Quelli che restano, il racconto di chi non va in vacanza. VIDEO

Cronaca

Chiara Martinoli

L'estate 2021 è quella della ripresa, del green pass e dei viaggi all’estero. Eppure il 50% della popolazione non andrà in vacanza. Da un’indagine Istat sulle intenzioni degli italiani per il periodo giugno-settembre, emerge che circa la metà non si sposterà dalla località di residenza. Chi sono queste persone e perché hanno scelto di non partire? Le storie sono tante e diverse. Vogliamo raccontarle perché esiste anche un’estate di chi non va in vacanza: l’estate di quelli che restano

Estate 2021. L’estate della ripresa, quella in cui si torna a viaggiare, quella degli spostamenti nelle case vacanze, in campeggio, in hotel, dal nord al sud Italia. L’estate del green pass, degli aeroporti affollati, dei viaggi all’estero. Ma è davvero questa la vostra estate? Se la risposta è sì, siete fortunati. Se invece questa descrizione non vi appartiene, è perché fate parte di quel 50% della popolazione che quest’estate non andrà in vacanza. Ebbene sì: da un’indagine Istat sulle intenzioni degli italiani per il periodo estivo (giugno-settembre), emerge che circa la metà non si sposterà dalla località di residenza. È proprio di questa metà che vogliamo occuparci. Chi sono queste persone e perché hanno scelto di non partire? C’è chi non ha soldi per farlo, chi preferisce stare a casa per i timori del contagio, chi rimane per lavorare, magari per portare avanti un’attività che è rimasta a lungo bloccata. Le storie sono tante e diverse. Vogliamo raccontarle perché esiste anche un’estate di chi non va in vacanza. È l’estate di quelli che restano.

1 - “Chi si accontenta gode”

Nel primo episodio di questo nostro racconto a puntate, vi portiamo nello spazio estivo per eccellenza, quel posto in città dove ci si può illudere un po’, dove si può sognare di stare al mare anche quando il mare non c’è: la piscina. Abbiamo scelto il Centro Balneare Romano, del circuito Milano Sport: si tratta della piscina più frequentata dai milanesi, con oltre 40 mila ingressi nei primi due mesi di questa estate. Ma è un altro il primato che contribuisce al fascino di quest’area: si tratta infatti dello stabilimento più antico di Milano, fondato nel 1929. C’è chi lo frequenta da tutta una vita, come Giuliano, che ha 71 anni e origini siciliane, ma vive a Milano fin da quando era bambino: “In questo posto mi trovo benissimo – racconta – mi sento a casa. Questa è la piscina dove venivo da giovane. Ho passato tutta la vita qui e continuo a tornarci ogni estate”. Giuliano è in pensione. Come ogni estate, anche quest’anno non andrà in vacanza: “Non ho soldi a sufficienza per andare al mare. Ma qui si sta bene, non mi lamento”.

C’è anche chi resta a Milano per lavoro e viene in piscina nel giorno libero per godersi un po’ di relax: come Davide e Francesco, 29 e 30 anni, impiegati nella ristorazione a bordo treno: “Milano d’estate? È dura stare qua”, spiega Davide. “Non è un granché la città ad agosto – gli fa eco Francesco – tutto quello che puoi fare è venire in piscina nel tuo giorno libero, ma non è esattamente come stare al mare”. Non la pensano tutti così: per Stefano, che fa il bagnino, restare in città non è poi così male: “Milano d’estate ha un suo fascino. Magari uno va al mare per starsene in pace e invece trova tutti quelli che stavano in città. Qui è più rilassante e poi la piscina è bellissima”. A tenere i cittadini inchiodati alla città, spesso, sono ragioni di famiglia. È il caso di Alessandro, che è nonno e deve occuparsi dei nipoti mentre i genitori lavorano: “È il primo anno dopo 40 che sto a Milano d’estate. Se devo essere sincero non mi piace l’idea, ma quest’anno è andata così”. Invece Carla, che ancora nonna non è ma sta per diventarlo, non potrebbe essere più felice: “Dovevo andare in vacanza, ma sono rimasta qui perché mia figlia partorirà ad agosto. Non me ne posso certo andare”. Bimba in arrivo anche per Fausta e Danilo: anche loro hanno rinunciato alle vacanze. “Per me è la prima esperienza di estate in città – racconta Danilo – Fausta ha origini calabresi e da quando la conosco siamo sempre stati in Calabria in questo periodo”. “In un contesto ordinario ci peserebbe molto restare qui – continua Fausta – ma ora stiamo vivendo un sogno”. “Il mare può aspettare. Per questa volta – sorride Danilo – ci accontenteremo della piscina”. Il segreto è tutto lì. Giuliano, che vi abbiamo presentato all’inizio di questo racconto, lo sa bene: “Qui non è come stare al mare, ma che importa. Chi si accontenta gode!”

