Camusso-Marchionne: è scontro sulla Fiat

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Il segretario della Cgil attacca il numero uno del Lingotto: "Insulta l'Italia". No, "la cambio" risponde l'ad. La leader del sindacato è dura anche con la Fiom: "Bisogna restare nelle fabbriche". La replica di Landini: "L'accordo deve saltare"

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Si fa incandescente la vigilia del voto sul referendum che chiamerà i circa 5 mila lavoratori di Mirafiori ad esprimersi sull'accordo Fiat per il rilancio del sito. E la Cgil prova a stringere il cerchio intorno alla Fiom per ottenere quella 'firma  tecnica' all'intesa che eviterebbe ai metalmeccanici di essere esclusi dalla rappresentanza sindacale in fabbrica. Uno 'scontro' che va avanti, tra riunioni ufficiali e vertici informali, da settimane ma che dal palco dell'assemblea delle Camere del Lavoro trova la sua formalizzazione.
Il leader della confederazione di Corso Italia, Susanna Camusso, non usa mezzi termini per richiamare le tute blu ad un riflessione obbligata mentre al tempo stesso torna ad attaccare l'ad di Fiat,  Sergio Marchionne, i suoi toni da ultimatum sul referendum ed i suoi  silenzi sul piano del Lingotto. Un doppio 'duello' per condurre il  sindacato fuori dalle secche di un isolamento e riaffermarne ruolo e  peso a beneficio dei lavoratori.

Camusso (Cgil): "Marchionne insulta il Paese" - "Sergio Marchionne insulta ogni giorno il Paese". E "il governo è tifoso e promotore della riduzione dei diritti". A dirlo è Susanna Camusso, leader della Cgil, a Chianciano terme, accusando la Fiat di non rendere noti i dettagli del piano Fabbrica Italia.
Camusso sottolinea "la debolezza industriale dell'azienda" ed "il mistero che continua a circondare il piano Fabbrica Italia". "Se Fiat può tenere nascosto il piano è anche perché c'è un governo che non fa il suo lavoro ma è tifoso e promotore della riduzione dei diritti. E' così tifoso - prosegue - che non ha il coraggio di vedere che quando l'amministratore delegato insulta ogni giorno il Paese non offende solo i cittadini e il Paese ma in realtà dice della qualità di governare e delle risposte che vengono date", risposte "sbagliate".

La Fiom e la Cgil devono "stare dentro le fabbriche per costruire tutele, prospettive e posizioni", altrimenti "diventiamo dipendenti non aiutati da altri, dipendenti dai tempi dei magistrati" e così "si definisce un vuoto" afferma il segretario generale della Cgil intervenendo all'assemblea delle Camere del lavoro, sulla esclusione del sindacato dopo l'accordo di Mirafiori ed in caso di vittoria dei sì al referendum del 13 e 14 gennaio. "Su questo dobbiamo continuare a riflettere; la domanda che poniamo alla Fiom è se questa è l'unica conclusione possibile. Noi pensiamo - aggiunge Camusso - che il tema su cui ci vogliamo interrogare è come il giorno dopo" l'esito della consultazione "vediamo ed evitiamo le conseguenze di quell'accordo". "Per me il cuore della contraddizione sta nei processi produttivi e se non si riparte da lì si resta fuori, non si ricostruiscono le condizioni per ripartire e costruire un'altra storia e altre condizioni di lavoro".

L'accordo sul rilancio di Mirafiori è peggiorativo di quello sottoscritto per Pomigliano. Non ha dubbi il leader della Cgil, Susanna Camusso, che punta al dito contro la clausola di responsabilità individuale e contro le nuove norme sulla rappresentatività sindacale. "A Mirafiori c'è una  clausola di divieto di sciopero dei lavoratori che invece è e resta  un diritto indisponbile, anche se Fiat lo nega, ed è diventata più  esplicita l'uscita dall'accordo del '93 che a Pomigliano, pur essendo  paventata, nessuno metteva in dubbio.

C'è dunque una vera lesione del diritto di parità dei lavoratori nella possibilità di eleggere  rappresentanti sindacali", prosegue. E ribadisce: "la Fiat sbaglia tempo, sbaglia risposte ed il tempo lo utilizza per ridurre i diritti dei lavoratori" mentre c'è una vera "distonia tra annunci, quote di mercato perse ed un piano che continua a restare un mistero", prosegue senza rinunciare all'ironia.  "Il piano è più conosciuto in Germania che in Italia, là ci sarebbe stata un'indignazione generale se l'ad avesse detto che non si possono fare domande sul piano", conclude.

Marchionne: "Non ce l'ho con nessuno" - Da Detroit l'Ad della Fiat risponde alle accuse: "Non ce l'ho né con la Cgil, né con Camusso, né con la Fiom e nemmeno con Landini". E aggiunge: "Se vogliamo chiamarci cittadini del mondo, essere orgogliosi di essere italiani, accettiamo il cambiamento e andiamo avanti per il bene di tutti e del Paese".
Parlando con i giornalisti al Salone dell'Auto di Detroit Marchionne ha anche detto  che "andare in giro in Italia a dirci da soli che siamo i più bravi, i più intelligenti e poi uscire dal Paese e perdere ogni battaglia  a livello competitivo, globale, è una cavolata. Ci deve essere qualcuno che dice che non ce la possiamo fare. Non c'è un investitore straniero che viene in Italia. L'unica realtà industriale italiana grande e' la Fiat senza togliere nulla a quello che stanno facendo, Eni e Finmeccanica e altri".

Landini (Fiom): facciamo saltare l'accordo - "Bisogna far saltare l'accordo, renderlo non applicabile ed essere in grado di riconquistare i diritti che in termini sindacali significa riaprire la trattativa e considerare la vertenza ancora aperta". Lo afferma il segretario generale della Fiom-Cgil, Maurizio Landini, a margine dell'assemblea nazionale delle Camere del lavoro promossa dalla Cgil, parlando di Mirafiori. "Tutto il sindacato, tutta la Cgil lo capisca", aggiunge.

Vincitori e vinti - Sul referendum di giovedì 13 e venerdì 14 su Mirafiori Marchionne aveva ribadito che, in caso di vittoria del no, esistono tante alternative, ipotizzando di spostare la produzione a Brampton in Canada. Secondo l'ad di Fiat, in Nordamerica hanno "un grande senso di riconoscimento per gli investimenti che abbiamo fatto là".
Più tardi però ha detto che chiunque perda deve accettare la sconfitta: "E' un concetto di civiltà comune. Quando si perde - ha affermato - si perde. Io ho perso tantissime volte in vita mia e sono stato zitto. Sono andato avanti e non ho reclamato. Se venerdì vince il sì ha vinto il sì e il discorso è chiuso".
Anche nei giorni scorsi l'ad del Lingotto aveva detto di esser pronto a investire "altrove" in caso di vittoria dei no. "Se vince il no la Fiat non farà l'investimento a Mirafiori" aveva affermato il 3 gennaio. E anche il 10 gennaio, da Detroit, aveva parlato di "tante alternative a Mirafiori".

In ogni caso Marchionne si è detto ottimista sul superamento del 50% di sì al referendum e ha aggiunto che al Lingotto è sufficiente ottenere il 51%.

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