Fusione nucleare, la missione di Eni al Cfs Usa: obiettivo primo impianto nel 2030

Economia

L'inviato americano per il climate change John Kerry conta di illustrare alla Cop28 una visione per una partnership internazionale finalizzata a un "futuro inclusivo dell'energia da fusione"

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Gli Usa scommettono su un'azienda di cui l'Eni è maggiore azionista per il futuro dell'energia da fusione, che intendono commercializzare nel giro non di decenni, ma di pochi anni. La prima strategia internazionale per vendere il 'Santo Graal' dell'energia pulita, sicura e praticamente inesauribile sarà delineata dagli Stati Uniti alla Cop 28, il summit Onu sul clima in programma a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre. Lo ha anticipato l'inviato americano per il climate change John Kerry, durante una visita vicino a Boston con l'ad dell'Eni Claudio Descalzi alla società Commonwealth Fusion Systems (Cfs), spin-out del Massachusetts Institute of Technology (Mit) di cui il colosso italiano è partner strategico e che vanta anche il sostegno di Bill Gates.

Primo impianto pilota costruito entro il 2025

Presente, oltre all'ad di Cfs Bob Mumgaard, anche l'ambasciatrice italiana a Washington, Mariangela Zappia. Eni lavora dal 2015 alla fusione a contenimento magnetico e ha quattro partnership in corso, all'interno delle quali ci sono due progetti, uno con Cfs e l'altro con Enea. L'obiettivo a breve di Cfs è costruire e testare entro il 2025 il primo impianto pilota, un piccolo reattore 4 metri per 4 per la produzione di energia da fusione a confinamento magnetico. Si chiamerà Sparc - al momento è in via di costruzione a Devens, a due passi da Boston - e permetterà di studiare la gestione della potenza e la stabilità del plasma.

Kerry punta a una partnership internazionale in vista della Cop28

Sparc farà da banco di prova di Arc, il primo reattore su scala industriale completo dei sistemi per la raccolta di neutroni e per la produzione di energia e in grado di immettere in rete elettricità a zero emissioni: il traguardo è previsto per il 2030. Kerry conta di illustrare alla Cop28 una visione per una partnership internazionale finalizzata a un "futuro inclusivo dell'energia da fusione", che decenni di investimenti federali stanno trasformando "da un esperimento scientifico a una soluzione climatica emergente, grazie a decenni di investimenti dai programmi principali del dipartimento dell'energia".

Il commento di Descalzi

Una soluzione che passa da Cfs, startup che nel 2021 ha fatto un grande passo avanti perché è riuscita a creare dei magneti, dei superconduttori che trattengono il plasma per avere "il sole in una stanza" (la reazione fisica riprodotta è la stessa che alimenta il sole). Ci sono poi altre società che perseguono la fusione con una tecnologia diversa, usando i laser per concentrare l'energia su una pallina d'oro contenente idrogeno. Come ha fatto lo scorso dicembre un laboratorio in California, dove per un breve istante la quantità di energia proveniente dalla reazione di fusione ha superato quella concentrata sul bersaglio. Entrambi i metodi, in rivalità tra loro, hanno i loro ostacoli ma ormai la strada sembra segnata. "Siamo partiti da qui, nell'ecosistema di innovazione statunitense unico nel suo genere, il cui approccio dovrebbe essere visto come un modello per altri Paesi che si avvicinano a questa tecnologia. Ecco perché oggi siamo orgogliosi di condividere i progressi di Cfs con una persona lungimirante come John Kerry, che sta svolgendo un lavoro straordinario per accelerare in maniera concreta la transizione energetica a livello globale", ha commentato Descalzi, ricordando che l'impegno di Eni verso la decarbonizzazione "è forte, profondo e irreversibile e si basa su un percorso di trasformazione che abbiamo intrapreso già da 10 anni". 

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