Mes, Patto di Stabilità e Pnrr: i tre fronti aperti tra Ue e Italia

Economia
Lorenzo Borga

Lorenzo Borga

Le discussioni tra Roma e Bruxelles si infittiscono tra i tre dossier economici che impensieriscono il governo italiano. Proviamo a vedere a che punto sono

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Mes, Patto di Stabilità e Pnrr: il governo italiano è impegnato su tre fronti con l’Unione europea. In queste settimane le discussioni tra Roma e Bruxelles vanno avanti. Vediamo a che punto sono questi tre dossier economici.

La modifica del Pnrr

Il governo italiano fin dalle elezioni dello scorso settembre ha annunciato la volontà di rivedere il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (LO SPECIALE DI SKY TG24) negoziato nel 2021. Non ha però ancora presentato le richieste formali di modifica, che Commissione Ue prima e Consiglio degli Stati membri poi dovranno valutare ed eventualmente approvare.

 

Queste richieste andranno negoziate assieme al nuovo capitolo da aggiungere al Pnrr, quello di Repower Eu. Si tratta di un nuovo fondo europeo per gli investimenti in energia e sostenibilità ambientale, approvato dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Nel regolamento europeo è scritto che i paesi membri dovrebbero presentare i piani entro fine aprile, ma potrebbero ritardare le scelte fino all’estate.

Una data da tenere però a mente è fine giugno. I fondi del Recovery (di cui l’Italia ha la fetta più grande) vengono infatti erogati solo se si rispetta la tabella di marcia e si passa l’esame comunitario. Così, per ottenere la quarta rata da 16 miliardi bisogna centrare 27 obiettivi e fra questi ce ne sono alcuni che il governo vuole rivedere e rimodulare. Il ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto ha portato in Parlamento tre esempi: i rifornimenti a idrogeno per le auto, l’ampliamento di Cinecittà, e gli asili nido.

 

L’Italia, per rinegoziare i progetti del Pnrr che hanno accumulato più ritardi, potrebbe scegliere di dirottare investimenti e soldi sui fondi di coesione, che hanno una scadenza programmata al 2029 (invece che il 2026). Oppure abbandonare alcuni progetti per dirottare fondi su investimenti che hanno più possibilità di essere completati.

 

Inoltre non va dimenticato che anche il destino della terza rata del Pnrr rimane incerto: 19 miliardi per gli obiettivi di fine 2022. L’Unione ha contestato alcuni punti e così questa tranche non è ancora arrivata. Ma il nodo si dovrebbe sciogliere a breve e comporterà la fuoriuscita dal perimetro del Pnrr dello stadio di Firenze e del complesso sportivo di Venezia, mentre non ci dovrebbero essere più problemi per le concessioni portuali e il teleriscaldamento.

La riforma del Mes

Secondo fronte aperto, questa volta con i paesi dell’Eurozona, è quello della ratifica della riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità. Concordata definitivamente a inizio 2021, manca ancora l’approvazione da parte del Parlamento italiano, l’unico che ancora non si è espresso positivamente dei 20 Stati membri.

Ratifica Mes

Il Mes è una sorta di assicurazione che tutela i paesi che vi hanno contribuito dal rischio di fallimento e di perdita di accesso ai mercati finanziari. Per questo gli Stati membri hanno versato nelle sue casse quasi 81 miliardi di euro.

 

La riforma prevede dei cambiamenti nelle modalità con cui i paesi possono ricevere assistenza finanziaria. Se ratificata, esisterà una linea di credito precauzionale destinata agli Stati che hanno mantenuto un rapporto deficit/Pil inferiore al 3% e una rafforzata che invece sarà utile a tutti gli altri. Criterio per accedere ai fondi sarà però avere un debito pubblico considerato – dalla Commissione Ue, dalla Bce e dal Mes stesso – “sostenibile” e ripagabile. La riforma prevede inoltre una rete di sicurezza ulteriore per le banche dell’Eurozona, sulle quali in caso di difficoltà potrà intervenire anche il Mes con un prestito – fino a 68 miliardi di euro – al Single Resolution Fund, il fondo di garanzia europeo dei depositi.

Numerone

In Italia il dibattito politico su questo strumento è molto acceso e il governo Meloni ha più volte affermato di voler emendare la riforma prima di ratificarla. Una modifica che richiederebbe nuovi negoziati tra i 20 paesi dell’area Euro e un nuovo passaggio di tutte le assemblee parlamentari.

La riforma del Patto di Stabilità

Ultimo in ordine di tempo, il terzo fronte aperto tra Roma e Bruxelles è quello della riforma del Patto di Stabilità. Sospese dal 2020 per la pandemia prima e la guerra in Ucraina poi, dall’anno prossimo le regole di bilancio europee torneranno in vigore. La riforma servirà a rivedere i parametri, renderli più flessibili e allo stesso tempo più efficaci, visto che parte delle regole in vigore fino al 2019 non sono state mai effettivamente applicate.

La Commissione Ue, dopo una lunga fase di consultazione, ha presentato la propria proposta che ora dovrà essere negoziata con gli Stati membri. I parametri di riferimento rimangono gli stessi di sempre (anche perché inseriti nei trattati) - il debito pubblico non dovrebbe superare il 60% del pil e il deficit annuo non può essere superiore al 3% - ma non ci saranno più regole fisse comuni a tutti per rientrare col bilancio, sarà invece prevista una trattativa diretta tra il singolo paese europeo e la Commissione.

 

Ogni paese – se la riforma entrerà in vigore – potrà negoziare un percorso fiscale per i prossimi 4 o 7 anni (se tra le spese compariranno investimenti green e digitali). Il percorso di riduzione del deficit – cioè dell’indebitamento anno per anno – potrebbe essere di circa mezzo punto percentuale all’anno. Ora la proposta passa sul tavolo dei ministri dell’economia dei 27 stati membri, sarà analizzata e discussa nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.

 

Bisognerà superare lo scetticismo dei paesi più rigoristi che non si fidano di regole troppo elastiche, ma il Commissario Gentiloni si dice fiducioso.

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