“Oggi gli Stati Uniti non hanno neppure lontanamente la copertura interna sulle esigenze di alluminio primario delle loro industrie a valle”, queste le parole di Mario Conserva
Una Corte federale americana ha dato lo stop ai dazi imposti da Donald Trump giudicandoli illegali, ma intanto molti erano già entrati in vigore, come quelli del 25% sulle importazioni di alluminio e acciaio dello scorso 12 marzo, che hanno appesantito un settore già ampiamente tassato. “Quelle sulla materia grezza di partenza, la bauxite, quelle sui semilavorati, sui laminati e su tutti i prodotti finali, che tormentano migliaia di piccole e medie imprese in Italia e nell’Unione europea” lamenta Mario Conserva segretario generale della Federazione consumatori di alluminio (Face). “Fra le nostre prime preoccupazioni c’è l’assurda persistenza del dazio all’importazione di alluminio primario - continua il segretario generale di Face -: ne abbiamo carenza per quasi il 90% del fabbisogno e per importarlo dobbiamo pagarci sopra una tassa fra il 3 e il 6%, che è pura perdita di competitività internazionale del nostro sistema produttivo, una circostanza davvero preoccupante che noi denunciamo da sempre”.
Il fabbisogno d'alluminio e il rischio recessione
Conserva ricorda inoltre come “oggi gli Stati Uniti non hanno neppure lontanamente la copertura interna sulle esigenze di alluminio primario delle loro industrie a valle” e per raggiungere questo fabbisogno “servirebbero anni, costi e oneri energetici ambientali molto rilevanti”. “Con la straordinaria volatilità decisionale di Trump, gli Stati Uniti rischiano una recessione, con la minaccia di esportarne un po’ dovunque le conseguenze” sostiene il segretario generale di Face.