Sdraio e ombrelloni sulle spiagge del litorale genovese durante la fase 3 del coronavirus covid 19, Genova, 19 Giugno 2020. ANSA/LUCA ZENNARO

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2 - “Un cliché italiano”

Chiusura estiva, ferie retribuite, vacanze ad agosto. Sono tutti concetti che sfumano nel mondo dei liberi professionisti. Per molti di loro infatti, il lavoro non si ferma mai. Abituati ad essere sempre reperibili e a dover adattare i ritmi di vita alle esigenze del cliente, spesso i freelance si trovano a lavorare anche in piena estate. Certo, lo smartworking ha in parte cambiato le cose, permettendo loro di lavorare quasi ovunque. Eppure, molti scelgono di non spostarsi dalla località di residenza. Le ragioni sono diverse: necessità di strumenti e di spazi che non è facile ritrovare altrove, esigenza di mantenere il contatto con il luogo in cui si lavora o con il cliente, oppure anche solo per una questione psicologica, perché restare in città aiuta a rimanere concentrati sulle consegne da portare a termine. Per raccontarvi le loro storie, abbiamo scelto un posto in cui è possibile conoscere le più diverse categorie di liberi professionisti: uno spazio di coworking.

Che cos’è un coworking? È un ambiente professionale di condivisione, dove è possibile affittare una postazione per lavorare quando si vuole, secondo i propri ritmi. Questi posti offrono numerosi vantaggi: spazi adeguati, pc, connessione internet e stampante, sale riunioni e aree break, insomma tutto quello che serve a un ambiente di lavoro e che non sempre è possibile ricreare a casa propria. C’è poi l’aspetto fondamentale della community, vale a dire la possibilità di lavorare stando in mezzo ad altre persone e poter così fare networking, scambiare idee, instaurare collaborazioni. Siamo a Milano, quartiere Lambrate, una delle aree più fervide e dinamiche della città. Il Coworking Lab è uno spazio aperto h24, 7 giorni su 7, 365 giorni l’anno. “Ogni utente ha le sue chiavi – spiega Gaetano, 28 anni, che gestisce questo spazio – e può venire qui in qualsiasi momento. Troverà sempre una postazione disponibile con tutto il necessario per lavorare”.

 

