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Pensioni, dall’Ape sociale ai lavoratori fragili: le ipotesi sul dopo Quota 100
Con l’avvicinarsi della fine del sistema dei pensionamenti anticipati con almeno 62 anni d'età e 38 di contributi, si pensa agli scenari futuri e a come attutire l'impatto dello “scalone” che si prospetta tra la fine del 2021 e l'inizio del 2022. Sul tavolo diverse idee, fra cui la divisione fra parte contributiva e retributiva, un’Opzione donna più strutturale un Quota 102 e un Quota 41

Dividere le pensioni in due parti, ma anche Ape sociale, Opzione donna, Quota 41 e Quota 102. Sono diverse le ipotesi sul tavolo - riporta il Sole 24 Ore - per affrontare quello che a fine anno sarà il termine di Quota 100, i pensionamenti anticipati con almeno 62 anni d'età e 38 di contributi voluti con una sperimentazione triennale dal primo governo Conte. Al centro delle misure al vaglio l’obiettivo di attutire l'impatto dello “scalone” che si prospetta tra la fine del 2021 e l'inizio del 2022
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DIVIDERE IN DUE LE PENSIONI - L’idea del presidente dell’Inps Pasquale Tridico è quella di "permettere a 62-63 anni di uscire con la parte puramente contributiva" e poi di ottenere "la parte retributiva al raggiungimento dell'età ordinaria a 67 anni. Una forma che sarebbe sostanzialmente neutra in termini di impatto fiscale e garantirebbe una certa flessibilità" e che "si potrebbe legare anche a forme di permanenza nel mercato del lavoro"
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Tridico ha anche rimarcato l'attenzione sui soggetti fragili, proponendo di prevedere "una misura per gli immunodepressi oncologici. A 62-63 anni si potrebbe prevedere uno scivolo aggiuntivo rispetto all'Ape sociale"
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LAVORATORI FRAGILI - In linea con quanto detto da Tridico, rimane la questione dei lavoratori fragili, ovvero con particolari patologie, per i quali potrebbe essere previsto un percorso di pensionamento agevolato e flessibile (magari con “Quota” relativamente bassa)

OPZIONE DONNA - Potrebbe diventare quasi strutturale l’Opzione donna, che permette ancora per tre anni alle lavoratrici di andare in pensione a 58 anni (59 se “autonome”) con 35 anni di contributi, ma con il calcolo interamente contributivo dell'assegno

QUOTA 102 - Fra le opzioni anche quella riesaminata dallo scorso governo di Quota 102, ovvero l'uscita anticipata con almeno 63-64 anni d'età e 39-38 anni di versamenti, ma con un sistema di penalità “a crescere” (imperniato sul ricalcolo contributivo) per ogni anno d'anticipo rispetto alla soglia di 67 anni
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APE SOCIALE - Prorogata per tutto il 2021, potrebbe essere prolungata anche la misura dell’Ape sociale, l'anticipo pensionistico per gli almeno 63enni di alcune categorie di lavoratori in difficoltà
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MANSIONI USURANTI CON CORSIA PREFERENZIALE - L’ipotesi di base presa in considerazione dal Mef è quella di un ritorno alla legge Fornero estendendo e rendendo più flessibili i percorsi per uscire anticipatamente previsti per specifiche categorie, come quella dei lavoratori di attività considerate gravose e usuranti

LA STAFFETTA PER I GIOVANI - Si pensa anche ai giovani, con l’idea di favorire la “staffetta generazionale” rafforzando i contratti d'espansione che permettono di mandare in pensione fino a 5 anni prima della soglia dei 67 anni i lavoratori, con contemporanea assunzione di giovani. Uno strumento che potrebbe essere affiancato da un'isopensione con meno vincoli per le aziende

LE POSIZIONI POLITICHE E SINDACALI - La Lega vorrebbe Quota 41, ovvero l’uscita al 41esimo anno di contribuzione a prescindere dall'età, come ha indicato il sottosegretario all'Economia Claudio Durigon. Anche il Pd guarda alle “quote basse”, con l'ex capogruppo dem alla Camera, Graziano Delrio, che ha lanciato la proposta di uscire con Quota 92 (62 anni di età e almeno 30 di contributi) per i lavoratori impegnati in mansioni usuranti. Il M5s vorrebbe introdurre dal 2022 un sistema flessibile di uscite, mentre i sindacato guardano con favore a Quota 41