Il ddl Lavoro è legge, dopo che nei mesi scorsi i partiti di maggioranza avevano approvato una norma che "smonta" il provvedimento renziano, nella parte in cui cerca di contrastare le "dimissioni in bianco" e i licenziamenti mascherati da dimissioni del lavoratore. Ecco cosa cambia
Il ddl Lavoro è legge. Nato insieme al decreto Primo maggio dell'anno scorso, poi collegato alla manovra di allora, dopo il lungo percorso che ha impegnato i due rami del Parlamento, il provvedimento ottiene l'ultimo ok dall'Aula del Senato. Tra le novità, le misure sulle dimissioni per assenze ingiustificate, sui contratti a termine e di somministrazione e sugli stagionali.
Cosa cambia per le assenze ingiustificate
Nei casi in cui l'assenza ingiustificata del lavoratore vada oltre il termine previsto dal contratto o, dove non sia previsto, oltre i 15 giorni scatta la risoluzione del rapporto per volontà del lavoratore: cioè le dimissioni, non il licenziamento. Quindi l'impresa non paga il ticket di licenziamento e l'ex lavoratore non accede all'indennità di disoccupazione (Naspi o Dis-coll). Anche su questo punto, le letture sono contrapposte. Per la ministra si tratta di un intervento per chiarire la questione su quelle che tecnicamente si chiamano dimissioni per fatti concludenti. Per le opposizioni, Pd in testa, è un modo per aggirare il divieto delle dimissioni in bianco ed è "un ulteriore attacco ai diritti di donne e uomini, esponendoli a licenziamenti senza giusta causa", sostiene il M5s. Il collegato lavoro "è una sommatoria di norme pericolose", sostiene la senatrice dem, ex segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan.
Calderone respinge le critiche dell'opposizione
"Nulla di tutto questo", replica Calderone in conferenza stampa al Senato, dopo il via libera definitivo al ddl, insieme al sottosegretario Claudio Durigon, i presidenti della commissione Lavoro del Senato Francesco Zaffini (FdI) e della Camera Walter Rizzetto (FdI), e le relatrici del provvedimento, Paola Mancini (FdI) e Tiziana Nisini (Lega). "È il completamento di un anno di lavoro, che si accompagna ad una serie di interventi fatti, all'insegna della semplificazione e della stabilità del lavoro, non certamente di aumento della precarietà. Sosteniamo il lavoro sicuro e di qualità", rimarca la ministra". Tornando a sottolineare anche la questione della sicurezza sul lavoro, dopo la tragedia di Calenzano: "Il nostro impegno è costante".
Dimissioni in bianco colpiscono suprattutto donne in maternità
In particolare nel ddl c'è una norma che "smonta" parte del Jobs act. La legge voluta dal governo Renzi (il decreto legislativo 151 del 2015) pur confermando il licenziamento individuale introdotto dalla legge Fornero, dettava norme stringenti (articolo 26) per contrastare il licenziamento mascherato da dimissioni volontarie del dipendente. Il ddl lavoro ha invece allargato le maglie di questi licenziamenti, dietro cui spesso si celano le cosiddette dimissioni in bianco, che colpiscono soprattutto le donne al momento della maternità.
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Bocciati i tentativi delle opposizioni di mitigare la norma
L'articolo 19 del ddl lavoro, nel testo iniziale, stabiliva che "in caso di assenza ingiustificata protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a cinque giorni, il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore", con il corollario che il dipendente perdeva il diritto alla Naspi. In commissione le opposizioni erano riuscite a far approvare una proposta di modifica migliorativa e in Aula la Dem Chiara Gribaudo ne aveva presentato un altra che risolveva il problema introducendo l'obbligo dell'ispettorato di verificare tali dimissioni. Anche qui le opposizioni hanno votato insieme, proprio mentre Conte affermava da Bruno Vesta che "il campo largo non esiste più". Ma anche in questo caso i voti della maggioranza hanno superato quelli delle opposizioni unite bocciando l'emendamento.