“Il lavoro è molto cambiato – prosegue Gaetano – in particolare, dopo un periodo pandemico come questo, i ritmi, l’elasticità dei tempi sono completamente modificati. L’idea di chiusura estiva è un concetto abitudinario, un po’ statico. Siamo legati all’idea che ci si debba fermare tutti insieme: ecco, questa cosa sta un po’ cambiando”. “È un vecchio cliché molto italiano”, concorda Daniele, 55 anni. Daniele è un artista, si occupa di realizzare immagini creative e fantasiose che vengono utilizzate per il cinema. Daniele lavora soprattutto con un mercato estero: “Gli americani, ad esempio, non fanno assolutamente questo tipo di pause: è quindi naturale che, se devo lavorare con clienti che non fanno pause, anche io non ne faccia”. Lavora invece con aziende italiane Ilenia, 39 anni, architetto: “Per noi questo è un periodo intenso, perché i nostri clienti ci chiedono di ristrutturare gli spazi proprio quando i loro dipendenti sono in vacanza”. È stato un anno particolarmente attivo per gli architetti: “La pandemia – spiega Ilenia – ha spinto molte aziende a ripensare completamente gli spazi di lavoro”. Non solo le aziende, ma anche i privati: stare chiusi in casa ha fatto capire a molti l’esigenza di investire sugli spazi e di puntare sul green. Paola è una landscape designer, si occupa di progettazione per spazi esterni: “Mi trovo a Milano d’estate perché i cantieri non sono finiti, anzi: questo è il momento clou della stagione”. “Nel mio settore non ci si ferma mai”, racconta Andrea, 47 anni. Andrea è un grafico editoriale, si occupa di impaginazione di riviste e di libri. Riviste e libri che escono sempre, in qualsiasi periodo dell’anno. Adesso, in particolare, ci sono le consegne per settembre da portare a termine.

 

Rinunciare alle vacanze estive è dura, ma nessuno qui né fa un dramma, anzi: “Io apprezzo molto Milano ad agosto – spiega Martina, architetto – perché ha un ritmo diverso. Trovo che agosto sia uno dei periodi più piacevoli, per quanto mi riguarda”. “Sicuramente c’è qualche vantaggio a restare in città d’estate – ammette Paola – C’è molto meno traffico, meno confusione. E questo permette anche di lavorare meglio”. E poi, ormai l’estate in città non è più desolante come lo era un tempo: “Io mi ricordo che quando ero più giovane ad agosto a Milano era tutto completamente chiuso – racconta Daniele – non si riusciva a trovare un bar, un ristorante dove mangiare. Ora questa cosa è cambiata”. “Quando ero un ragazzino la città d’estate appariva deserta – ricorda Andrea – ora invece mi sembra che sia piena di vita, anche durante l’estate”.

3 - “Gli amici contano molto più della vacanza”

L’estate in città è pesante per tutti. Ma lo è ancora di più per la popolazione più fragile, per gli anziani, che soffrono il caldo e spesso sono lasciati a sé stessi senza compagnia, senza un’attività per passare il tempo. Per fortuna esistono spazi ricreativi dove i mesi estivi scorrono più sereni, grazie al senso di comunità che si crea al loro interno. Uno di questi è la bocciofila Martesana, periferia nord-est di Milano.

In questo terzo episodio della nostra serie, vi raccontiamo le storie degli anziani che non vanno in vacanza. Sono storie di resilienza e di speranza, di chi non si arrende davanti alle difficoltà: né gli acciacchi dell’età, né la mancanza di denaro, né la paura del virus fermano la loro voglia di vivere.

 

 

Ermanno ha 85 anni, occhi sognanti, e allegria da vendere: “Come mai sono qui quest’estate? Ma io sono sempre qui, sia d’estate che d’inverno! Per me questa è la seconda casa”. La bocciofila, generalmente, è un posto frequentato da persone anziane, ma non è sempre stato così: una volta erano il luogo d’incontro dei giovani: gli stessi, che le sono rimasti fedeli: “Sono più di 40 anni che vengo qua – racconta Maria Rosa, che ora di anni ne ha 75 – sono una di casa”. Esile e colorata, osserva da bordo campo gli uomini che giocano. Assicura, le bocce non sono un’attività esclusivamente maschile: “Una volta erano tante le donne che giocavano. Io stessa sono stata campionessa in diversi tornei”. Maria Rosa non andrà in vacanza quest’estate perché la diffusione del virus non la fa sentire al sicuro. Non è l’unica. Anche Rodolfo, 78 anni, ha rinunciato per le stesse ragioni: “Dato che c’è questa pandemia preferisco restare a casa con mia moglie – racconta – e poi qui non è affatto male: si gioca alle bocce, a burraco e si passa un po’ di tempo con gli amici. Questi – dice indicando i compagni che giocano – sono tutti a casa, non vanno mica al mare”. “Poi la sera si mangia, si sta in compagnia – racconta Arcangelo, 76 anni – è un ottimo posto dove passare il tempo”.

