Crollo della lira turca: la crisi di Ankara spaventa i mercati

Economia

Mariangela Pira

Finanza & Dintorni 

Il crollo della lira turca e la crisi economica di Ankara spaventa i mercati. Il punto centrale è la mancanza di indipendenza della banca centrale turca, comandata a bacchetta da Erdogan. E gli investitori non si fidano. 

Oggi non posso non parlarvi di Turchia.

A provocare il crollo odierno della lira turca è un articolo del Financial Times (leggete qui) che descrive l’esposizione di molte banche europee verso Ankara e, quindi, i timori di un contagio. Ora, questo è la notizia di oggi, ma cosa sta accadendo al paese? Cerco di sintetizzare qui gli aspetti più importanti.

I timori riguardano la gestione della politica economica turca con l’inflazione, ovvero l’aumento dei prezzi, che galoppa. In particolare si teme il controllo totale del Presidente Recep Tayiip Erdogan sui movimenti della valuta locale, un’ingerenza politica che crea scetticismo tra gli investitori internaizonali. Ed è ovvio siano scettici dato che pensano la banca centrale turca non sia indipendente ma al contrario alla mercé degli umori del suo presidente. Quel che è certo è che per Ankara è la peggior settimana dal 2008, quando il Paese fu investito da una crisi finanziaria. Il presidente turco dal canto suo ha invitato i suoi cittadini a non farsi prendere dal panico per il crollo della Lira, denunciando ‘campagne’ contro il suo paese.

Sullo sfondo sono crescenti le preoccupazioni anche dal punto di vista geopolitico, a partire dalle relazioni con gli Usa, sulla scia della crisi diplomatica per il religioso americano detenuto da Ankara. Le discussioni Erdogan le ha anche con l’Europa, che d’altra parte ha un interesse molto forte a far sì che il paese sia stabile, dato che conta su Ankara per la gestione dei flussi migratori. Attualmente vivono in Turchia tre milioni di rifugiati. 

Se questo è il quadro potete capire come la situazione sia complessa, e come si moltiplichino i timori per l’esposizione delle banche europee nel paese. La Banca Centrale Europea è preoccupata per la situazione e per eventuali ripercussioni sugli istituti bancari dell’eurozona.

Le banche italiane sono esposte per quasi 15 miliardi di euro verso Ankara. E’ quanto si ricava dalle tabelle della BRI, la Banca dei Regolamenti Internazionali. Gli istituti del nostro paese sono comunque meno esposti di Spagna, Francia, Gran Bretagna e Usa. Quando le banche sono esposte, significa che prestano soldi e un paese in crisi potrebbe aver difficoltà a rimborsare ai nostri istituti questi prestiti. 

Ma ci potrebbero essere anche altre conseguenze: i 19 membri dell’area euro sono esportatori netti in Turchia, ovvero vendono più di quanto comprano, e solo l’anno scorso hanno esportato oltre 60 miliardi di euro: se Ankara perdesse potere economico per acquistare beni stranieri, ci potrebbe essere un impatto diretto sulla crescita economica europea.  

Certo che la crisi turca dimostra come anche se un paese ha la sua banca centrale e stampa la propria moneta, può comunque andare in crisi. 

 

 

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