Partita IVA a regime forfettario 2019: come funziona l'imposta al 15%

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Come funziona l'imposta al 15%, quali sono i suoi limiti e i vantaggi. E cosa deve essere riportato in ciascun documento emesso

La legge di bilancio 2019 ha ridisegnato il confine del cosiddetto "regime forfettario", un regime fiscale semplificato per chi abbia una partita Iva (autonomo o impresa) e rispetti alcuni limiti.

Come funziona il regime forfettario

Il nuovo regime forfettario ha innalzato il limite di fatturato al di sotto del quale è applicabile. Passa da 30mila a 65mila euro. Se la cifra rispetta questo vincolo, si applica un'aliquota del 15%. Se l'attività è nuova (il contribuente non deve aver esercitato nei tre anni precedenti), per cinque anni il regime è ancor più vantaggioso: 5%. È una quota "forfettaria" perché sostituisce le imposte ordinarie consuete: sulle persone fisiche, addizionali regionali e comunali, Irap. Oltre quindi ad avere un minor carico fiscale, il regime consente una gestione semplificata della propria attività. Chi applica il regime forfettario, infatti - come ricorda l'Agenzia delle Entrate - non addebita l'Iva in fattura ai propri clienti e non detrae l'Iva sugli acquisti, non liquida l'imposta, non la versa, non è obbligato a presentare la dichiarazione e la comunicazione annuale Iva, non deve comunicare le operazioni rilevanti ai fini Iva (il cosiddetto spesometro). Visto questo particolare trattamento, i contribuenti non hanno diritto a detrazioni. Il che rende vantaggioso il regime soprattutto per chi ha basse spese da sostenere. Nel caso in cui si superi il vincolo dei 65mila euro, si viene esclusi dal regime forfettario a partire dall'anno di contribuzione successivo, senza la possibilità di rientrare anche nel caso in cui si rientri sotto il tetto.

I dati da inserire sulla fattura

Il regime forfettario esonera i contribuenti dagli "obblighi di registrazione e tenuta delle scritture contabili" e le dichiarazioni non rientrano negli studi di settore. Tuttavia, anche chi aderisce al "forfettario" deve conservare le fatture emesse, compilarle correttamente e fornire nella dichiarazione dei redditi alcune informazioni relative alla propria attività. La fattura deve contenere nome, cognome, indirizzo, partita Iva e coordinate bancarie di chi effettua la prestazione. E riportare gli stessi dati (coordinate bancarie escluse) relativi al cliente. La fattura deve poi avere un proprio numero, progressivo nel corso dell'anno, e la data di emissione; l'importo del compenso e gli eventuali contributi previdenziali (che variano a seconda della cassa cui si fa riferimento). Mentre non dovrà essere aggiunta l'Iva proprio in virtù del regime forfettario. Va però pagato un bollo da 2 euro per ogni fattura che supera i 77,47 euro: può essere applicato "fisicamente" su ciascuna fattura o in modo virtuale (pagando l'importo in un'unica soluzione).

La dicitura finale

Per far sì che la fattura venga "letta" come espressione del regime forfettario, oltre ai dati appena indicati deve contenere, sul fondo del documento, una dicitura che indica i riferimenti normativi: "Operazione effettuata ai sensi dell’articolo 1, commi da 54 a 89, della Legge n. 190/2014 così come modificato dalla Legge numero 208/2015 e dalla Legge 145/2018. Si richiede la non applicazione della ritenuta alla fonte a titolo d'acconto ai sensi dell'articolo 1 comma 67 della Legge numero 190/2014". Se il bollo è stato applicato fisicamente, va aggiunto: "Imposta di bollo da 2 euro assolta sull'originale per importi maggiori di 77,47 euro". In caso contrario la dicitura è: "Imposta di bollo assolta in modo virtuale ai sensi dell’articolo 15 del d.p.r. 642/1972 e del DM 17/06/2014".

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