Manovra: province sì, province no

Economia
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Secondo il presidente dell'Upi non esiste nessuna abolizione, ma sul sito del tesoro il taglio era annunciato. Bossi: “Se toccano Bergamo sarà guerra civile”. Poi Tremonti e Berlusconi smentiscono: niente soppressione. Il Pd: è una farsa

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L'ultimo, in ordine di tempo, è stato il presidente dell'Upi, l'Unione delle province italiane, Giuseppe Castiglione, che, durante durante la conferenza stampa seguita all'Ufficio di presidenza dell'associazione, riferendo di una telefonata avuta poco fa sia con il premier Silvio Berlusconi, sia con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, ha dichiarato che nessuna norma è prevista nella manovra, che riguardi l'abolizione delle Province.

Eppure per tutta la mattinata le agenzie avevano battuta la notizia della soppressione delle cosiddette mini province. Secondo quanto riportato l'articolo 5 della manovra stabilisce che "sono soppresse le province la cui popolazione residente risulti, sulla base delle rilevazioni dell'Istat al 1 gennaio 2009, inferiore a 220 mila abitanti". Le norme darebbero facoltà ai comuni, entro 60 giorni, di scegliere la nuova provincia tra quelle non soppresse della propria Regione e prevederebbe 120 giorni prima che un decreto del presidente del Consiglio arrivi "alla nuova determinazione delle circoscrizioni provinciali". Dopo 2 mesi sarebbero trasferiti i beni e le risorse delle province soppresse.

La decisione ha avuto l'altolà di Umberto Bossi, che si era visto a cena con Giulio Tremonti il quale, poco prima, in un incontro con i parlamentari del pdl, alla Camera, presente Silvio Berlusconi, avrebbe negato questo taglio. La manovra non contiene l'abolizione di "nessuna provincia, dove l'avete letto? non è cosiì, è falso", avrebbe detto il ministro confortato dal premier. Da qui il giallo sull'esistenza o meno di questa misura che invece e' stata messa nero su bianco sul sito del Tesoro che parla di "abolizione" di 10 piccole province. Un 'taglio' che ha subito scatenato gli appetiti dei 'rigoristi' e, soprattutto, di quelli che in piu' occasioni hanno puntato il dito contro gli sprechi e le burocrazie stratificate dei governi provinciali.

I primi e più convinti a chiedere un azzeramento totale delle province sono stati i finiani che con una lettera aperta pubblicata su Il Secolo, hanno perorato direttamente con il titolare dell'Economia la loro causa. Appetiti che, pur in tempi di austerity, non invogliano piu' di tanto il titolare del Tesoro che - anche a fronte delle numerose preoccupazioni giunte da ogni angolo dello stivale - ha voluto subito precisare che non c'e' in vista nessuna abolizione delle province anche perche' "per abolirle occorre modificare la Costituzione".

Una rassicurazione, rafforzata nella serata di ieri anche dal presidente del Consiglio, presa con sollievo soprattutto dal leader della Lega, Umberto Bossi che un po' scherzando un po' non ha voluto puntualizzare anche con i giornalisti che su questo tipo di tagli "ci fermiamo qui" perché"andare oltre sar… difficile. Del resto - ha aggiunto - se uno prova a tagliare la provincia di Bergamo, scoppia la guerra civile...". Meno divertita è la reazione delle opposizioni. Secondo il Pd, infatti, "l'annunciata abolizione delle province è una farsa bella e buona" costruita su criteri "incomprensibili". "O si aboliscono tutte le province, oppure nessuna", scandisce la vicepresidente dei senatori Udc, Dorina Bianchi che invita anche a riflettere come "la soppressione delle province comporti anche la chiusura di presidi importanti, come le Prefetture".

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