Sanità, rapporto Svimez-Save the Children: fuga dal Sud per curarsi

Economia
Simone Spina

Simone Spina

Divari in aumento. E non è solo una questione di soldi: a parità di spesa, la forbice sulla qualità dell'assistenza resta ampia e in molti si spostano verso le Regioni del settentrione e del centro Italia per operazioni e accertamenti. E' quanto emerge dall'ultimo rapporto Svimez-Save the children, che parla anche del rischio di una crescita delle diseguglianze con l'autonomia differenziata. Spesa sanitaria pubblica in rapporto al Pil in diminuzione nei prossimi anni 

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Quanti soldi pubblici si spendono per la sanità in Lombardia? E quanti in Sicilia? La cifra è quasi identica: poco più di duemila euro l’anno per abitante. Ma nella classifica della qualità delle cure c’è un abisso: Lombardia quinta, Sicilia quindicesima. Un divario che pesa sulla pelle di chi sta male e così molti al Sud fanno la valigia per un intervento o un controllo.

 

Migranti sanitari

Nel 2022, per esempio, per il tumore al seno un terzo delle donne che vive in Calabria (dove si spende meno che altrove) è andata a operarsi in un ospedale lombardo e poco meno di un quarto è partita per il Lazio. Una migrazione che interessa tutto il Meridione, tanto che lo Svimez nel suo ultimo rapporto realizzato con Save the Children, parla di un Paese diviso in due. Col risultato che chi sta a Reggio Emilia può scoprire di avere una patologia in anticipo rispetto a chi è  Reggio Calabria e, quindi, curarsi a due passi da casa prima di chi è a mille chilometri più a sud. 

Un Paese diviso

Dove si fa meno prevenzione e la speranza di vita è più bassa: nel Meridione era di 81,7 anni nel 2022, 1,3 anni in meno del Centro e del Nord-Ovest, 1,5 rispetto al Nord-Est. Divari anche per la mortalità evitabile se ci fosse migliore assistenza. Per il tumore il tasso di decessi al Sud è pari al 9,6 per 10 mila abitanti per gli uomini, rispetto a circa l'8 del Nord. Cresciuto il divario per le donne: 8,2 nel Mezzogiorno con meno del 7 nel Settentrione: nel 2010 i due dati erano allineati.

Il rischio di maggiori disuguaglianze

L’autonomia differenziata in discussione in Parlamento, avverte l’Istituto specializzato in studi sul Mezzogiorno, rischia di ampliare le differenze territoriali, in un contesto che vede 1,6 milioni di famiglie, delle quali 700mila nel meridione, in povertà sanitaria, cioè senza denari sufficienti per terapie e accertamenti.

Meno spesa per la salute in rapporto al Pil

L’Italia intera, d’altra parte, risulta dietro le maggiori economie europee per spesa pubblica per la sanità in rapporto alla sua ricchezza: 6,6 per cento, in media, tra il 2010 e il 2019. Un’incidenza – quella sul Prodotto Interno Lordo – in calo dopo l’emergenza Covid e destinata a ridursi nei prossimi anni (dal 6,7 per cento del 2022 al 6,1 del 2026) a fronte di un maggior ricorso al privato.

 

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