Da San Francisco l'ad aveva parlato di una possibile fusione con Chrysler "nei prossimi due o tre anni". Sindacati e opposizioni insorgono. Poi, il numero uno del Lingotto telefona al ministro del Lavoro Sacconi e precisa il senso delle sue dichiarazioni
"Ipotesi formulate con esclusivo riferimento a futuri e possibili, ma assolutamente non decisi, assetti societari, senza alcun riferimento né per l'oggi né per il domani a una diversa localizzazione delle funzioni direzionali e progettuali della società".
Con un colloquio telefonico con il ministro del Lavoro Sacconi si è chiusa la polemica scatenata da una dichiarazione dell'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, su un possibile trasferimento a Detroit della direzione del Lingotto.
La telefonata a Sacconi - Il numero uno della Fiat, che si trova negli Stati Uniti, si è sentito con il ministro del Welfare al quale ha spiegato il senso delle ipotesi formulate a San Francisco. La 'testa' del gruppo, ha assicurato il manager, resterà a Torino. L'allarme per sindacalisti e politici era scattato nella tarda serata di venerdì, quando dagli Usa erano rimbalzate in Italia le prime notizie: in due-tre anni Fiat e Chrysler potrebbero integrarsi ulteriormente e il nuovo quartier generale potrebbe essere spostato a Detroit.
L'ira di Cgil - Per tutta la giornata di sabato dichiarazioni e commenti si sono succeduti senza sosta. Susanna Camusso, leader della Cgil, ha chiesto al Governo di convocare Marchionne: "Mi pare che le sue parole - ha detto - confermino tutte le preoccupazioni che
avevamo". Sulla stessa lunghezza d'onda Maurizio Landini (Fiom): "Si conferma che la volontà della Fiat non è quella di potenziare le produzioni e la progettazione nel nostro Paese e si conferma il rischio che voglia andar via dall'Italia".
Rocco Palombella (Uilm), ha bollato le parole di Marchionne come "sbagliate, fuori luogo" e "offensive nei confronti di un Paese che continua comunque a investire sul futuro del Gruppo e lo fa anche perché crede che la testa pensante della Fiat resti a Torino". Più moderato il commento della Fim-Cisl: "La priorità è che Fabbrica Italia vada avanti", ha detto Giuseppe Farina, mentre la Fismic con Roberto Di Maulo ha invitato "a non dare spazio al coro delle Cassandre della sinistra sindacale".
Dal fronte politico, Pier Luigi Bersani ha chiesto che "Marchionne spieghi cosa sta succedendo. Non vorrei - ha aggiunto il segretario del Pd, "che per festeggiare i 150 dell'Unità d'Italia a Torino all'Italia tocchi di diventare la periferia di Detroit". Per Maurizio Gasparri, presidente dei senatori del Pdl, invece, "quella della Fiat è una sfida positiva a tutto il sistema paese" e, ha proseguito, "se si fosse dato ascolto ai catastrofisti della sinistra la Fiat avrebbe già chiuso i battenti in Italia, dove invece ha annunciato ingenti investimenti".
In serata, poi, la telefonata di precisazione. Marchionne, che tornerà in Italia nella seconda metà della prossima settimana, ha parlato con il ministro Sacconi e spiegato il senso delle sue parole.
Con un colloquio telefonico con il ministro del Lavoro Sacconi si è chiusa la polemica scatenata da una dichiarazione dell'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, su un possibile trasferimento a Detroit della direzione del Lingotto.
La telefonata a Sacconi - Il numero uno della Fiat, che si trova negli Stati Uniti, si è sentito con il ministro del Welfare al quale ha spiegato il senso delle ipotesi formulate a San Francisco. La 'testa' del gruppo, ha assicurato il manager, resterà a Torino. L'allarme per sindacalisti e politici era scattato nella tarda serata di venerdì, quando dagli Usa erano rimbalzate in Italia le prime notizie: in due-tre anni Fiat e Chrysler potrebbero integrarsi ulteriormente e il nuovo quartier generale potrebbe essere spostato a Detroit.
L'ira di Cgil - Per tutta la giornata di sabato dichiarazioni e commenti si sono succeduti senza sosta. Susanna Camusso, leader della Cgil, ha chiesto al Governo di convocare Marchionne: "Mi pare che le sue parole - ha detto - confermino tutte le preoccupazioni che
avevamo". Sulla stessa lunghezza d'onda Maurizio Landini (Fiom): "Si conferma che la volontà della Fiat non è quella di potenziare le produzioni e la progettazione nel nostro Paese e si conferma il rischio che voglia andar via dall'Italia".
Rocco Palombella (Uilm), ha bollato le parole di Marchionne come "sbagliate, fuori luogo" e "offensive nei confronti di un Paese che continua comunque a investire sul futuro del Gruppo e lo fa anche perché crede che la testa pensante della Fiat resti a Torino". Più moderato il commento della Fim-Cisl: "La priorità è che Fabbrica Italia vada avanti", ha detto Giuseppe Farina, mentre la Fismic con Roberto Di Maulo ha invitato "a non dare spazio al coro delle Cassandre della sinistra sindacale".
Dal fronte politico, Pier Luigi Bersani ha chiesto che "Marchionne spieghi cosa sta succedendo. Non vorrei - ha aggiunto il segretario del Pd, "che per festeggiare i 150 dell'Unità d'Italia a Torino all'Italia tocchi di diventare la periferia di Detroit". Per Maurizio Gasparri, presidente dei senatori del Pdl, invece, "quella della Fiat è una sfida positiva a tutto il sistema paese" e, ha proseguito, "se si fosse dato ascolto ai catastrofisti della sinistra la Fiat avrebbe già chiuso i battenti in Italia, dove invece ha annunciato ingenti investimenti".
In serata, poi, la telefonata di precisazione. Marchionne, che tornerà in Italia nella seconda metà della prossima settimana, ha parlato con il ministro Sacconi e spiegato il senso delle sue parole.