Guida alla pianificazione finanziaria. Ecco cosa deve sapere chi vuole investire senza perdere la bussola a causa della propria emotività, tra minacce di dazi internazionali e nel pieno del risiko bancario italiano. Di Irene Elisei
Investire in un contesto di volatilità dei mercati internazionali come quello che stiamo osservando in questi ultimi mesi non è semplice. Il rapido cambio d’umore degli operatori di mercato, generato dalle dichiarazioni roboanti del presidente Usa o dal susseguirsi delle notizie di operazioni straordinarie che dovrebbero portare al completo riassetto del settore bancario italiano, può spaventare chi è poco avvezzo alle dinamiche finanziarie. Per questo, quando si decide di investire parte dei propri risparmi – altra cosa è fare trading - bisogna considerare di fare i conti con fasi di paura o al contrario di euforia. La cosa importante è imparare a tenere a bada le emozioni. Come farlo? In questo la finanza comportamentale, disciplina a metà tra l’economia e la psicologia di cui il premio Nobel Daniel Kahneman è considerato il padre fondatore, ci è amica.
I RISCHI LEGATI ALL’EMOTIVITA’
La finanza comportamentale ha individuato infatti alcuni bias, cioè errori di approccio all’investimento. Conoscerli può aiutare ad evitarli e a mantenere i nervi saldi in fasi di movimenti repentini dei mercati.
Uno degli errori più comuni è il cosiddetto FOMO, fear of missing out, cioè il timore di non cogliere l’occasione che sembra essere imperdibile. Pensiamo alla corsa dei titoli tecnologici americani e in particolare quelli legati all’intelligenza artificiale. Ci sono sicuramente ancora buone ragioni per investire, ma alle giuste condizioni e ai giusti prezzi. L’opportunità è cioè da considerare tale non a prescindere, ma a seconda delle necessità e dell’orizzonte temporale di ogni singolo investitore.
Altro errore comune, legato a quello che abbiamo appena descritto, è il cosiddetto “effetto gregge”. Decidere di investire in un certo titolo o in una specifica asset class perché è il trend del momento e tutti lo fanno non è una garanzia di successo.
Vale la pena, infine, citare un altro bias: la cosiddetta “miopia finanziaria”. Questo fenomeno si realizza quando siamo portati a controllare in maniera eccessiva l’andamento di un certo investimento e questo monitoraggio compulsivo ci lascia in balia della paura di perdere soldi o al contrario dell’euforia per un guadagno momentaneo, con la conseguenza – in entrambi i casi - di fare scelte sbagliate.
PIANIFICAZIONE FINANZIARIA, IL PRIMO PASSO
Come si corregge la miopia finanziaria? Con gli occhiali – passatemi la metafora – della pianificazione finanziaria. Quando si investe una parte dei propri risparmi bisogna cioè anzitutto partire da una domanda: qual è il mio obiettivo di investimento? Di conseguenza si deciderà l’orizzonte temporale adeguato al suo raggiungimento e si potrà creare un portafoglio bilanciato in termini di rischio/rendimento.
OBIETTIVI FINANZIARI E VALORI
Farlo da soli è difficile e per questo spesso ci si affida ad esperti del settore, come i consulenti finanziari. Professionisti con i quali il dialogo è talvolta fondamentale per individuare le ragioni
per le quali si decide di investire e anche per le quali vale la pena non cedere all’emotività. In questa relazione si arriva a capire che gli obiettivi finanziari che ci poniamo non di rado corrispondono ai valori che riteniamo più importanti: la famiglia, la salute, l’istruzione ecc. È in ragione di questi valori che poi facciamo scelte concrete di investimento: per acquistare una casa o sostenere la spesa stimata per l’università dei figli.
PAROLA D’ORDINE: DIVERSIFICAZIONE
Quando si fa pianificazione finanziaria, come detto, bisogna partire dall’individuazione di un arco temporale, nel quale si stima di poter lasciare impegnata una determinata quota dei propri risparmi, e che sia coerente con l’obiettivo di investimento. Diversificare il portafoglio, per raggiungere determinati obiettivi, è un concetto cardine della pianificazione finanziaria. Lo scopo è evitare di concentrare il rischio e preservare la serenità dell’investitore nel periodo d’investimento, fattori basilari per evitare di incappare nei bias elencati sopra.
DISINVESTIRE, QUANDO FARLO?
C’è un ultimo insegnamento utile che la finanza comportamentale dispensa: non cercare di fare “market timing”, cioè prendere decisioni basandosi sui probabili movimenti dei mercati. In pochi riescono a guadagnarci e qui, ribadiamo, non stiamo parlando di trading. In sostanza, si deve disinvestire quando si è raggiunto l’obiettivo oppure quando si ha bisogno di una certa liquidità, magari perché sono cambiate le condizioni familiari o di lavoro e nuove necessità sono sopraggiunte rispetto al momento nel quale si era deciso di impegnare i propri risparmi.