Scintille Fiat-Fiom sulla sentenza della Consulta

Economia

"Il Lingotto non intende applicare la decisione della Corte Costituzionale sul diritto alla rappresentanza in fabbrica" afferma il leader dei metalmeccanici Cgil Landini. "Falso, strumentalizza ciò che abbiamo detto" replica il gruppo automobilistico

Nulla di fatto: Fiat e Fiom restano distanti, nonostante la sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo l'articolo dello Statuto dei lavoratori che impediva ai sindacati che non hanno firmato gli accordi aziendali di svolgere le loro attività nei luoghi di lavoro (le motivazioni della sentenza). "La Fiat non ha intenzione di applicare la sentenza", dice il segretario generale delle tute blu della Cgil al termine della riunione con il Lingotto avvenuta venerdì 2 agosto, la prima dopo più di due anni di silenzio. Non si fa attendere la replica della Fiat: "Come spesso gli succede Landini strumentalizza a suo piacimento quanto è stato detto nel corso dell'incontro - afferma un portavoce dell'azienda di Torino -. Rispetteremo la sentenza la cui applicazione non può che essere di competenza dei giudici di merito". La querelle, dunque, continua.

Contrarie le altre sigle sindacali - Fim, Uilm, Fismic, Ugl, le sigle firmatarie del contratto con il Lingotto, dopo l'incontro con i dirigenti Fiat sono dure e compatte nel fare muro: devono restare chiuse le porte alla Fiom - sostengono - fin quando non riconoscerà le intese già sottoscritte dalle altre organizzazioni dei metalmeccanici.

Landini: offesa alla Costituzione - "Non rinunciamo ai nostri diritti", ha invece replicato Landini, che ha preannunciato il ricorso ad "ogni mezzo", anche alle vie legali, per far rientrare la Fiom nelle fabbriche Fiat a settembre. Ha parlato di "offesa alla costituzione", e si è rivolto anche all'Esecutivo: "E' un problema politico a tutto tondo, perché dovrebbe essere il governo a far rispettare principi costituzionali".

La situazione negli stabilimenti -  Intanto, dopo la tornata di incontri sindacati-azienda a Roma, è rinviato a dopo l'estate il punto sulle prospettive per gli stabilimenti italiani dopo le ultime dichiarazioni dell'Ad Sergio Marchionne, che nei giorni scorsi ha parlato di condizioni impossibili per l'industria in Italia e del rischio che venga avviata altrove la produzione di nuovi modelli Alfa Romeo.

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