Fiat, Marchionne: “Entro l’anno primi investimenti a Melfi”

Economia

L’ad del Lingotto al Corriere della Sera: “Prima investo qui per far concorrenza ai tedeschi. Poi fusione Chrysler”. Sulla decisione di mettere in mobilità 19 operai Fiom per far posto a quelli reintegrati dal giudice: “Non accetto lezioni di democrazia”

Entro l'anno Fiat comincerà a investire nello stabilimento di Melfi. E' quanto dice, in un'intervista al Corriere della Sera, l'amministratore delegato della casa torinese, Sergio Marchionne. "La prossima settimana ci vanno i nostri tecnici", afferma l'AD. "Entro l'anno cominceremo a spendere i nostri primi soldi". Nell'intervista, Marchionne si sofferma sui rapporti con i sindacati, in particolare con la Fiom, definita "incapace di adattarsi a una realtà in cui la maggioranza vuole lavorare e non farsi condizionare dalla minoranza". A proposito della decisione di mettere in mobilità 19 lavoratori per fare posto a quelli reintegrati dal giudice, l'AD la definisce "totalmente coerente... Non c'è lavoro sufficiente, dove metto anche solo un assunto in più? Risponda la Fiom. Ma non accetto lezioni di democrazia".

"Credo nell'Italia di Mario Monti, quella che vuole cambiare" -  L'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, spiega al Corriere della Sera la svolta del Lingotto: "Prima investo qui per andare a fare concorrenza ai tedeschi". Solo dopo manderà avanti la completa fusione Fiat-Chrysler: "Diciamo 2014-2015. Tutto insieme non lo posso fare". E sul piano di rilancio prospettato osserva: "Bugie non ne ho mai dette. Ho guardato il mercato, l'ho affrontato resistendo alle critiche ma senza fare macelleria sociale. Adesso, dico che nonostante tutto le condizioni ci sono".

"La Fiat è un cantiere aperto, non chiude mai" - E continua nella sua riflessione: "E' vero, questo è un Paese complicato. Molto complicato. Martedì ero al consiglio d'amministrazione. C'era la Fiom, fuori, che fischiava. Noi, dentro, prendevamo decisioni di grande coraggio. Se la Fiat avesse scelto di andarsene, l'impatto sociale forse si sarebbe potuto gestire, quello sull'immagine dell'Italia a livello internazionale no. Il più grande gruppo industriale del Paese che lascia? Sarebbe stato devastante". E insiste, nonostante il mercato europeo dell'auto stia "raschiando il fondo del barile e per altri due anni continueremo a vederlo da lì, dal basso": la Fiat "è un cantiere aperto, non chiude mai. Per la terza volta, con la condivisione totale di John Elkann e della famiglia, rivoltiamo l'azienda. L'abbiamo fatto nel 2004. Rifatto nel 2009, con Chrysler. Ed e' stata quella la mossa, intelligente, che ci consente ora di ridisegnarla completamente, puntando ovviamente a guadagnare nonostante tutti gli scenari italiani ed europei. Oggi è grazie a Chrysler che possiamo far leva su Alfa e Maserati e andare a dare fastidio ai concorrenti dei brand premium".

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