Tria: "Prematuro parlare di una manovra correttiva"

Economia

Durante il question time alla Camera, il ministro dell'Economia allontana l'ipotesi di un intervento a breve sui conti pubblici: "Accantonate e rese indisponibili" risorse "per 2 miliardi di euro", spiega. E "nel prossimo Def si aggiorneranno le previsioni economiche"

Parlare di "eventuale manovra correttiva risulta alquanto prematuro a poco più di due mesi dal confronto con le istituzioni europee che hanno valutato positivamente la manovra di bilancio a seguito del negoziato". Con queste parole il ministro dell'Economia Giovanni Tria, durante il question time alla Camera, allontana l’ipotesi di un intervento in breve tempo sui conti pubblici, dopo l’entrata in recessione dell’economia italiana nell'ultimo trimestre del 2018. "Sono state accantonate e rese indisponibili" risorse "per due miliardi di euro”, afferma Tria. Che poi però spiega: "Certamente nel prossimo Def si aggiorneranno le previsioni economiche: l'aggiornamento porterà a una valutazione e alla verifica dei saldi che saranno oggetto del confronto con l'Unione europea". Il documento di economia e finanza, ha assicurato il ministro, “verrà presentato secondo i termini di legge", vale a dire entro il 10 aprile.

"Margini di riserva più che sufficienti"

“Qualora dal monitoraggio dell'andamento dei conti pubblici si mostrasse coerente con gli obiettivi programmatici”, ha continuato Tria durante il question time, “al netto di maggiori entrate e dismissioni, gli accantonamenti con delibera del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell'Economia, possono essere resi disponibili”. I margini di riserva da due miliardi, afferma il ministro dell’Economia, “appaiono più che sufficienti".

Su Alitalia "no alla nazionalizzazione, soluzione di mercato"

Il ministro è stato interpellato anche sulla vicenda Alitalia e ha risposto escludendo ogni ipotesi di rinazionalizzazione. “La soluzione per Alitalia non può che essere di mercato", ha affermato. Al momeno l’ipotesi è che Delta e EasyJet possano ottenere fino al 40% delle quote, con il resto diviso tra società pubbliche italiane (ministero dell’Economia e Ferrovie dello Stato).

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