Famiglia, natalità ai minimi storici: cosa prevede il piano Roccella per i neo-genitori
EconomiaIntroduzione
Come mostrano gli ultimi indicatori demografici diffusi dall’Istat, in Italia non accenna a diminuire il fenomeno delle “culle vuote” con il tasso di fecondità che lo scorso anno ha toccato 1,18 figli per donna. Si tratta del livello più basso dal minimo storico di 1,19 figli per donna registrato nel 1995. Resta negativo il rapporto tra nuovi nati e decessi: -281mila
Quello che devi sapere
Cresce l’età del parto, giù le nozze
- I dati dell’Istituto nazionale di statistica evidenziano un affanno crescente degli italiani nel fare figli con un innalzamento dell’età media del parto: 32,6 anni, un decimale in più rispetto al 2023. L’analisi sottolinea i rischi derivanti dalla posticipazione delle nascite che accorcia il tempo a disposizione delle potenziali madri per realizzare i progetti familiari. Prosegue invece il calo del numero di matrimoni, che, ormai da tempo, non sono più ritenuti un passaggio obbligato per mettere su famiglia
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Il piano del Ministero
- Intanto, si delinea il piano in 14 punti del Ministero per la famiglia, la natalità e le pari opportunità che punta a creare, entro il 2027, una rete territoriale a supporto dei neo-genitori. Obiettivo principale dei centri diffusi da Nord a Sud è fornire assistenza a mamme e papà, soprattutto nei primi mille giorni di vita del bambino tramite l'ausilio di figure che riceveranno formazione specifica
Family welfare manager
- Uno dei pilastri su cui poggia il piano promosso dalla ministra Eugenia Roccella è la nascita, entro il 2027, della figura del “family welfare manager” incaricato di coordinare le attività di cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni nelle forme di sostegno alla genitorialità
Il potenziamento dei centri
- Un primo passo il governo lo aveva compiuto con il cosiddetto Decreto Caivano che ha ampliato le funzioni degli oltre 600 centri già operativi in Italia, ora riconosciuti anche a livello nazionale. Il piano punta ora a sanare le differenze territoriali sui futuri centri per la famiglia. Dei 613 già operanti, 137 strutture hanno sede in Lombardia, 61 in Veneto, mentre al Sud si attendono i fondi per aumentare il numero. Spetterà agli enti locali definire luoghi e strategie dei centri secondo un principio di sussidiarietà
Le risorse
- L’approvazione da parte della Conferenza Stato-Regioni ha sbloccato il riparto delle risorse statali, attualmente a 28,7 milioni di euro, cifra che il Ministero punta a raddoppiare nei prossimi mesi pur facendo i conti con i limiti di spesa in quanto dicastero “senza portafogli”. Il piano ha attirato le critiche delle opposizioni con Pd, Avs e M5S che bollano la scarsità di risorse a disposizione del piano e il rischio di effetti nulli nell’invertire il declino delle nascite
I centri non saranno consultori
- Il programma si smarca dal piano varato ai tempi del governo Draghi dall’ex ministra Elena Bonetti che s'agganciava al Pnrr e al cosiddetto Familiy Act. Una volta entrati a regime, i nuovi centri famiglia non si trasformeranno in consultori. Dalle funzioni sono escluse infatti le prestazioni sanitarie così come il supporto psicologico. Come si legge nel piano la struttura per la famiglia “diventa il centro gestionale e operativo degli interventi per promuovere il benessere della famiglia su uno specifico territorio”
Bollino di qualità
- Secondo il piano, i centri territoriali fungeranno da punti di raccordo intercettando “tutte le azioni per la famiglia realizzate da imprese, terzo settore o enti locali”. Su un’apposita piattaforma online saranno visibili le migliori pratiche di welfare familiare premiate tramite un “bollino di qualità” a certificare i modelli organizzativi che più si sono contraddistinti
Occupazione femmininile
- Un capitolo a parte è poi dedicato a strumenti per stimolare il rientro a lavoro delle madri dopo la maternità. Secondo alcuni studi una donna su cinque rinuncia all’impiego per scelta o perchè costretta a seguito di licenziamento
Monitoraggio
- Nel piano vengono previste risorse per avviare il monitoraggio sull’impatto dei contributi pubblici sulla natalità, dall’Assegno unico a bonus asili nido e congedi rafforzati. Gli studi toccheranno poi i giovani della generazione Z - nati tra la fine degli anni 90 e i primi anni Duemila - che mostrano segnali negativi sulla propensione a volere (o poter) mettere su famiglia
Supporto nelle fasi di crescita
- Guardando oltre l’orizzonte temporale dei mille giorni di vita del bimbo, i centri per la famiglia potrebbero supportare i genitori anche in altre fasi di crescita e aiutarli a gestire temi delicati a partire dal rapporto col digitale. Sul punto il piano promuove tra l’altro il corretto uso del parental control e attività di informazioni su piaghe come il “revenge porn” e la diffusione di alcune droghe sintetiche come il Fentanyl che dagli Stati Uniti rischia di diffondersi anche in Italia e mietere vittime tra i giovani
Per approfondire: Fecondità, minimo storico nel 2024: solo 1,18 figli per donna. I dati Istat