
Quando posso andare in pensione? La simulazione Inps per la generazione X (1965-1980)
L'occupazione in Italia sta tornando sui livelli pre-pandemia, ma rispetto al 2019 il numero delle ore lavorate è in calo. Un rapporto Inps evidenza problemi storici del nostro Paese, ma si spinge anche in previsioni future: una simulazione esamina nel dettaglio la situazione pensionistica della cosiddetta generazione X, che comprende i nati tra il 1965 e il 1980

Il rapporto Inps presentato dal presidente Pasquale Tridico evidenzia problemi storici del nostro Paese come le disuguaglianze territoriali e di genere. Ma si spinge anche in previsioni future, come l'esame della situazione previdenziale dei lavoratori di oggi, la cosiddetta generazione X
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Per generazione X si intendono i nati tra il 1965 e il 1980, ovvero coloro che per primi sono stati coinvolti dalle riforme che, a partire dagli anni Novanta, hanno reso più flessibile - e meno garantito - il mercato del lavoro
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Secondo i dati dell'Inps, il montante contributivo, cioè il capitale che il lavoratore ha accumulato nel corso degli anni lavorativi, si riduce progressivamente a causa di carriere lavorative via via meno stabili
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In particolare, i nati nel 1980 dovrebbero lavorare circa 3 anni in più per ottenere lo stesso assegno di quelli del 1965, mentre tra un uomo nato in quest'ultima data e una donna più giovane di 15 anni la differenza sale a 5 anni e 8 mesi
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Secondo la simulazione, le differenze si attenuerebbero con l'introduzione del salario minimo. Al compimento dei 65 anni, con un'attività lavorativa di 30 (e quindi con 15 scoperti) e la contribuzione relativa al solo ipotetico salario minimo (9 euro l'ora) si raggiungerebbe una pensione mensile di 750 euro, che è comunque più alta dell'attuale trattamento pensionistico minimo
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Ma il problema principale del nostro sistema pensionistico è il calo demografico: con le tendenze attuali l'istituto avrebbe nel 2029 un patrimonio netto negativo per 92 miliardi, per effetto dei disavanzi che si accumuleranno anno per anno

Di per sè il dato non deve preoccupare i percettori presenti e futuri di pensione, perché le prestazioni Inps sono garantite dal bilancio dello Stato. Ma un disavanzo del genere pesa sulle casse del Paese, e dà un'idea sugli scenari che si stanno delineando, nonostante le riforme previdenziali degli anni passati

Sul piano delle riforme, dal 2023 potrebbero essere introdotti ulteriori elementi di flessibilità, al posto dell'attuale quota 102: le diverse proposte sul tavolo hanno però costi diversi per i lavoratori e per lo stato

Una proposta arriva direttamente dal presidente Inps, e prevede l'anticipo a partire dai 63 anni della sola quota contributiva della pensione ed ha un costo stimato di circa 2,5 miliardi al 2030

Lateralmente al sistema pensionistico, altre simulazioni pubblicate nel rapporto Inps sono state fatte in materia di incentivi all'occupazione, principalmente attraverso lo strumento della decontribuzione. Il risultato è che la riduzione dell'importo dei contributi per i lavoratori funziona meglio quando l'intervento è mirato (giovani, donne, apprendisti) e non applicato generalmente su un territorio