Ex Ilva-ArcelorMittal, governo: ci sono basi per un accordo ma il recesso va revocato

Economia

La multinazionale e i commissari del polo di Taranto hanno annunciato che entro la fine di febbraio dovrebbe essere raggiunta l’intesa, ottenendo il terzo rinvio della causa civile in corso a Milano. Ancora da sciogliere i nodi del finanziamento e dell'occupazione

"L'intesa tecnica raggiunta in data odierna fra i rappresentanti legali di ArcelorMittal e quelli di Ilva in Amministrazione Straordinaria rappresenta un passo importante verso un complessivo miglioramento dell'assetto dello stabilimento di Taranto”, ma resta il “presupposto che ArcelorMittal revochi il suo proposito di recesso e rinunci alla azione civile intrapresa presso il Tribunale di Milano". È quanto fa sapere il governo in una nota congiunta di Palazzo Chigi, Mef e Mise dopo che la multinazionale e i commissari dell'ex Ilva, tramite i loro legali, hanno annunciato al Tribunale di Milano che entro la fine di febbraio dovrebbe essere raggiunto l'accordo sullo stabilimento di Taranto. Il giudice ha quindi disposto un nuovo rinvio, il terzo, della causa civile avviata dopo che la multinazionale aveva manifestato, con tanto di atto di citazione, la volontà di lasciare la guida dell'acciaieria (LE TAPPE).

“Fare del polo siderurgico un leader europeo dell'acciaio verde”

“Sono state poste le basi - si legge nella nota congiunta - per arrivare, entro la fine del mese, a un nuovo rapporto contrattuale tra le parti che preveda, fra l'altro, la concreta possibilità di un investimento pubblico nella società che gestisce l'impianto, in modo da garantire ancor più efficacemente il perseguimento della politica industriale del Governo, che mira a coniugare ambiente, innovazione, occupazione e crescita". Inoltre, dice il governo, "il nostro obiettivo è quello di fare del polo siderurgico di Taranto un leader europeo dell'acciaio verde, creando nel Mezzogiorno il primo esempio concreto di attuazione del Green New Deal, motivo per il quale ci aspettiamo, peraltro, che l'Unione Europea guardi con favore a questo ambizioso e sfidante progetto. Con l'auspicato intervento dello Stato si avvia un nuovo ciclo di investimenti su cui il Governo potrà esercitare un controllo diretto per assicurare crescita e sostenibilità ambientale e sociale". Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte: “Si continua a lavorare e si lavora nella direzione che il governo ha sempre richiesto".

I nodi da sciogliere: finanziamenti e occupazione

Ci vorranno ancora quindi tre settimane prima che il gruppo franco indiano e l'Ilva in amministrazione straordinaria arrivino a mettere nero su bianco e a formalizzare un'intesa sul piano industriale, già abbozzato lo scorso 20 dicembre con un protocollo siglato in Tribunale. Intesa che porti a una modifica del contratto con cui oltre un anno fa la multinazionale si era impegnata ad acquisire il polo siderurgico. Da sciogliere definitivamente ci sono ancora i nodi del finanziamento con i suoi tempi e con l'eventuale ingresso di Cdp o di Invitalia o nel capitale di ArcelorMittal o in una Newco orientata verso una tecnologia “verde”, e poi quello che riguarda l'occupazione. Tema quest'ultimo, è stato riferito, su cui ci sono accordi di principio, mentre la futura eventuale clausola di uscita di ArcelorMittal dipende dal "ruolo di terzi".

Cosa succede in caso di accordo

"ArcelorMittal resta a Taranto" e "abbiamo ribadito l'impegno di mantenere la produzione", ha spiegato l'avvocato Roberto Bonsignore, che ha parlato al termine dell'udienza a fianco dell'ad del gruppo Lucia Morselli. Con l'intesa definitiva, che oggi è stata data per quasi certa, da un lato, Mittal ritirerebbe il suo atto di citazione con cui lo scorso novembre ha chiesto l'accertamento del recesso dal contratto e, dall'altro, i commissari ritirerebbero il ricorso cautelare d'urgenza contro l'addio del gruppo. E a quel punto nell'udienza, fissata per il prossimo 6 marzo, verrebbe formalizzato l'accordo raggiunto e la causa in corso di fatto verrebbe cancellata.

Cosa succede se l’accordo dovesse saltare

Se, invece, la negoziazione dovesse saltare, il contenzioso civile andrà avanti e le parti saranno costrette quel giorno a discutere in aula, perché non ci saranno più rinvii o proroghe. Scenario il secondo che tutti, stamani in Tribunale, tendevano ad escludere ritenendo che, come ha detto uno dei legali della multinazionale, Ferdinando Emanuele, "la soluzione transattiva, bonaria e industriale sia la migliore per tutti".

I sindacati al Mise: “Convocare un tavolo urgente”

I sindacati, però, esprimono preoccupazione. "Dopo mesi di trattative e mancato coinvolgimento delle organizzazioni sindacali, ancora non si conoscono nel dettaglio gli elementi dell'intesa. Il rischio è che questo ennesimo rinvio possa appesantire ancora di più la situazione all'interno degli stabilimenti", ha affermato Rocco Palombella, Segretario Generale Uilm. La Fiom, tramite la segretaria generale Francesca Re David e il segretario nazionale responsabile per la siderurgia Gianni Venturi, parlano di "una fase di ulteriore incertezza" e chiedono che il ministero dello Sviluppo economico convochi "un tavolo urgente", altrimenti "sarà necessaria una mobilitazione".

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