 

Per tutti, la bocciofila è un affare molto serio. Ai bordi del campo sono esposti cartelli con una scritta a caratteri cubitali: “Durante il gioco si prega di non bestemmiare e di moderare il linguaggio”. Pratica spesso disattesa, dato che il clima in campo si scalda facilmente e il dialetto milanese parlato da tutti si imbizzarrisce nelle sue sfumature più colorite. Ma fa parte del gioco e non c’è rabbia né rancore fuori dal campo. “La bocciofila? Per me è tutto – sancisce Remo , 85 anni, uomo di poche parole ma di grande azione: è tra i più forti in campo e lamenta che i giovani non si dedichino più a questo sport – ormai non gioca più nessuno. Prima o poi i campi da bocce spariranno”. “Giocare alle bocce è un’attività fisica, ci si stanca anche”, racconta Arcangelo. “E’ una ginnastica, un allenamento – concorda Ermanno – è qualcosa di fenomenale”. Anche Ermanno resta a Milano tutta l’estate, ma non gli importa: “Guardi, a me non è che interessa più di tanto la vacanza – spiega seriamente – qua ci sono gli amici, che contano molto di più”. Dopotutto, per chi ormai è in pensione da anni, la vacanza è uno stato dell’anima, un modo di affrontare la vita. Un po’ come fa Remo: “Io a casa non ci voglio stare. Vengo qui tutti i giorni perché voglio restare attivo. Io la penso così: chi vuole vivere, vive!”.

4 – "Recuperare il tempo perduto"

La lunga estate di chi non va in vacanza, è anche quella di chi non ha potuto lavorare – o quasi – negli altri mesi dell’anno. Parliamo di bar, locali e ristoranti: mesi di chiusure dovute alle misure anti-contagio hanno messo a dura prova questo settore, che in un anno ha visto un calo senza precedenti del fatturato (oltre 34 miliardi di euro nel 2020) e dei posti di lavoro (243mila occupati rispetto al 2019). Per questo, l’estate – con tutte le incognite e le variabili legate all’emergenza virus – è un momento più sereno per chi si guadagna da vivere in questo settore: dopo lunghe chiusure, molti di loro non vogliono lasciarsi sfuggire l’occasione di lavorare per recuperare il tempo perduto. I protagonisti di questo quarto episodio sono gestori di locali, barman, camerieri: adesso che si può rimanere aperti, non ci pensano neanche per scherzo ad andare in vacanza.

 

 

Siamo a Milano, Arco della Pace, lungo strade dove l’aperitivo è uno stile di vita, lo spritz – con stuzzichini annessi – un imperativo morale. Tra i custodi di questo mondo troviamo Dalida, 49 anni: “Restare aperti d’estate? Non è una scelta – spiega – è quasi un’imposizione. Con la fatica che abbiamo fatto quest’anno, non possiamo permetterci di rimanere chiusi proprio adesso”. È più ottimista Patrick, 42 anni: “Sono molto motivato quest’estate – rivela – questo è il momento buono per recuperare il tempo perduto nei mesi passati”. “Restare aperti in questo momento può essere anche una scelta strategica – suggerisce Emanuele, 25 anni – alcuni locali chiudono ad agosto: per la gente che resta in città, noi diventiamo un punto di riferimento, il posto dove andare la sera quando stacchi dal lavoro”. “Per me l’estate significa tornare finalmente ad avere buone opportunità per lavorare – racconta Joseph, 21 anni, che adesso fa il cameriere in un locale – ora un lavoro ce l’ho e sono ben contento di non andare in vacanza”.

