Dopo una lunga trattativa è stata siglata l'intesa per una partnership industriale di lungo termine. Tronchetti Provera alla guida fino al 2021: “Grande opportunità, garantito sviluppo e stabilità”. Sede e centro di ricerca rimarranno in Italia
ChemChina è il nuovo socio forte di Pirelli. Dopo una lunga domenica di riunioni tecniche il Cda di Camfin si è riunito in serata per il via libera definitivo all'accordo con cui trasferirà il 26,2% di Pirelli alla newco in cui il gruppo di Haidian avrà il 65% e il 35% sarà di Nefgarant (Rosneft) e Coinv (Tronchetti Provera e storici alleati, Unicredit e Intesa Sanpaolo). "L'accordo rappresenta una grande opportunità per Pirelli. L'approccio al business e la visione strategica di Cnrc garantiscono lo sviluppo e la stabilità di Pirelli", afferma il presidente Marco Tronchetti Provera.
Come cambia il colosso - In base ad un preciso accordo modificabile solo dal 90% dei voti in assemblea, sede e centro di ricerca rimarranno in Italia. In questo modo Pirelli potrà dividersi in due, separando la produzione di pneumatici per auto e moto (Tyre) da quella per i veicoli pesanti (Truck), destinata a sua volta a combinarsi con Aeolus Tyre (ChemChina), per diventare il quarto produttore mondiale di gomme per camion. Pirelli Tyre, invece, potrebbe tornare in Borsa entro quattro anni più snella di prima, ma il condizionale in questo caso è d'obbligo.
Il ritiro dalla Borsa - Il meccanismo complicato messo a punto nelle ultime 24 ore da una squadra di consulenti finanziari e legali, affiancati da traduttori in russo e cinese, prevede il ritiro dalla Borsa proprio per velocizzare i tempi del riassetto industriale, che caratterizzava la strategia di Tronchetti Provera già prima dell'operazione, ma i tempi del delisting non sono certi. All'appello manca infatti il parere dei titolari del 22,59% di Pirelli che finora hanno seguito la vicenda soltanto leggendo i giornali. Si tratta dei fondi Fil Limited ed Harbor International, rispettivamente con il 2 ed il 5,06%, di Edizione (famiglia Benetton) con il 4,6%, dei Malacalza (6,98%) e di Mediobanca (3,95%).
Come cambia il colosso - In base ad un preciso accordo modificabile solo dal 90% dei voti in assemblea, sede e centro di ricerca rimarranno in Italia. In questo modo Pirelli potrà dividersi in due, separando la produzione di pneumatici per auto e moto (Tyre) da quella per i veicoli pesanti (Truck), destinata a sua volta a combinarsi con Aeolus Tyre (ChemChina), per diventare il quarto produttore mondiale di gomme per camion. Pirelli Tyre, invece, potrebbe tornare in Borsa entro quattro anni più snella di prima, ma il condizionale in questo caso è d'obbligo.
Il ritiro dalla Borsa - Il meccanismo complicato messo a punto nelle ultime 24 ore da una squadra di consulenti finanziari e legali, affiancati da traduttori in russo e cinese, prevede il ritiro dalla Borsa proprio per velocizzare i tempi del riassetto industriale, che caratterizzava la strategia di Tronchetti Provera già prima dell'operazione, ma i tempi del delisting non sono certi. All'appello manca infatti il parere dei titolari del 22,59% di Pirelli che finora hanno seguito la vicenda soltanto leggendo i giornali. Si tratta dei fondi Fil Limited ed Harbor International, rispettivamente con il 2 ed il 5,06%, di Edizione (famiglia Benetton) con il 4,6%, dei Malacalza (6,98%) e di Mediobanca (3,95%).