Il ministro dell'Economia, nella premessa al Documento, scrive che si intende continuare "il processo di riforma delle imposte sui redditi e di generale semplificazione del sistema fiscale". In triennio 2019-21 ci saranno 133 miliardi di spesa in più
La flat tax ci sarà, ma senza aumentare l’Iva, “perché si prenderebbero in giro le persone”. A dirlo è il vicepremier Luigi Di Maio che ha escluso - insieme al collega Matteo Salvini - l’ipotesi di un aumento dell’Imposta sul valore aggiunto per finanziare la riforma fiscale contenuta nel Def. Un’ipotesi, questa, che secondo Di Maio nemmeno il ministro dell’Economia Tria ha mai considerato. Lo stesso Tria, nella premessa al Def, scrive che si intende continuare "il processo di riforma delle imposte sui redditi ("flat tax") e di generale semplificazione del sistema fiscale, alleviando l'imposizione a carico dei ceti medi. Questo nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica". Nel governo resta comunque aperto il confronto sulle misure previste, con Tria che segnala che nel triennio 2019-21 lo Stato spenderà 133 miliardi in più, in particolare per reddito di cittadinanza e quota 100, ma anche per il rilancio degli investimenti.
Tria: prudenti, ma puntiamo a crescita significativa
“Le previsioni ufficiali sono e devono essere di natura prudenziale”, scrive ancora Tria nell’introduzione del Def pubblicata ieri sera sul sito del Mef. Ma precisa che “il Governo punta a conseguire risultati ben più significativi in materia di crescita economica”. E sottolinea che la Legge di Bilancio "contiene una clausola che, in caso di deviazione dall'obiettivo di indebitamento netto, prevede il blocco di due miliardi di spesa pubblica”. “Per effetto dell'attivazione della riduzione di spesa prevista dalla legislazione vigente che, quindi, non costituisce una 'manovra' aggiuntiva”, spiega ancora il ministro, “il deficit di quest'anno è stimato al 2,4 per cento del Pil" (FMI TAGLIA LE STIME DI CRESCITA ITALIANA).
Rischi al ribasso per previsioni Pil nel 2019
Lo scenario programmatico indicato dal governo prevede inoltre “un aumento degli investimenti pubblici nel prossimo triennio, che dal 2,1 per cento del PIL registrato nel 2018 si porterebbero al 2,6 per cento del PIL nel 2022". "La previsione di crescita del Pil" dello 0,2% "per il 2019 è soggetta a rischi al ribasso, legati in particolare all'incertezza riguardante il commercio internazionale, alla minaccia del protezionismo, a fattori geopolitici e a cambiamenti di paradigma in industrie chiave quali l'auto e la componentistica”. Per il 2019, comunque, il governo conferma l'intenzione di realizzare proventi da privatizzazioni pari all'1% del Pil.