Tasse, Cgia: gli italiani pagano 33,4 miliardi in più rispetto alla media Ue

Economia

I dati fanno riferimento al 2018, si tratta di un differenziale che “pesa” quasi due punti di Pil. Abbiamo corrisposto al fisco 552 euro in più, in termini pro capite, rispetto alla media dei cittadini europei

Gli italiani, nel 2018, hanno pagato 33,4 miliardi di euro di tasse in più rispetto all'ammontare complessivo medio versato dai cittadini dell'Unione Europea. A dirlo è l'Ufficio studi della Cgia che ha comparato la pressione fiscale dei 28 Paesi dell'Ue e, successivamente, ha calcolato il gap esistente tra l'Italia e ciascun Paese appartenente all'Unione. In termini pro capite, abbiamo corrisposto al fisco 552 euro in più rispetto alla media dei cittadini europei. Si tratta di un differenziale che "pesa" quasi 2 punti di Pil.

Cgia: "Con la prossima manovra è necessario uno scossone"

Il coordinatore dell'Ufficio studi, Paolo Zabeo invita la politica ad attivarsi concretamente per migliorare la situazione economica del Paese. "Il tempo degli slogan e delle promesse è terminato - ha denunciato - con la prossima manovra di Bilancio è necessario uno scossone che nel giro di qualche anno riduca di 3-4 punti percentuali il peso delle tasse". Zabeo ritiene che "considerata la delicata situazione dei nostri conti pubblici" tale intervento sarebbe praticabile "solo ed esclusivamente se si riuscirà ad abbassare, di pari importo, la spesa pubblica improduttiva e una parte dei bonus fiscali". Operazione, quest'ultima, che per il coordinatore appare difficilmente perseguibile: "A confermarlo sono i risultati ottenuti in questi ultimi 10 anni".

"Troppe tasse hanno innescato processi viziosi"

Anche se gli esecutivi che si sono succeduti "si sono cimentati con grande determinazione sul versante della spending review", per la Cgia "gli esiti sono stati insoddisfacenti". Le troppe tasse, inoltre, sono un problema non solo perché mettono a repentaglio la tenuta finanziaria di tante famiglie e altrettante imprese, ma anche poiché hanno innescato nel sistema economico dei processi viziosi molto pericolosi. "Con un peso fiscale opprimente - ha spiegato il segretario della Cgia, Renato Mason - e una platea di servizi erogati dall'Amministrazione pubblica che negli ultimi anni è diminuita sia in termini di qualità che di quantità, la domanda interna e gli investimenti hanno subito una caduta verticale. Inoltre, è diventato sempre più difficile fare impresa, creare nuovi posti di lavoro e redistribuire la ricchezza. Alle piccole e piccolissime imprese, l'effetto combinato tra il calo dei consumi delle famiglie e la contrazione dei prestiti bancari ha provocato molti squilibri finanziari, costringendo tantissimi lavoratori autonomi a chiudere l'attività e a cambiare mestiere".

La pressione fiscale è di 6 punti superiore 

La Cgia inoltre ha ricordato che la pressione fiscale "reale" presente nel nostro Paese è di 6 punti superiore al dato "ufficiale". Il nostro Pil, infatti, come del resto quello di altri Paesi dell'Ue, include anche gli effetti dell'economia non osservata che, secondo le ultime stime dell'Istat, ammontano a 209 miliardi di euro all'anno. Questa "ricchezza", generata dalle attività irregolari e illegali, se da un lato non fornisce alcun contributo all'incremento delle entrate fiscali, dall'altro accresce la dimensione del Pil. Nel 2018 in Europa solo Francia, Belgio, Danimarca, Svezia, Austria e Finlandia hanno pagato mediamente più tasse di noi. Se avessimo la pressione fiscale della Germania verseremmo 24,6 miliardi di tasse in meno (407 euro pro capite), dell'Olanda 56,2 (930 euro pro capite), del Regno Unito 114,2 (1.888 euro pro capite) e della Spagna 119,5 (1.975 euro pro capite).

"La Flat Tax potrebbe interessare un numero ristretto di soggetti"

La flat tax, per gli artigiani, potrebbe non essere la soluzione a far scendere la pressione fiscale italiana a un livello accettabile. "Se i numeri in circolazione in queste settimane saranno confermati - ha sostenuto la Cgia - pare che già oggi sulla maggior parte dei contribuenti Irpef gravi un'aliquota effettiva inferiore al 15%. Pertanto, l'applicazione della tassa piatta rischia di interessare un numero ristretto di soggetti con redditi medio-alti". Per ottenere dei risultati utili all'economia del Paese bisognerà trovare risorse per realizzare una decisa riduzione delle imposte. Se difficilmente saranno compensate da un risparmio della spesa, il ministro Tria, seppur critico sulla flat tax, pare abbia in mente la soluzione: il taglio dell'Irpef potrebbe essere in parte coperto da un aumento dell'Iva, anche in forma selettiva. Operazione che, secondo la Cgia, favorirebbe sicuramente le esportazioni, come sostengono i tecnici di via XX Settembre, ma penalizzerebbe i consumi interni. In  questo caso a pagare il conto non sarebbero solo le famiglie, in particolar modo quelle meno abbienti, ma anche gli artigiani, i piccoli commercianti e i lavoratori autonomi che vivono quasi esclusivamente di domanda interna. Gli artigiani mestrini, inoltre, ricordano che, nell'ipotesi peggiore, se non verranno recuperati entro la fine di quest'anno 23,1 miliardi di euro, l'aliquota ordinaria passerà dal 22 al 25,2%, mentre quella ridotta salirà dal 10 al 13%.

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