Spending review, il governo ricorre anche agli open data

Economia
Il governo Monti e la spending review.
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Oltre a chiedere le segnalazioni via web dei cittadini il governo pubblica online informazioni sulla spesa pubblica italiana con licenza di riuso. La speranza è che programmatori li usino per contribuire alla lotta agli sprechi

di Raffaele Mastrolonardo

Un commissario inflessibile, una task force e pure le denunce di popolo attraverso il web. La lotta agli sprechi inaugurata dal governo Monti non si fa mancare nulla. Neppure armi tecnologiche oscure e poco note ai più. In questa categoria ricadono sicuramente i cosiddetti “open data”, ovvero i dati pubblicati in formati aperti, in modo che possano essere compresi dai computer e riutilizzati da terzi per produrre servizi e applicazioni. Al cittadino comune questi fogli di calcolo zeppi di cifre non dicono nulla ma per chi smanetta di informatica e sa come metterli a frutto il discorso è diverso. E la segreta speranza dell'esecutivo è che da costoro possano arrivare altri aiuti nella battaglia per ridurre le uscite dello stato.

Spese al dettaglio. Non è infatti una coincidenza se negli stessi giorni in cui varava la spending review e invitava gli utenti della rete a denunciare online gli sprechi, l'esecutivo pubblicava sul portale Dati.Gov.it, il catalogo dei dati aperti della Pa italiana, centinaia di migliaia di dati relativi alle spesa pubblica, ai mutui contratti dagli enti territoriali e alle spese delle Regioni. Rilasciate dalla Ragioneria generale dello stato, non si tratta di cifre inedite; inusuale è tuttavia la modalità con cui sono stati offerti al pubblico: con una licenza che, per la prima volta, ne autorizza il riuso. Insomma, chiunque abbia le competenze necessarie e la voglia sarà ora in grado di utilizzare questi database elaborabili per costruire applicazioni e servizi che, almeno in teoria, potrebbero gettare nuova luce sul mare della spesa dello stato e magari aiutare gli uomini di Enrico Bondi ad individuare come e dove intervenire nelle sforbiciate.

Movimento open.
Per i promotori degli open data, un movimento che negli ultimi anni è cresciuto parecchio anche in Italia, la decisione è un passo nella giusta direzione. “Iniziativa sicuramente apprezzabile”, dice Vittorio Alvino, creatore di OpenParlamento, sito che sfrutta i dati pubblici per rendere più trasparente l'attività di Camera e Senato. “Non ho la competenza per dire se quei dati specifici sono sufficienti per consentire di produrre un'analisi approfondita della spesa pubblica del nostro Paese ma la mossa di metterli a disposizione è giusta e i formati e le licenze adottati sono corretti. Speriamo si prosegua su questa strada”. Soddisfatta anche Flavia Marzano, presidente degli Stati Generali dell'Innovazione, che qualche giorno fa aveva auspicato una maggiore apertura dei dati di spesa italiani: “Ottimo primo passo. La trasparenza e i dati aperti sono una pre-condizione per un'efficace lotta agli sprechi. Anche se, bisogna ricordarlo, da soli non garantiscono alcun risultato”. Quanto alla Ragioneria generale, per ora, non fa sapere se analoga decisione riguarderà anche gli altri dati depositati nei suoi archivi informatici ma nemmeno lo nega. “Sulla strategia generale non posso pronunciarmi. Intanto godiamoci questo inizio, poi vedremo”, fa sapere Aline Pennisi, dirigente della Ragioneria che ha seguito la pubblicazione delle informazioni su Data.Gov.it.

Web e polemica. In attesa di vedere se, come e quando la pubblicazione di queste informazioni diventerà una possibile arma in più nella lotta agli sprechi, i fautori degli open data fanno notare come questa sia, in prospettiva, la strategia più efficace di coinvolgimento dei cittadini. Molto più, per esempio, che la generica richiesta di segnalazioni. “Con gli open data – spiega Alvino – offri agli utenti la possibilità di produrre informazioni a valore aggiunto, nell'altro modo rischi di ricevere migliaia di segnalazioni che poi non sei in grado di gestire”. Come è noto, la decisione del governo di ricorrere all'aiuto degli italiani attraverso le denunce via Web da inviare tramite un apposito modulo ha suscitato più di una perplessità sia dal punto di vista politico che tecnico. Quotidiani di destra, come Libero e il Giornale, hanno criticato il premier giudicando il ricorso al popolo come una dichiarazione di resa preventiva dell'esecutivo, mentre il Sole 24 Ore ha interpretato la mossa come un cedimento all'antipolitica. Sul web qualcuno ha criticato le modalità del progetto: il ricorso ad un semplice modulo online e la mancanza di chiarezza sui tempi e le procedure di vaglio dei contributi dei cittadini. Forse anche per rispondere a questi rilievi nei giorni scorsi il governo ha reso noto un primo bilancio dell'iniziativa entrando un po' più nel dettaglio di come verrà implementata.

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