Ue, Draghi al Cepr: “Prima la riforma dei mercati, poi il debito comune”

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Intervenuto nel corso del Simposio annuale del Centre for Economic Policy Research a Parigi, l'ex premier e presidente della Bce è tornato a chiedere all'Unione Europea di avanzare sul “mercato unico europeo e il mercato dei capitali”, riforme che sono “fondamentali” perché “sostengono i meccanismi di base che guidano la crescita della produttività”

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L'ex premier e presidente della Bce Mario Draghi è intervenuto nel corso del Simposio annuale del Centre for Economic Policy Research a Parigi. "Se l'Ue emettesse debito congiuntamente, potrebbe creare uno spazio fiscale aggiuntivo da utilizzare per limitare i periodi di crescita inferiore al potenziale. Ma non possiamo iniziare a percorrere questa strada se non sono già in atto i cambiamenti nella struttura dei mercati che potrebbero aumentare i tassi di crescita potenziale nel medio termine", ha dichiarato Draghi, sottolineando che "senza un debito comune dovremo anche spostare la nostra azione politica dalla modifica dell'orientamento della politica fiscale al miglioramento della sua composizione, aumentando gli investimenti pubblici, e al coordinamento tra gli Stati membri". L'ex presidente del Consiglio è tornato poi a chiedere all'Unione Europea di avanzare sul “mercato unico europeo e il mercato dei capitali”, riforme che sono “fondamentali” perché “ sostengono i meccanismi di base che guidano la crescita della produttività”. 

L'intervento di Draghi al Cepr a Parigi

Durante il suo discorso a Parigi, il presidente della Bce ha poi precisato che "le riforme di mercato sono necessarie affinché le politiche macroeconomiche abbiano pieno effetto, e politiche macroeconomiche pienamente efficaci sono necessarie affinché le riforme di mercato producano il massimo della crescita della produttività”.

Draghi: “No al declino, l'Europa lotti per conservare i suoi valori”

Nel suo intervento, l'ex premier ha poi aggiunto: "Tutti desideriamo la società che l'Europa ci ha promesso, una società in cui possiamo mantenere i nostri valori indipendentemente da come cambia il mondo intorno a noi. Ma non abbiamo alcun diritto immutabile affinché la nostra società rimanga sempre come vorremmo. Dovremo lottare per conservarla". Per Draghi, "sarebbe rassicurante credere che questi problemi non siano così gravi come sembrano e che, essendo un continente ricco, l'Europa possa entrare in una fase di declino gestito e confortevole. Ma in realtà non c'è nulla di confortevole".

Draghi: “Non più riforme per lavoro flessibile o controllo salari”

Il presidente della Bce ha affrontato anche la questione del lavoro. "Ciò che intendiamo oggi per riforme strutturali è cambiato. Dieci anni fa, il termine era per lo più limitato ad incrementare la flessibilità del mercato del lavoro e a comprimere i salari. Oggi, significa aumentare la crescita della produttività senza sostituire il lavoro, ma piuttosto riqualificando le persone", ha sottolineato l'ex premier. 

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"Le politiche europee hanno tollerato una bassa crescita dei salari come strumento per aumentare la competitività esterna, aggravando la debolezza del ciclo reddito-consumo", ha detto Draghi nel suo discorso al Cepr. "Tutti i governi disponevano di uno spazio fiscale per contrastare la debolezza della domanda interna, ma almeno fino alla pandemia hanno scelto deliberatamente di non utilizzare questo spazio, preferendo lo sfruttamento della domanda estera e l'esportazione di capitali con bassi livelli salariali: questa costellazione non sembra più sostenibile", ha specificato.

Draghi: “Senza riforme tra 25 anni il Pil Ue sarà uguale a oggi”

Secondo il presidente della Bce, "se l'Ue continuerà a registrare il tasso medio di crescita della produttività del lavoro dal 2015, dato l'invecchiamento della nostra società, tra 25 anni l'economia avrà le stesse dimensioni di oggi”. Per Draghi, questo significa “un futuro di entrate fiscali stagnanti e di avanzi di bilancio per evitare che il rapporto debito/Pil aumenti". Poi ha precisato: "Eppure ci troviamo di fronte a impegni di spesa che non si ridurranno con il Pil: le passività pensionistiche non finanziate nei Paesi dell'Ue vanno dal 150% al 500% del Pil, i 750-800 miliardi di euro all'anno che la Commissione e la Bce stimano saranno necessari per investire nell'energia, nella difesa, nella digitalizzazione e nella R&S, e che non includono nemmeno obiettivi importanti come l'adattamento al clima e la protezione dell'ambiente: sono tutti investimenti che determineranno se l'Europa rimarrà inclusiva, sicura, indipendente e sostenibile". 

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