
Credit Suisse, la crisi e il crollo in Borsa: ecco cosa è successo
L’istituto di credito svizzero ha perso il 24,2% in Borsa a Zurigo il 15 marzo, innescando una tempesta di vendite sull'intero comparto bancario in Europa. Oggi invece il titolo è volato dopo la decisione di ricorrere a un prestito di 50 miliardi di franchi (54 miliardi di dollari) dalla banca centrale svizzera

La paura del contagio nel sistema bancario, dopo il fallimento della Silicon Valley Bank, è arrivata in Svizzera. Il tonfo di Credit Suisse sulla piazza di Zurigo del 15 marzo sui minimi di sempre, con un calo del 24,2% a 1,69 franchi, ha innescato da ieri una tempesta di vendite sull'intero comparto bancario in Europa. Oggi invece Credit Suisse è volata alla Borsa di Zurigo, dopo la decisione di ricorrere a un prestito di 50 miliardi di franchi (54 miliardi di dollari) dalla banca centrale svizzera
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Non è più dunque la Silicon Valley Bank americana a fare paura, ma la seconda banca elvetica, che oggi è in mani arabe. Proprio la Saudi National Bank, partecipata per il 37% dal fondo sovrano saudita, è il maggior azionista del Credit Suisse e, quando ha escluso un nuovo sostegno finanziario, ha scatenato la bufera su Zurigo
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Alla fine dello scorso anno la Saudi National Bank aveva acquistato una partecipazione del 9,88% dell'istituto in concomitanza con l'aumento di capitale da 4 miliardi di franchi. Al suo fianco ci sono Qatar Holding con il 5,03% e Olayan Group al 4,93% e insieme formano un blocco che sfiora il 20% del capitale. Fuori dall'area del Golfo si va negli Usa, con BlackRock appena sopra al 4%
Il crollo delle Borse Europee
"Stiamo seguendo da vicino gli sviluppi del settore bancario dell'Ue e siamo in contatto con le autorità competenti europee e nazionali responsabili della supervisione delle banche", ha detto una portavoce della Commissione europea interpellata in merito alle tensioni sul Credit Suisse. "Come di consueto - aggiunge - non commentiamo i movimenti quotidiani del mercato"

C'è chi, però, ha opinioni cupe: secondo l'amministratore delegato del fondo americano Larry Fink si paga oggi il prezzo di "decenni di denaro facile" e Robert Kiyosaki, l'investitore che aveva previsto il tracollo di Lehman Brothers nel 2008, ritiene che Credit Suisse sarà la prossima vittima. Nouriel Roubini afferma invece che la banca sia "troppo grande per fallire ma anche per essere salvata"

La banca svizzera naviga in cattive acque da tempo. Nel 2021 erano falliti i fondi speculativi Usa Archegos e Greensill, con un costo per Zurigo di oltre 6 miliardi di franchi (6,16 miliardi di euro). Da allora Credit Suisse ha cercato di fare quadrato con l'avvicendamento tra Thomas Gottstein e Ulrich Korner alla guida del gruppo e mettendo a punto una strategia di rilancio e di tagli, ma il 2021 si è chiuso con un rosso di 1,5 miliardi di franchi

L’anno prima invece era in utile per 2,7 miliardi di franchi (-22%). Il 2022 invece è stato ancora più difficile, con una perdita annunciata di oltre 7 miliardi di franchi. Un dato previsto da S&P, che lo scorso 9 febbraio ha tagliato il rating a 'Bbb-', indicativo di una situazione deteriorata

Dopo i rilievi della Sec, l'autorità dei mercati Usa, che ha messo in dubbio l'attendibilità delle comunicazioni finanziarie precedenti, l'allarme rosso è scattato già martedì. Il definitivo affossamento del titolo però è avvenuto ieri, dopo che il presidente della Banca Nazionale Saudita Ammar Al Khudairy ha fatto un passo indietro per motivi statutari

Su Credit Suisse si è concentrata anche l'attenzione delle istituzioni e della politica internazionale. La Bce sta chiedendo alle banche di tutta Europa di comunicare la loro esposizione sull'istituto di Zurigo. La premier Giorgia Meloni ha annunciato la "massima attenzione del governo sui mercati finanziari", mentre il primo ministro francese Elisabeth Borne ha chiesto alle autorità svizzere di "intervenire" direttamente

Intanto emerge che Ubs e Credit Suisse sarebbero contrari a una fusione spinta dalle autorità e dal governo elvetico. Lo riferisce l'agenzia Bloomberg secondo cui Ubs, la prima banca elvetica, vorrebbe continuare nella sua strategia e sarebbe riluttante a farsi carico dei rischi correlati al Credit Suisse. La quale, a sua volta, vorrebbe proseguire da sola nel suo piano di ristrutturazione, dopo aver guadagnato tempo grazie alla linea di credito da 50 miliardi di franchi messa a disposizione dalla Banca centrale svizzera.

Inoltre, emerge che il tesoro Usa è in contatto con la sua controparte svizzera per la crisi di Credit Suisse, che però è una questione distinta, non correlata all'attuale contesto economico e bancario americano, come ha detto la portavoce della presidenza Karine Jean-Pierre
Credit Suisse, banche centrali fanno quadrato. Anche Ubs in campo