Laureati, 1 su 3 non sfrutta le competenze acquisite all'università. I dati di Almalaurea

Economia
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Introduzione

In Italia il 30% dei laureati che lavorano non utilizza tutte le competenze acquisite all'università e svolge un impiego per cui il titolo di laurea non è richiesto. A rivelarlo è il Rapporto AlmaLaurea 2025 sulla Condizione occupazionale dei laureati, presentato all'Università degli studi di Brescia, che evidenzia un disallineamento tra formazione universitaria e mercato del lavoro.

 

Il report segnala anche un aumento dell'occupazione e una crescita degli stipendi. Il tasso di occupazione di chi ha una laurea non è mai stato così alto negli ultimi dieci anni, soprattutto a un anno dal conseguimento del titolo. È pari al 78,6% sia tra i laureati di primo livello sia tra i laureati di secondo livello (+4,5 e +2,9 punti percentuali rispetto al 2023). A cinque anni dalla laurea invece il tasso di occupazione registra variazioni contenute, mantenendosi su livelli elevati e pari ad almeno il 90%.

 

Inoltre, più della metà delle persone che ottengono un titolo di studio è donna, ma sono ancora bassi i numeri di laureate nelle materie scientifiche. Ecco tutti i dati del report

Quello che devi sapere

Il 30% dei laureati non sfruttano tutte le competenze

Secondo il rapporto di Almalaurea, il 39,3% tra i laureati di primo livello e il 31,9% tra quelli di secondo livello non utilizzano in misura elevata le competenze acquisite all’università e svolgono un lavoro per cui il titolo di laurea non è formalmente richiesto. A cinque anni dal conseguimento del titolo la consistenza del fenomeno di disallineamento diminuisce, ma continua a coinvolgere almeno un quarto degli occupati: 32,5% tra i laureati di primo livello e 25,4 % tra quelli di secondo livello. Il fenomeno è particolarmente forte le discipline letterarie, umanistiche, di arte e design, linguistiche, politiche, sociali e di comunicazione, psicologiche ed economiche.

 

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Più svantaggiate le donne

In particolare, dal rapporto emerge che le donne laureate svolgono in misura relativamente maggiore lavori per cui è richiesto formalmente il titolo di laurea, ma nei quali non si fa un utilizzo elevato delle competenze acquisite durante gli studi. Analizzando il fenomeno alla luce dell’origine sociale dei laureati, il report evidenzia che i figli di genitori laureati sono meno soggetti a questo tipo di disallineamento, soprattutto quando conseguono il titolo nel medesimo ambito disciplinare dei genitori

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Poche laureate nelle displine Stem

Oltre la metà dei laureati è donna. Ma sono ancora poche quelle specializzate nelle discipline Stem (science, technology, engineering, mathematics). Nel 2024 le laureate sono state il 59,9%, quota che risulta stabile negli ultimi dieci anni. Ma sempre nello stesso anno le donne rappresentano il 41,1% dei laureati nelle discipline Stem, dato che è rimasto fermo dal 2014. Il 73% di chi consegue la laurea proviene dai licei, in particolare da quelli scientifici, linguistici e classici (rispettivamente 37,5%, 11,9% e 11,7%). Segue il diploma tecnico, che riguarda il 19,7% dei laureati, mentre è del tutto marginale il diploma professionale (3,3%). Le donne hanno un’incidenza più alta nei corsi magistrali a ciclo unico: si parla del 69,4% rispetto al 57,8% nei magistrali biennali e al 59,4% nei corsi di primo livello

Stipendi e contratti

  • Il rapporto evidenzia come sono aumentati i contratti a tempo indeterminato e anche gli stipendi. Tra i laureati occupati a un anno dal titolo, le forme di lavoro più diffuse sono i contratti a tempo indeterminato (39,5% tra gli occupati di primo livello e 29,8% tra quelli di secondo livello). Seguono i contratti a tempo determinato (28,0% e 23,6%, rispettivamente) e i contratti formativi (15,3% e 22,3%, rispettivamente). Nell'ultimo anno le retribuzioni mensili nette figurano in crescita.
  • A un anno dal titolo, la retribuzione mensile netta è in media pari a 1.492 euro per i laureati di primo livello e a 1.488 euro per i laureati di secondo livello, in aumento, in termini reali, del 6,9% per i laureati di primo livello e del 3,1% per quelli di secondo livello rispetto al 2023

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Peggiora la regolarità negli studi e l'età di laurea

  • L'età alla laurea e la regolarità negli studi è invece in lieve peggioramento. Per il complesso dei laureati nel 2024, l'età di laurea è pari a 25,8 anni (con evidenti differenze in funzione del tipo di corso di studio: 24,5 anni per i laureati di primo livello, 27,1 per i laureati magistrali a ciclo unico e 27,4 per i laureati magistrali biennali). L'età si è ridotta significativamente negli ultimi anni (era 26,5 anni nel 2014). Anche se negli ultimi due anni si è assistito a una lieve ripresa (+0,2 anni rispetto al 2022).
  • La regolarità negli studi, invece, che misura la capacità di concludere il corso di laurea nei tempi previsti dagli ordinamenti, riguarda il 58,7% dei laureati del 2024. Fino al 2022 si è registrato un miglioramento costante e marcato della regolarità negli studi (anche per effetto della proroga della chiusura dell'anno accademico concessa agli studenti per l'emergenza Covid-19). Dal 2023 si è però assistito, per la prima volta dopo 12 anni, a un lieve ridimensionamento della quota di laureati regolari (-1,0 punti percentuali rispetto al 2022), nonostante la conferma della proroga della chiusura dell'anno accademico. Nel 2024 si è poi verificato un ulteriore calo (-2,8 punti percentuali rispetto al 2023)

