Manovra, Napolitano pronto a firmare il decreto corretto
EconomiaDopo l'esame dei rilievi del capo di Stato, il governo ha inviato al Colle il dl revisionato, che sarà emanato il 31 maggio. L'opposizione all'attacco, ma anche nella maggioranza non mancano perplessità. Sandro Bondi lamenta: io esautorato
La manovra economica del governo.
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Una serata politica intensa quella del 30 maggio. Dopo l'andirivieni da Palazzo Chigi al Colle e viceversa, il testo definitivo del decreto anticrisi è pervenuto, debitamente corretto, sul tavolo del presidente Napolitano. A partire dal tardo pomeriggio, infatti, il dl era stato al centro di chiarimenti e approfondimenti tra Quirinale e governo. Napolitano aveva avanzato una serie di osservazioni sulla "sostenibilità giuridica e istituzionale del provvedimento", attendendo al riguardo una valutazione dell'esecutivo, che ha l'esclusiva responsabilità degli indirizzi e del merito delle scelte di politica finanziaria, sociale e economica. I tecnici del governo s'eranno messi subito al lavoro con la supervisione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta.
Ma hanno sorpassato ogni aspettativa le assicurazioni di Palazzo Chigi sulle relative risposte, che sarebbero dovute essere fornite entro il 31 maggio. Il testo corretto e definitivo è arrivato, infatti, al Colle già dopo le 22.00 del giorno prima. Come riferito da ambienti del Quirinale, il capo dello Stato, nel prendere atto degli intendimenti manifestati di dare seguito alle indicazioni da lui prospettate, dopo una rapida verifica del testo provvederà, nella mattinata del 31 maggio, all'emanazione del provvedimento.
Nel frattempo la manovra correttiva da 24 miliardi, approntata quattro giorni fa dal consiglio dei ministri, continua a far discutere e a creare tensioni anche nella maggioranza. Dopo il giallo della firma al testo, prima negata e poi confermata da Silvio Berlusconi, causa dell'irritazione del Quirinale e delle critiche dell'opposizione il 30 maggio, ad alzare la voce, è stato un fedelissimo del premier come Sandro Bondi, che ai microfoni del Gr1 si è lamentato dei tagli subiti dal Ministero della Cultura. "Credo che il mio ministero non dovesse essere esautorato" al momento di stilare la lista degli enti inutili e di quelli utili - ha detto Bondi - "Sono in totale sintonia con il ministro Tremonti. Mi rendo conto delle difficoltà del paese e della necessità di operare dei tagli coraggiosi anche nell'ambito della cultura". E precisa: "Penso che molti enti debbano essere soppressi tuttavia ci sono degli enti e delle istituzioni, cito il centro sperimentale di cinematografia, il Vittoriale, che non possono essere considerati degli enti inutili. Alcuni tagli sono necessari ma non possono essere indiscriminati". Una presa di posizione, per quanto diplomatica e circostanziale, decisamente insuale per un personaggio come Sandro Bondi, sempre in prima fila per difendere l'attività del governo.
Un'eccezionalità che è stata notata anche da uno dei più battaglieri tra i cosiddetti finiani, Italo Bocchino. "Se un esponente autorevole del Pdl e del governo come Sandro Bondi dice di non aver saputo e di non condividere i tagli alla Cultura significa che c'è qualcosa di serio che non va", afferma l'ex - vicecapogruppo del Pdl alla Camera e Presidente di Generazione Italia. "Da un lato - aggiunge - è impensabile tagliare risorse al bene più prezioso del nostro Paese, risorse che si potrebbero recuperare abolendo cose inutili e non strategiche come il Pra, l'agenzia dei segretari comunali o l'Unire, dall'altro è grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza, nonché ministro, non fosse stato avvertito e consultato. Siamo dinanzi all'ennesima prova della necessità di una maggiore collegialita' nelle scelte politiche del Pdl".
E come se non bastasse interviene anche Ffwebmagazine, periodico online della Fondazione Farefuturo, che in un articolo a firma di Simone Bassi scrive "Non è possibile, non è giusto, che sul mondo del sapere e della ricerca (un "comparto" che per il nostro paese riveste un'importanza del tutto particolare) si abbatta la scure dei tagli così, indiscriminatamente e senza alcun tipo di discussione preliminare. Senza spazi di riflessione, di confronto, anche all'interno dello stesso ministero". E aggiunge poi che "nella lista dei 232 istituti "tagliati", ci sono anche - questo è il dramma - alcune vere e proprie punte di eccellenza italiana riconosciute da tutto il mondo (qualche esempio: la Triennale di Milano, la fondazione Feltrinelli, il Festival dei Due mondi di Spoleto e la Fondazione Arena di Verona, il Rossini festival di Pesaro, l'Istituto Gramsci di Roma, il Gabinetto Vieusseux di Firenze)". "Dispiace - conclude Ffwebmagazine - che sia andata così. Dispiace che non ci sia stato il tempo di capire e decidere tutti insieme come e dove tagliare, come e dove eliminare sacche di spreco. E dispiace ancora di più perché rischia di essere un sacrificio, questo, inutile se non controproducente".
