Ddl lavoro, tornano "dimissioni in bianco": cosa cambia per i licenziamenti nel Jobs Act

Economia

I partiti di maggioranza hanno respinto un emendamento sul salario minimo delle opposizioni e hanno invece approvato una norma che "smonta" il provvedimento renziano, nella parte in cui cerca di contrastare le "dimissioni in bianco" e i licenziamenti mascherati da dimissioni del lavoratore

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Il tema del salario minimo e la lotta alle "dimissioni in bianco" hanno ricompattato le opposizioni alla Camera durante la discussione del disegno di legge sul lavoro, proposto dal governo. Nonostante l'unione d'intenti, i partiti di minoranza hanno dovuto cedere di fronte alla maggioranza di centrodestra, che ha bocciato gli emendamenti chiave. Uno degli emendamenti più contestati riguardava proprio l'introduzione del salario minimo in Italia, sostenuto da tutte le forze di opposizione, ad eccezione di Italia Viva che ha scelto l’astensione. Il disegno di legge sul lavoro era stato approvato dal Consiglio dei ministri un anno e mezzo fa, nella seduta del primo maggio 2023, ma è approdato in aula solo giovedì scorso. 

Conte: "Su salrio minimo non ci arrenderemo mai"

Nel suo intervento in aula, Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle e primo firmatario dell’emendamento, ha riaffermato la determinazione del suo partito, dichiarando: "Non ci arrenderemo mai". Parole rilanciate da altri esponenti delle opposizioni (Arturo Scotto del Pd, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Avs, Benedetto della Vedova di +Europa, Antonio D'Alessio di Azione) che hanno accusato la maggioranza di non fare nulla per la questione salariale. 

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Dimissioni in bianco colpiscono suprattutto donne in maternità

In particolare nel ddl c'è una norma che "smonta" parte del Jobs act. La legge voluta dal governo Renzi (il decreto legislativo 151 del 2015) pur confermando il licenziamento individuale introdotto dalla legge Fornero, dettava norme stringenti (articolo 26) per contrastare il licenziamento mascherato da dimissioni volontarie del dipendente. Il ddl lavoro ha invece allargato le maglie di questi licenziamenti, dietro cui spesso si celano le cosiddette dimissioni in bianco, che colpiscono soprattutto le donne al momento della maternità.

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Bocciati i tentativi delle opposizioni di mitigare la norma

L'articolo 19 del ddl lavoro, nel testo iniziale, stabiliva che "in caso di assenza ingiustificata protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a cinque giorni, il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore", con il corollario che il dipendente perdeva il diritto alla Naspi. In commissione le opposizioni erano riuscite a far approvare una proposta di modifica migliorativa e in Aula la Dem Chiara Gribaudo ne aveva presentato un altra che risolveva il problema introducendo l'obbligo dell'ispettorato di verificare tali dimissioni. Anche qui le opposizioni hanno votato insieme, proprio mentre Conte affermava da Bruno Vesta che "il campo largo non esiste più". Ma anche in questo caso i voti della maggioranza hanno superato quelli delle opposizioni unite bocciando l'emendamento.

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