Finanza & Dintorni
Nel mezzo del cammin delle nostre banche tanti problemi chiamati crediti 'cattivi', non riscuotibili. E tanti salvataggi. Quanti sono stati finora? Sintetizzo tutto nel blog, dai Monti Bond ad oggi. Per tutti.
Dalla crisi del debito sovrano del 2011, nel mezzo del cammino delle nostre banche fusioni, salvataggi e molti sforzi per ridurre il livello dei loro crediti ‘cattivi’ e difficilmente riscuotibili.
Ma quanto ha speso finora lo stato per salvarle?
Si comincia con i Monti Bond. Quando il tesoro sottoscrive 3,9 miliardi di obbligazioni emesse dal Montepaschi, tutti – alla fine – rimborsati allo stato con gli interessi.
A novembre 2015 si trova una soluzione ‘privata’ ai problemi delle 4 banche Marche, Etruria, Cassa di risparmio Ferrara e Chieti per 4,7 miliardi di euro. Non c’è alcun esborso da parte dello stato.
A dicembre del 2016 la crisi torna ad attanagliare Mps e porta con sé la nazionalizzazione della banca e il risarcimento ai risparmiatori: lo Stato spende 5,4 miliardi di euro e il Ministero dell’economia diventa il primo azionista della banca. Per far capire quanto lo Stato sia in forte perdita su questo investimento basta citare un dato: il valore delle azioni Mps allora era pari a 6,9 euro, oggi veleggia sugli 1,5 euro.
A giugno 2017 si definisce il salvataggio delle banche venete. Il denaro stanziato affinché Intesa Sanpaolo ne gestisca la ristrutturazione è pari a 4,8 miliardi. Altri 6,4 miliardi vanno in garanzie pubbliche, cancellate subito dopo. A voler essere molto pignoli, nel costo va contata anche la partecipazione di Cassa Depositi e Prestiti e di Poste Italiane al Fondo Atlante.
Isomma, le stime relative agli stanziamenti pubblici complessivi, nel solo biennio 2016-2018, sono in una forchetta tra i 17,9 e i 24,1 miliardi (stime Lavoce.info e Osservatorio CPI).
A questi vanno aggiunti gli 1,5 miliardi inseriti in manovra a sostegno dei 300 mila piccoli investitori coinvolti nei dissesti bancari. E i 4 miliardi che lo Stato invece metterà a disposizione per Carige.
C’è qualche buona notizia. La racconta un indice il cui nome ai più dice poco: CET1. Quando lo trovate scritto o lo sentite nominare, sappiate che si tratta di un indicatore che esprime in modo sintetico e immediato la solidità del sistema bancario: è passato dal 6,9% nel 2008 al 14,3% nel 2017 (fonte Capital Economics). Altro dato positivo la diminuzione delle sofferenze che dal picco di novembre 2015 si sono ridotte di quasi il 60%.
Vale anche la pena ricordare che l’Italia ha speso molto meno degli altri paesi europei per i salvataggi bancari. A sborsare di più Regno Unito e Germania.
Eppure nell’ultimo anno le banche si sono trovate di nuovo in difficoltà, complice la fine del sostanzioso aiuto da parte della BCE e il timore, vista l'accelerazione della spesa pubblica, di un’ulteriore crescita del debito pubblico, già ad oltre il 130% del Pil. Proprio l'aumento dei rendimenti sui titoli di stato italiani – che significa - per contro - una diminuzione del loro valore - ha scosso nuovamente i bilanci delle banche nostrane, che in pancia hanno circa il 10% dei bond governativi.