Crisi Evergrande, ore decisive per il futuro del colosso immobiliare cinese

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Con un debito superiore ai 300 miliardi di dollari, il secondo maggiore sviluppatore immobiliare della Cina rischia il fallimento. Fissata per giovedì la scadenza di un rimborso da 84 milioni. Si attende una mossa dal governo di Pechino, mentre gli investitori protestano sotto la sede a Shenzhen

Ore decisive per il futuro di Evergrande. Il secondo maggiore sviluppatore immobiliare cinese rischia il fallimento, e ha messo così in allarme i mercati finanziari di tutto il mondo. Con un debito accumulato superiore ai 300 miliardi di dollari, nel corso dell’anno ha perso l’80% del valore di Borsa. È fissata per giovedì 23 settembre la scadenza del rimborso di 84 milioni di dollari d’interesse da rimborsare.

Lo spettro 'Lehman Brothers'

Il settore immobiliare rappresenta circa il 15% del Pil cinese. Se altre società del gruppo di Evergrande, che ha interessi in vari settori, finissero per essere coinvolte l’indebitamento crescerebbe ancora. Molti parlano di un ‘momento Lehman Brothers' per l’economia asiatica, ricordando la crisi economica che divenne globale e che partì proprio dallo scoppio di una bolla immobiliare statunitense nel 2008. Fondata a metà anni Ottanta, conta più di 1300 progetti in 280 città della Cina, entrando anche nel settore delle auto elettriche e del calcio.

Un frame di Giuseppe De Longhi, patron dell'omonimo gruppo, che con la sua segretaria personale è indagato per insider trading nella cessione del 74,97% di DeLclima, società dello stesso gruppo, a Mitsubishi Electric Corporation, avvenuta nell'agosto del 2015, quando la società di climatizzazione era quotata alla Borsa di Milano. ANSA/YOUTUBE/ANTENNA 3 ++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY ++

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Le proteste degli investitori

Mentre davanti alla sede centrale di Evergrande di Shenzhen e in altre città cinesi migliaia di piccoli proprietari e azionisti protestano e chiedono il rimborso dei loro investimenti, la società ha ammesso alcune irregolarità interne e si è impegnata ad iniziare il pagamento dei suoi debiti nei confronti dei fornitori. Vicina al governo di Pechino per molti anni, non è ancora chiaro se ci sarà un intervento pubblico economico. Intanto, la compagnia ha annunciato che offrirà titoli di proprietà degli immobili, di cui ha ampia disponibilità, ai creditori che accetteranno la conversione del credito.

La fabbrica è la stessa ma da un giorno all'altro è cambiato il lavoro. Non più abiti da cucire, libri da stampare, borse da confezionare o capi di alta moda, ma mascherine igieniche per proteggersi e proteggere contro il Covid 19. E' la svolta solidale delle migliaia di lavoratori delle aziende che hanno deciso di cambiare produzione, a volte macchinari spesso materie prime, per dare una mano nell'emergenza coronavirus. Una novità anche per Graziella Balbino che dopo 37 anni di drappeggi e pinces a tailleur e pantaloni, si è trovata a cucire mascherine. "Con i guanti il tessuto all'inizio scivolava, ora mi sono abituata e sono orgogliosa di questo progetto", spiega la responsabile dell'atelier di Alba del gruppo Miroglio.
ANSA/UFFICIO STAMPA MIROGLIO
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