In aumento la mobilità per studio da Sud a Nord

Permane il fenomeno della mobilità per ragioni di studio, che registra un aumento. In particolare, riguarda soprattutto chi dal Sud si sposta al Centro-Nord. Il 28,7% dei laureati che ha conseguito il diploma nelle regioni meridionali ha scelto un ateneo di una regione diversa: quota in costante aumento (era il 23,2% nel 2014), rispetto al 14,3% di chi ha conseguito il diploma al Centro e al 4,3% di chi ha conseguito il diploma al Nord

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Aumentano le esperienze all'estero

  • Secondo i dati di Almalaurea, il 10,3% dei laureati nel 2024 ha maturato un'esperienza di studio all'estero riconosciuta dal corso di laurea. Si tratta nella maggior parte dei casi (8,6%) di esperienze svolte con programmi dell'Unione europea (Erasmus in primo luogo), mentre le altre esperienze riconosciute dal corso di studio (Overseas, tesi all'estero ecc.) sono molto meno diffuse (meno del 2%).
  • La quota di laureati che ha maturato un'esperienza di studio all'estero si era ridotta in modo rilevante nel 2021 e nel 2022 (quando era scesa rispettivamente all'8,5% e all'8,3%). Negli ultimi due anni, invece, si è registrata una ripresa di tali esperienze (+2,0 punti percentuali). 
  • Le esperienze di studio all'estero hanno coinvolto il 7,8% dei laureati di primo livello del 2024, il 14,8% dei laureati magistrali a ciclo unico e il 13,2% dei laureati magistrali biennali. A questi ultimi si aggiunge un'ulteriore quota di laureati che hanno partecipato a programmi di studio all'estero durante il percorso di primo livello, per un totale del 18,4% nell'arco del "3+2"

I laureati che fanno esperienze fuori dall'Italia

  • A maturare le esperienze fuori dall'Italia sono in particolare i laureati dei gruppi linguistici (di primo e di secondo livello), dato che si conferma nel tempo. Al contrario, sono meno diffuse tra i laureati dei gruppi scienze motorie e sportive ed educazione e formazione.
  • Le condizioni socio-culturali ed economiche della famiglia di origine (livello di istruzione dei genitori e status sociale) rappresentano fattori selettivi nei confronti della possibilità di accesso allo studio all'estero. Tra i giovani che hanno entrambi i genitori laureati, la partecipazione alle esperienze di studio all'estero è pari al 16,3%, mentre tra i laureati con genitori non diplomati la partecipazione scende al 7,0%. 
  • La valutazione dell'esperienza di studio all'estero è molto alta, con percentuali di soddisfazione che oltrepassano stabilmente negli ultimi anni il 95%. 
  • Secondo il rapporto, inoltre, chi ha svolto un periodo di studio all'estero (riconosciuto dal proprio corso di laurea o svolto su iniziativa personale) ha maggiori probabilità di essere occupato a un anno dal conseguimento del titolo rispetto a chi non ha mai svolto un soggiorno all'estero (+7,9%)

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I laureati che guadagnano di più

  • Ma quanto guadagnano i laureati? E chi riceve gli stipendi maggiori? Secondo i numeri di Almalaurea, a percepire in media retribuzioni più alte, rispetto ai laureati del gruppo politico-sociale e comunicazione, sono quelli specializzati in ambito medico-sanitario e farmaceutico (+305 euro mensili netti), ingegneria industriale e dell'informazione (+218 euro), informatica e tecnologie ICT (+185 euro), economico (+116 euro), educazione e formazione (+104 euro), scienze motorie e sportive (+103 euro) e scientifico (+95 euro).
  • A essere svantaggiati dal punto di vista retributivo sono soprattutto i laureati in ambito giuridico (-102 euro)

Gli uomini guadagnano di più delle donne

Secondo il report, continua a pesare il gender pay gap, cioè le significative differenze di stipendio tra generi: a parità di condizioni lavorative, gli uomini percepiscono in media, a un anno dalla laurea, 59 euro netti in più al mese. Secondo i dati, impatta sui livelli retributivi anche la disponibilità, dichiarata alla vigilia della laurea, ad accettare lavori non coerenti con il proprio titolo di studio. In particolare, chi ha dichiarato di non essere disposto ad accettare un lavoro non coerente con gli studi svolti percepisce, in media, 46 euro in più rispetto a chi invece si era dichiarato disponibile

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Stipendi più alti nel Nord Italia e all'estero

  • Il rapporto rileva differenze significative anche in riferimento alla collocazione territoriale: rispetto a coloro che sono occupati al Sud, chi lavora al Nord percepisce, in media, 66 euro mensili netti in più, mentre sono 45 euro in più per chi lavora al Centro.
  • Ma è soprattutto tra i laureati che lavorano all'estero che il vantaggio retributivo si accentua sensibilmente: si tratta di 619 euro netti mensili in più rispetto a chi lavora nel Sud Italia

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