Dazi, perché il caso tra il Fisco e i giganti tech Usa rischia di aumentare le tensioni
Economia
L'Agenzia delle Entrate, seguendo un'interpretazione delle norme che alcuni commentatori considerano particolare, ha chiesto a LinkedIn, Meta e X il versamento dell'Iva per un totale che supera il miliardo di euro. La questione si inserisce nel più ampio dibattito sullo scambio commerciale tra Europa e Stati Uniti, con Donald Trump pronto ad attaccare il Vecchio Continente a colpi di tariffe doganali. Anche di questo si è parlato nella puntata di "Numeri", di Sky TG24, andata in onda il 26 marzo
Meta, LinkedIn e X sono finite sotto la lente d’ingrandimento dell’Agenzia delle Entrate. A tutti e tre i giganti della tecnologia statunitense è arrivata una richiesta di ingiunzione di pagamento dell’IVA: 887,6 milioni di euro per Meta, 12,5 milioni di euro per X e circa 140 milioni di euro per LinkedIn. Le contestazioni si riferiscono agli anni 2015-2022 e riguardano le iscrizioni gratuite degli utenti alle piattaforme. Lo scambio tra dati e servizi viene visto come una transazione e di conseguenza soggetto a Iva. L’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate è particolare e non è ancora solidificata in giurisprudenza, ma - al di là del caso specifico - la questione si inserisce nel più ampio dibattito sullo scambio commerciale tra Europa e Stati Uniti, con Donald Trump che lamenta la difficoltà di fare impresa nel Vecchio Continente, soprattutto per le tariffe imposte. Anche di questo si è parlato nella puntata di Numeri, di Sky TG24, andata in onda il 26 marzo.
Dazi doganali Ue-Usa: la media pesata
Guardando solo ai dazi doganali, i malumori di Trump non sembrano essere giustificati. La loro media sul valore delle merci non agricole è dello 0,9% per quanto riguarda quelli applicati dall’Ue ai beni Usa, mentre a parti inverse si arriva fino all’1,4%.

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Oltre i dazi doganali
Trump non considera però solamente i puri dazi doganali. Per capire perché ritiene le regole europee troppo stringenti bisogna tenere in conto anche le tasse come l’IVA, i regolamenti e i sussidi che definisce “discriminatori” e poi multe, indagini e via così. Le Antitrust dei vari Paesi Ue spesso hanno preso misure contro le multinazionali Usa, in particolare quelle tecnologiche, accusandole di evasione. Per Trump si tratterebbe di concorrenza sleale. Quanto successo tra Meta, X e LinkedIn e il nostro Fisco rischia quindi di rinfervorare tensioni già alte.

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Trump contro la global minimum tax
Vale la pena ricordare che tra i molti ordini esecutivi firmati da Trump nel giorno del suo insediamento (20 gennaio), uno in particolare andava contro il Global Tax Deal e quindi contro la previsione di una global minimum tax da far pagare alle multinazionali che non hanno un servizio materiale nei Paesi. Il tycoon ha avvisato che gli Stati che lo faranno dovranno fare i conti con misure protettive messe in campo da Washington.

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Giorgia Meloni appoggia la global minimum tax
Il 15 giugno 2024 la nostra premier Giorgia Meloni, ben più vicina a Trump di molti altri leader europei, sulla global minimum tax si era espressa chiaramente: “È un tema a cui tengo particolarmente”. Contro le minacce dei dazi americani grandi Paesi come l’India hanno già rinunciato ai loro progetti per l’applicazione di tasse digitali sui giganti del web. Resta da vedere cosa faranno gli altri Stati.
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