L’azienda di Albino, in Val Seriana, oggi può parlare di una ripresa a livelli pre-Covid. Grazie a delle scelte azzeccate, durante la pandemia ha aumentato del 60% le vendite sul canale digitale, riuscendo a rimanere sul mercato.
“Dobbiamo tenere i canali di ascolto aperti e poter rischiare, solo così possiamo competere con il mondo globale. Siamo una realtà media italiana, non abbiamo le dinamiche da multinazionale ma in una piccola parte le dobbiamo vivere e dobbiamo competere”. Guido Acerbis è l’amministratore delegato della Acerbis che produce ricambi e accessori per moto e abbigliamento sportivo. La sede è ad Albino, nel cuore di quella Val Seriana colpita duramente dal Covid. Nonostante a marzo e aprile si siano trovati nell’occhio del ciclone della pandemia sono riusciti a rimanere sul mercato e oggi possono parlare di una ripresa a pieno regime, a livelli pre Covid. Niente crisi quindi, merito di scelte azzeccate fatte solo qualche mese prima.
La digitalizzazione
Già da una decina di anni l’azienda aveva investito sul digitale, ma è stato verso la fine del 2019 che hanno deciso di implementare questo canale, con siti web e piattaforme che permettessero di dialogare con i clienti e fornissero loro tutti i servizi di assistenza necessari. È così che durante il periodo più duro del lockdown quando ad Albino, come nelle confinanti Nembro e Alzano si contava il più alto numero di vittime in Italia, l’azienda ha potuto continuare a vendere -da remoto- in 90 Paesi del mondo, ma soprattutto negli Stati Uniti, uno dei loro principali mercati di esportazione. “Sul canale digitale in quel periodo abbiamo aumentato le vendite del 50-60%” spiega Guido Acerbis. Questo ha permesso loro di presidiare il mercato e non perdere la posizione sul mercato.
Le esportazioni nel mondo che cambia
“Le esportazioni hanno una serie di penalizzazioni cui bisogna far fronte. Il trasporto, i dazi, benché il nostro settore non sia stato particolarmente toccato dagli aumenti, quelli che c’erano bisogna continuare a pagarli e poi si aggiunge l’effetto del dollaro”. La prossima sfida da affrontare è proprio questa, un dollaro debole che potrebbe insidiare le esportazioni. Per far fronte al rischio dei dazi, un anno fa la Acerbis ha acquisito un’azienda concorrente in North Carolina. Un’azienda produttiva che al momento sta continuando a lavorare come prima. Ma se il dollaro si dovesse indebolire ulteriormente sarebbe lì, pronta per attuare quello che Acerbis chiama “il piano b”.
La soglia dell’1,25
“Se il cambio rimane sotto l’1,25 possiamo continuare a produrre in Italia ed Europa, ma oltre questa soglia non ne vale più la pena. In quel caso saremmo pronti a spostare parte della produzione negli Stati Uniti”. Acerbis ci mostra un paramano, un oggetto da montare sulle moto da cross per riparare le mani dai sassi. “Questo prodotto esce dalle nostre fabbriche a 10 euro ma sul mercato americano arriva a 40 dollari, per effetto del trasporto, dei dazi e del ricarico della rete di vendita. Aumentare il prezzo di un dollaro a causa del cambio porterebbe il prezzo finale a 44 dollari, non saremmo più competitivi nei confronti dei nostri concorrenti americani”. Il risparmio non sarebbe solo sul cambio. Il costo del lavoro in alcuni stati americani è molto inferiore rispetto a quello che abbiamo in Italia. “Si parla di 5-6 dollari di differenza all’ora. Un dipendente in Italia costa 19-20 euro all’ora, in North Carolina 13-14”. L’effetto di questo spostamento di produzione comporterebbe una perdita di posti di lavoro in Italia che verrebbero creati negli Stati Uniti.