Monte Paschi, serve più tempo e altri soldi pubblici

Economia

Simone Spina

Fallito il negoziato con Unicredit, il governo potrebbe chiedere all’Ue una proroga per la privatizzazione della banca senese. L’istituto ha bisogno di altri fondi e, se non si trova un compratore in pochi mesi, dovrà pensarci di nuovo lo Stato

Lo scenario è tutto da scrivere e all’orizzonte potrebbe esserci una nuova iniezione di soldi pubblici per tenere in piedi Monte dei Paschi.

Dopo il naufragio delle trattative con Unicredit, il governo, che è il principale azionista dell’istituto (col 64,2 per cento) in seguito al salvataggio del 2017 costato 5,4 miliardi, potrebbe chiedere più tempo all’Europa per intavolare nuovi negoziati nella speranza di trovare un altro compratore.

Secondo le regole comunitarie, la mano pubblica deve lasciare Siena entro la fine dell’anno, una circostanza che adesso sembra molto lontana. Ecco perché se Bruxelles concederà una proroga, e nei prossimi mesi non si presenterà nessuno, potrebbero essere necessari altri denari pubblici.

Per rafforzare le fondamenta del Monte, il più antico istituto di credito al mondo, servirebbero circa tre miliardi. Un esborso notevole per i contribuenti italiani ma che, a conti fatti, risulterebbe più basso di quello chiesto da Unicredit.

Il piano dell’istituto guidato da Andrea Orcel, una delle maggiori banche italiane, avrebbe comportato al governo una spesa di oltre otto miliardi, circa tre in più di quanto calcolato da Palazzo Chigi, sulle cui spalle sarebbe comunque rimasta la zavorra dei crediti deteriorati, cioè quelli difficili (o impossibili) da incassare, e la gestione degli esuberi tra il personale, stimati in circa un terzo degli attuali 20 mila dipendenti.

Il naufragio della vendita, che era in pratica una ri-privatizzazione, non scioglie queste incognite e riaccende il risiko bancario nel nostro Paese.

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