Internet veloce, la banda ultralarga è in ritardo

Economia
Simone Spina

Simone Spina

La Corte dei Conti: nelle zone disagiate meno della metà delle case a fine dicembre era stata raggiunta da collegamenti di ultima generazione. Il rischio è che il piano dello Stato non venga completato entro la prevista scadenza di settembre

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Per portare internet ultraveloce si procede a rilento. Un paradosso quello che riguarda la connessione di ultima generazione nelle zone d’Italia più disagiate. Collegarsi alla rete da casa o dall’ufficio di un paesino dell’entroterra dell’Abruzzo o della Sicilia allo stesso ritmo di Roma o Milano resta un miraggio.

Tre miliardi per ridurre i divari

Parliamo delle cosiddette "aree bianche", quelle dove gli operatori privati non investono perché lo ritengono poco remunerativo e dove lo Stato, dal 2015, si è impegnato a mettere i soldi per ridurre il divario. Quasi tre miliardi, tra fondi europei e nazionali, ma i tempi di realizzazione si sono diluiti molto negli anni, tanto che l’ultimazione delle opere è stata posticipata diverse volte e ora anche l’obiettivo di settembre 2024 è a rischio.

 

Meno della metà delle case con fibra ottica nelle "aree bianche"

Parla di “sensibile ritardo” la Corte dei Conti, che sottolinea come la fibra ottica e, il sistema misto con onde radio, abbiano – a fine dicembre – raggiunto meno della metà delle 8,3 milioni di abitazioni previste dal piano che fa capo al Ministero delle Imprese.

Un piano strategico ma servono correttivi

Ritardi che hanno ricadute economiche su cittadini e aziende oltre a un impatto sull’efficienza della pubblica amministrazione. Allineare l’intero Paese agli standard europei è infatti considerato strategico e per questo la magistratura contabile chiede al governo di attivarsi per correggere il tiro e fare il necessario per concludere i cantieri.

Scarseggia la manodopera

Ma ci sono casi in cui la posa dei cavi è molto lontana, soprattutto al Sud dove spesso si deve ancora dare il via libera definitivo ai progetti.  Servono – conclude la Corte – interventi anche sul fronte della manodopera, risultata scarsa durante la pandemia e poi prosciugata dal Pnrr.

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