Che cosa prevede la legge Mancino
CronacaPunisce la propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico e l’esaltazione di esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo. I critici sostengono che violi l’articolo 21 della Costituzione: la libertà di opinione
Il ministro della Famiglia Lorenzo Fontana ha proposto con un post su Facebook l’abrogazione della legge Mancino che, secondo l’esponente leghista "in questi anni strani si è trasformata in una sponda normativa usata dai globalisti per ammantare di antifascismo il loro razzismo anti-italiano". Il provvedimento, che prende il nome dall'allora ministro dell'Interno che lo propose, il democristiano Nicola Mancino, nacque per integrare la legge Scelba del 1952 e per punire i reati di odio e discriminazione razziale.
Il contenuto della legge
La legge Mancino, approvata nel 1993, punisce la propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, e l’esaltazione di esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche. La pena prevista è la reclusione fino a un anno e sei mesi o una multa fino a 6.000 euro per “chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. Mentre è da sei mesi a quattro anni per chi "incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi". Si vieta inoltre ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi vi partecipa è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell'assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
Il precedente della legge Scelba
La legge era stata introdotta anche per specificare ulteriormente quanto già previsto sull’apologia di fascismo dalla legge Scelba, approvata nel 1952 (COS'E' L'APOLOGIA DI FASCISMO). Il provvedimento aveva lo scopo di attuare la XII disposizione transitoria della Costituzione, che recita: "È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista". La legge non punisce soltanto la riorganizzazione ma anche tutti quei comportamenti che esaltano il fascismo. La norma sanziona chiunque "promuova oppure organizzi sotto qualsiasi forma, la costituzione di un'associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista". La pena prevista è da cinque a dodici anni. La legge Scelba punisce inoltre chiunque "pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche".
Le proposte di modifica
Nel tempo sono state diverse le proposte di modifica della legge Mancino. Da un lato per estenderla ai reati basati sulla discriminazione in base all'orientamento sessuale e all'identità di genere, dall’altro per inasprire la normativa sull’apologia di fascismo. Nel 2017, il deputato del Pd Emanuele Fiano ha presentato un disegno di legge che introduceva nel codice penale un nuovo articolo, il 293-bis, che puniva "chiunque propaganda le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco". Sostanzialmente si vietava la possibilità di fare il saluto romano, di vendere oggetti che raffigurano Adolf Hitler o Benito Mussolini, o slogan e simboli chiaramente riferibili ai due dittatori o ai loro regimi. La Camera dei deputati aveva approvato la proposta ma il termine della legislatura, con lo scioglimento delle Camere nel dicembre 2017, ha messo fine alla discussione della legge in Senato.
Le critiche e le risposte della Corte Costituzionale
I critici della legge Mancino e della legge Scelba sostengono che sarebbero norme incostituzionali, in quanto in contrasto con l'art. 21 della Costituzione che garantisce la libertà di manifestazione del pensiero. Nel 2014, la Lega ha raccolto firme (senza raggiungere il quorum necessario) a sostegno di un referendum per l'abrogazione del provvedimento. La Corte costituzionale in due sentenze degli anni '50, ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale riguardanti la legge Scelba, precisando che l’apologia di fascismo si realizza non semplicemente attraverso una "difesa elogiativa" del fascismo, ma attraverso "una esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista", cioè in una "istigazione indiretta a commettere un fatto rivolto alla riorganizzazione".