 

Dopotutto, ormai lavorare d’estate non è più così desolante: “Le altre estati erano diverse – spiega Joseph – la città era più vuota. Adesso invece è pieno di gente, c’è tanto movimento”. “Certo, si respira un atmosfera strana – ammette Patrick – la città ad agosto è sempre un po’ triste. Ma sicuramente non è più come gli anni precedenti, Milano ora è molto più popolata rispetto alle scorse estati”. Poche certezze e molte speranze tra i lavoratori del settore: chi resta aperto in città, lo fa scommettendo sulla presenza dei tanti che quest’estate non andranno in vacanza. “Che dire, è tutta una sorpresa – sorride Dalida – vedremo come andrà, sperando che vada bene”. 

5 - "Dove vuoi che vada?"

Secondo dati Istat, i poveri assoluti sono aumentati di un milione nel 2020, arrivando a 5,6 milioni: quasi una persona su dieci nel nostro Paese (il 9,4% della popolazione), si trova in questa condizione. Che cosa si intende per povertà assoluta? Sono classificate come assolutamente povere le famiglie che hanno una spesa mensile uguale o inferiore a un valore di spesa minima che cambia a seconda della regione considerata. In un contesto drammatico, noi vogliamo raccontarvi storie di speranza e solidarietà. Storie di chi non parte per aiutare chi è rimasto indietro.

 

 

In questo ultimo episodio della nostra serie vi portiamo a due passi dalla stazione Centrale di Milano, dove i volontari del progetto Arca distribuiscono beni di prima necessità. “L’emergenza alimentare non va in vacanza – racconta Gian Marco, 27 anni – ci sono molte famiglie che hanno bisogno di un supporto anche nel mese di agosto e quindi noi volontari siamo qui a garantire la nostra presenza”. È un presidio importante, il loro: durante l’estate le persone da aiutare sono sempre le stesse, mentre tende a diminuire il numero dei servizi di sostegno. Non è facile infatti reperire volontari durante i mesi estivi. Per fortuna c’è chi sceglie di rimanere in città per continuare a dare una mano: “Ricordo che prendevo gli appuntamenti per la distribuzione degli alimenti – spiega Claudio, 69 anni – e chiedevo alle persone bisognose: ‘Ma il mese di agosto voi ci siete?’. Tutti mi rispondevano: ‘Dove vuoi che vada?’. Ecco, alla fine ho capito che se ci sono loro dovevo esserci anch’io. Per cui ho rinunciato alle vacanze e sono qui”.

 

Chi sono le persone che vengono a ritirare gli alimenti? “Arrivano a chiederci aiuto tanti tipi di persone diverse – spiega Simone, 26 anni – single, famiglie, anziani, ma spesso anche persone molto giovani che si trovano in difficoltà. Sono tutte persone che quest’anno, soprattutto a causa del Covid, hanno visto nascere o acuirsi delle condizioni di disagio economico”. “Tantissimi vengono da noi perché sono poveri, hanno bisogno di tutto – aggiunge Claudio – ma a volte vengono anche solo per parlare, per sentire una parola di conforto: è importante sapere che c’è qualcuno che può dare sempre una mano, anche in piena estate”. Un’estate, questa, ancora più dura delle precedenti: “Rispetto alla scorsa estate la necessità di aiuto è aumentata in maniera esponenziale – sostiene – si risente molto dell’anno vissuto completamente in un contesto di pandemia, con i nuovi lockdown che hanno portato conseguenze economiche che ben conosciamo: in assoluto – conclude Claudio – direi che c’è stato un deciso aumento di necessità e di aiuto”. Un aiuto che arriva sempre, grazie a persone come loro. Claudio sa bene quanto è importante esserci per offrire sostegno: “Io sono nato in una famiglia molto povera, so cosa vuol dire avere bisogno degli altri e so cosa vuol dire non trovare aiuto. E quanto è bello, quando trovi qualcuno che ti aiuta!”.

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