate europee ne dovremmo fare uno solo, anziché fare cinque cacciatorpedinieri diversi ne dovremmo fare uno solo". Le navi italiane sono costruite per l’80% con componenti nazionali ed europei, con un recente contratto da 1,5 miliardi per due nuove fregate EVO, consegna prevista entro cinque anni. La Marina punta anche a nuovi cacciatorpedinieri per la difesa aerea. Fincantieri lavora anche per clienti extra-europei, con ordini recenti da Qatar e Indonesia.
Muggiano è storicamente noto per i sommergibili: oltre 100 costruiti dal 1909 a oggi. Ha recentemente ospitato il Romeo Romei in manutenzione e costruisce quattro nuovi sottomarini con scafo amagnetico, in servizio a partire dal 2027. Per il futuro, Fincantieri sviluppa propulsione a idrogeno e nucleare, con nuovi reattori compatti per sottomarini e navi come incrociatori e fregate.