Fini a Marchionne: la Fiat è quello che è grazie all'Italia

Economia
Gianfranco Fini e Sergio Marchionne
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Il presidente della Camera risponde all'amministratore delegato del Lingotto convinto che la sua azienda farebbe più profitti senza il nostro paese: "Parole paradossali, Marchionne ha dimostrato di essere più canadese che italiano"

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Continuano ad arrivare reazioni alle parole dell’amministratore delegato Fiat Sergio Marchionne che, in un'intervista a Che tempo che fa di Rai3, ha sostenuto che il Lingotto farebbe più profitti senza l'Italia e che per avere salari simili ai competitor bisogna allinearsi anche in termini di competitività.

E' "un po' paradossale" quanto detto da Sergio Marchionne come amministratore delegato della Fiat, perché se quell'azienda "è ancora il grande colosso che è, è stato il contribuente italiano", e, dunque, le risorse statali "a garantirlo". Lo ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, parlando a un incontro con gli studenti a Rovigo.

“Mi sembra che Marchionne abbia dimostrato di essere più canadese che italiano: lui ha detto una cosa che è naturale se viene detta da un top manager non italiano". Certo, ha aggiunto Fini, "il nostro è un Paese che per mille ragioni ha una scarsa capacità di attrarre capitali, e competitività del lavoro". "A parte questa puntura di spillo ha aggiunto - non è un paradosso che dica a noi, alla classe dirigente, attenzione perché non abbiamo più la capacità di competere, di stare sul mercato con una concorrenza molto marcata?". Fini, che ha parlato della competizione data dalla globalizzazione, ha concluso dicendo che "l'Italia deve sapere che non riuscirà a vincere la competizione puntando sulla quantità, deve farlo puntando sulla qualità”.

Reazioni che trovano ampio spazio anche sui giornali. Il leader della Cgil Guglielmo Epifani, in un colloquio a caldo con La Repubblica dice: "La verità è che Marchionne vorrebbe andarsene dall'Italia. D'altra parte è lui stesso che continua a dirlo. Non a caso sostiene di non avere più debiti con il nostro Paese. E' come se si sentisse obbligato a stare qui da noi, mentre il gruppo è sempre più americano, forte in Brasile e negli Stati Uniti". E ha aggiunto: "Come si può pensare che dagli stabilimenti italiani provengano anche gli utili quando sono praticamente fermi. Si fa cassa integrazione dappertutto. E si ricorre alla cassa integrazione perché il mercato europeo non va bene, in particolare per i marchi Fiat. Sulle fasce medio alte, quelle che fanno guadagnare, la Fiat è praticamente assente, e su quelle medio piccole la concorrenza è agguerritissima. Non ci sono i modelli: questa è la realtà. Allo stato non c'è un progetto industriale per l'Italia".

Piccata anche la reazione del ministro leghista per la Semplificazione Roberto Calderoli che, sempre su La Repubblica, dice: "Marchionne ha la memoria corta sugli aiuti di Stato". Più soft il leader della Cisl Raffaele Bonanni che, in un’intervista al Corriere della Sera, lancia all'ad italo-canadese una sfida: "Arriviamo al pieno utilizzo degli impianti in cambio non solo del salario di produttività, ma anche della ripartizione degli utili e si arrivi a un livello alto di partecipazione delle decisioni aziendali". Bonanni lamenta l'assenza della politica e definisce il governo "immobile" e l'opposizione prigioniera delle ideologie e "populista". Chi apprezza Marchionne e invita ad andare oltre per dare una scossa alla competitività italiana è il vicepresidente di Confindustria Alberto Bombassei: "Ho sentito cose del tutto condivisibili. Marchionne avrebbe potuto dirne molte di più" dice al Corriere della Sera.

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