Mercoledì l'atteso incontro a Torino sul futuro della produzione a Mirafiori. E si torna a parlare di una nuova società per riassumere i lavoratori dello stabilimento di Pomigliano D'Arco. Epifani a Marchionne: "Ridiscutiamo tutto"
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Dopo un'accoglienza tiepida all'annuncio di Sergio Marchionne di spostare la produzione della nuova monovolume Fiat in Serbia, in vista del tavolo istituzionale di mercoledì a Torino il Governo entra in pressing sul Lingotto chiedendo il rispetto degli impegni presi, soprattutto sul fronte occupazionale.
Il premier Silvio Berlusconi ha dato il via libera alla delocalizzazione, purché non sia fatta a scapito dell'Italia. Più duro Calderoli che attacca: niente aiuti se la produzione lascia l'Italia.
Intanto, torna ad affacciarsi l'ipotesi di una newco per Pomigliano ma i sindacati si mostrano scettici, a partire dalla Fiom-Cgil: è solo un "esercizio di stile", una "forma di pressione". Mentre compatti chiedono al Lingotto di fare chiarezza sul progetto 'Fabbrica Italia', in vista del tavolo convocato per mercoledì a Torino, dopo l'annuncio dell'azienda di voler portare la produzione della nuova monovolume in Serbia, a scapito di Mirafiori.
Con la stessa compattezza, tutte le sigle sindacali si schierano contro l'ipotesi della definizione di un nuovo contratto nazionale per il solo settore auto, che nascerebbe dopo il 2012 alla scadenza di quello attuale per i metalmeccanici.
Tutti, comunque, chiedono chiarezza al Lingotto. La richiesta è capire che cosa significa il progetto 'Fabbrica Italia' .
Il progetto 'Fabbrica Italia' "ha bisogno di stabilità e certezze. Noi - afferma il segretario generale della Fim-Cisl, Giuseppe Farina - abbiamo dato il nostro consenso quando è stato presentato e oggi c'è bisogno di verificare come si concretizzano i 20 miliardi di investimento", dice Farina.
Su Mirafiori, il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, si dice fiduciosi sulla possibilità di "evitare la perdita di un investimento anche lì".
Epifani: “ridiscutiamo tutto”- A distanza di pochi giorni dalle rivelazioni da parte dell’ad del Lingotto è intervenuto anche il Segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani. Il leader sindacale ha voluto in primo luogo negare qualsiasi tipo di ipotesi relativa ad una scomparsa del marchio Fiat da Torino: “Non può finire così”, si legge in un’intervista su Repubblica. “Leggo in questi giorni tante teorie sull’impresa globale ma se poi vai a guardare le altre imprese globali – ha spiegato – quasi tutte hanno un rapporto con un territorio, con una identità e con una memoria. “Non so cosa voglia davvero la Fiat”, ha osservato Epifani. “Ricordo che solo qualche settimana fa Marchionne aveva detto che si sarebbero prodotte 1,6 milioni vetture in Italia, non si può cambiare idea ogni tre mesi. Vorrei provare una volta tanto a discutere seriamente su “Fabbrica Italia”.
Cota: “Mirafiori simbolo del nord, va difesa a tutti i costi”- Roberto Cota è pronto a difendere Mirafiori. “Va difesa a tutti i costi, come Pomigliano. Perchà, se nel caso dello stabilimento campano c'era in ballo il destino produttivo di tutto il sud d'Italia, qui siamo alle prese con il simbolo della vocazione industriale del Piemonte e più in generale di tutto il Nord, con le sue eccellenze e la sua capacità di competere oggi e domani su scala globale".
Dopo un'accoglienza tiepida all'annuncio di Sergio Marchionne di spostare la produzione della nuova monovolume Fiat in Serbia, in vista del tavolo istituzionale di mercoledì a Torino il Governo entra in pressing sul Lingotto chiedendo il rispetto degli impegni presi, soprattutto sul fronte occupazionale.
Il premier Silvio Berlusconi ha dato il via libera alla delocalizzazione, purché non sia fatta a scapito dell'Italia. Più duro Calderoli che attacca: niente aiuti se la produzione lascia l'Italia.
Intanto, torna ad affacciarsi l'ipotesi di una newco per Pomigliano ma i sindacati si mostrano scettici, a partire dalla Fiom-Cgil: è solo un "esercizio di stile", una "forma di pressione". Mentre compatti chiedono al Lingotto di fare chiarezza sul progetto 'Fabbrica Italia', in vista del tavolo convocato per mercoledì a Torino, dopo l'annuncio dell'azienda di voler portare la produzione della nuova monovolume in Serbia, a scapito di Mirafiori.
Con la stessa compattezza, tutte le sigle sindacali si schierano contro l'ipotesi della definizione di un nuovo contratto nazionale per il solo settore auto, che nascerebbe dopo il 2012 alla scadenza di quello attuale per i metalmeccanici.
Tutti, comunque, chiedono chiarezza al Lingotto. La richiesta è capire che cosa significa il progetto 'Fabbrica Italia' .
Il progetto 'Fabbrica Italia' "ha bisogno di stabilità e certezze. Noi - afferma il segretario generale della Fim-Cisl, Giuseppe Farina - abbiamo dato il nostro consenso quando è stato presentato e oggi c'è bisogno di verificare come si concretizzano i 20 miliardi di investimento", dice Farina.
Su Mirafiori, il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, si dice fiduciosi sulla possibilità di "evitare la perdita di un investimento anche lì".
Epifani: “ridiscutiamo tutto”- A distanza di pochi giorni dalle rivelazioni da parte dell’ad del Lingotto è intervenuto anche il Segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani. Il leader sindacale ha voluto in primo luogo negare qualsiasi tipo di ipotesi relativa ad una scomparsa del marchio Fiat da Torino: “Non può finire così”, si legge in un’intervista su Repubblica. “Leggo in questi giorni tante teorie sull’impresa globale ma se poi vai a guardare le altre imprese globali – ha spiegato – quasi tutte hanno un rapporto con un territorio, con una identità e con una memoria. “Non so cosa voglia davvero la Fiat”, ha osservato Epifani. “Ricordo che solo qualche settimana fa Marchionne aveva detto che si sarebbero prodotte 1,6 milioni vetture in Italia, non si può cambiare idea ogni tre mesi. Vorrei provare una volta tanto a discutere seriamente su “Fabbrica Italia”.
Cota: “Mirafiori simbolo del nord, va difesa a tutti i costi”- Roberto Cota è pronto a difendere Mirafiori. “Va difesa a tutti i costi, come Pomigliano. Perchà, se nel caso dello stabilimento campano c'era in ballo il destino produttivo di tutto il sud d'Italia, qui siamo alle prese con il simbolo della vocazione industriale del Piemonte e più in generale di tutto il Nord, con le sue eccellenze e la sua capacità di competere oggi e domani su scala globale".