Manovra, cosa cambia dopo gli ultimi tagli:
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Una serata politica intensa quella del 30 maggio. Dopo l'andirivieni da Palazzo Chigi al Colle e viceversa, il testo definitivo del decreto anticrisi è pervenuto, debitamente corretto, sul tavolo del presidente Napolitano. A partire dal tardo pomeriggio, infatti, il dl era stato al centro di chiarimenti e approfondimenti tra Quirinale e governo. Napolitano aveva avanzato una serie di osservazioni sulla "sostenibilità giuridica e istituzionale del provvedimento", attendendo al riguardo una valutazione dell'esecutivo, che ha l'esclusiva responsabilità degli indirizzi e del merito delle scelte di politica finanziaria, sociale e economica. I tecnici del governo s'eranno messi subito al lavoro con la supervisione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta.
Ma hanno sorpassato ogni aspettativa le assicurazioni di Palazzo Chigi sulle relative risposte, che sarebbero dovute essere fornite entro il 31 maggio. Il testo corretto e definitivo è arrivato, infatti, al Colle già dopo le 22.00 del giorno prima. Come riferito da ambienti del Quirinale, il capo dello Stato, nel prendere atto degli intendimenti manifestati di dare seguito alle indicazioni da lui prospettate, dopo una rapida verifica del testo provvederà, nella mattinata del 31 maggio, all'emanazione del provvedimento.
Nel frattempo la manovra correttiva da 24 miliardi, approntata quattro giorni fa dal consiglio dei ministri, continua a far discutere e a creare tensioni anche nella maggioranza. Dopo il giallo della firma al testo, prima negata e poi confermata da Silvio Berlusconi, causa dell'irritazione del Quirinale e delle critiche dell'opposizione il 30 maggio, ad alzare la voce, è stato un fedelissimo del premier come Sandro Bondi, che ai microfoni del Gr1 si è lamentato dei tagli subiti dal Ministero della Cultura. "Credo che il mio ministero non dovesse essere esautorato" al momento di stilare la lista degli enti inutili e di quelli utili - ha detto Bondi - "Sono in totale sintonia con il ministro Tremonti. Mi rendo conto delle difficoltà del paese e della necessità di operare dei tagli coraggiosi anche nell'ambito della cultura". E precisa: "Penso che molti enti debbano essere soppressi tuttavia ci sono degli enti e delle istituzioni, cito il centro sperimentale di cinematografia, il Vittoriale, che non possono essere considerati degli enti inutili. Alcuni tagli sono necessari ma non possono essere indiscriminati". Una presa di posizione, per quanto diplomatica e circostanziale, decisamente insuale per un personaggio come Sandro Bondi, sempre in prima fila per difendere l'attività del governo.
Un'eccezionalità che è stata notata anche da uno dei più battaglieri tra i cosiddetti finiani, Italo Bocchino. "Se un esponente autorevole del Pdl e del governo come Sandro Bondi dice di non aver saputo e di non condividere i tagli alla Cultura significa che c'è qualcosa di serio che non va", afferma l'ex - vicecapogruppo del Pdl alla Camera e Presidente di Generazione Italia. "Da un lato - aggiunge - è impensabile tagliare risorse al bene più prezioso del nostro Paese, risorse che si potrebbero recuperare abolendo cose inutili e non strategiche come il Pra, l'agenzia dei segretari comunali o l'Unire, dall'altro è grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza, nonché ministro, non fosse stato avvertito e consultato. Siamo dinanzi all'ennesima prova della necessità di una maggiore collegialita' nelle scelte politiche del Pdl".
E come se non bastasse interviene anche Ffwebmagazine, periodico online della Fondazione Farefuturo, che in un articolo a firma di Simone Bassi scrive "Non è possibile, non è giusto, che sul mondo del sapere e della ricerca (un "comparto" che per il nostro paese riveste un'importanza del tutto particolare) si abbatta la scure dei tagli così, indiscriminatamente e senza alcun tipo di discussione preliminare. Senza spazi di riflessione, di confronto, anche all'interno dello stesso ministero". E aggiunge poi che "nella lista dei 232 istituti "tagliati", ci sono anche - questo è il dramma - alcune vere e proprie punte di eccellenza italiana riconosciute da tutto il mondo (qualche esempio: la Triennale di Milano, la fondazione Feltrinelli, il Festival dei Due mondi di Spoleto e la Fondazione Arena di Verona, il Rossini festival di Pesaro, l'Istituto Gramsci di Roma, il Gabinetto Vieusseux di Firenze)". "Dispiace - conclude Ffwebmagazine - che sia andata così. Dispiace che non ci sia stato il tempo di capire e decidere tutti insieme come e dove tagliare, come e dove eliminare sacche di spreco. E dispiace ancora di più perché rischia di essere un sacrificio, questo, inutile se non controproducente".
Manovra, cosa cambia dopo gli ultimi tagli: