
È passato oltre mezzo secolo da quando l'Arno esondò nel capoluogo toscano: per salvarlo arrivarono da tutto il mondo "gli angeli del fango". L'acqua provocò 35 morti (17 in città, 18 nella provincia) e danni inestimabili

4 novembre 1966: sono passati 57 anni da quando l’alluvione colpì Firenze, cittadini e patrimonio artistico, con la sua furia di acqua e fango
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Era un venerdì di festa nazionale e, dopo giorni di forte maltempo, i fiorentini si svegliarono con l’Arno che aveva invaso la città trascinando tutto con sé. Una targa in via dei Neri, nel quartiere di Santa Croce, ricorda il punto più alto raggiunto dalla piena: 4 metri e 92 centimetri
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Morirono 35 persone: 17 a Firenze, 18 in provincia. Probabilmente, se non fosse stato un giorno festivo, le vittime sarebbero state molte di più. Musei, chiese, luoghi d’arte si allagarono: l’acqua entrò in Palazzo Vecchio, nel Duomo, nel Battistero, sventrò le botteghe degli orafi sul Ponte Vecchio, procurando gravi danni anche al soprastante Corridoio Vasariano
G20: solo 6 Paesi hanno alzato i target sul climaPer diverse ore si era temuto che i morti, soprattutto nel capoluogo toscano, fossero centinaia: l’acqua, infatti, aveva inondato diversi negozi trascinando via molti manichini che sembravano cadaveri
L’Arno ruppe gli argini, dopo giorni di pioggia, poco dopo le cinque di mattina di 57 anni fa all’altezza del lungarno Acciaioli e del lungarno delle Grazie, mentre il torrente Mugnone inondava la zona intorno al Parco delle Cascine

L’acqua entrò in città e travolse tutto: case, negozi, monumenti. Furono migliaia le opere d’arte danneggiate, milioni i volumi sommersi, oltre 20mila le macchine trascinate via. Oltre alle 35 vittime, quasi 20mila le famiglie alluvionate e 4mila quelle rimaste senza casa
Per aiutare Firenze (la popolazione, ma anche il patrimonio artistico colpito) furono tantissime le persone che arrivarono da tutt’Italia e anche da altre parti del mondo. Soprattutto giovani, ma non solo. I cosiddetti “angeli del fango” (definizione coniata dal giornalista del Corriere della Sera Giovanni Grazzini): volontari che, dormendo dove capitava, diedero una mano a spalare la melma, distribuire viveri, recuperare libri, quadri e altre opere d’arte
Una foto d'archivio dei danni provocati dall'alluvione

Una delle immagini di quel 4 novembre 1966, quando uno dei luoghi simbolo della cultura italiana nel mondo fu sommerso dall'acqua, assieme al suo inestimabile patrimonio artistico

I danni a Ponte Vecchio
“Fiorentini! In questo momento mi giunge la triste notizia che l'acqua dell'Arno è arrivata in piazza del Duomo. In alcuni quartieri” è “al primo piano. È lì che deve giungere anche l'aiuto più urgente. Invito tutti alla calma e a ridurre al minimo la circolazione, mentre prego i possessori di battelli di gomma e di mezzi anfibi, anche in plastica, di farli affluire in Palazzo Vecchio, per gli immediati soccorsi sanitari, alimentari e di salvataggio”: disse l’allora sindaco Bargellini via radio

Firenze in quel momento era isolata: saltati telefoni e luce, interrotte anche autostrade e ferrovia. Mentre l’Arno invadeva la città, per molto tempo nessuno (neppure a Roma) si rese conto di quanto stava succedendo. Non esisteva ancora un quartier generale della protezione civile né un'altra struttura in grado di monitorare l'evolversi di una situazione di crisi. Il fiume Arno, a monte di Firenze e dentro la città, non era nemmeno classificato in una delle categorie a rischio idraulico

Solo ore dopo i telegiornali e le radio nazionali iniziarono a raccontare. E le immagini crearono una mobilitazione senza precedenti. Nelle ore e nei giorni successivi scattò una corsa contro il tempo per salvare non solo vite, ma anche il patrimonio artistico della città. Danneggiato in modo irrimediabile, tra le altre cose, il Crocifisso di Cimabue conservato nella Basilica di Santa Croce (a sinistra). Migliaia di volumi, tra cui preziosi manoscritti e rare opere a stampa, furono coperti di fango

Innumerevoli anche i danni ai depositi degli Uffizi, con i volontari che arrivarono in città per cercare di strappare al fango libri e opere d’arte

“Gli angeli del fango”, che lottarono per strappare all’oblio testimonianze di secoli di arte e storia, rimangono una delle immagini più belle della tragedia del 1966
Su tanti monumenti, in tante chiese, rimasero impresse le tracce del livello raggiunto dall’acqua. Anche la Porta del Paradiso del Battistero di Firenze fu spalancata dall’Arno e dalle ante sbattute violentemente si staccarono quasi tutte le formelle del Ghiberti
L’acqua invase tutta la città. Da Rovezzano a S.Salvi, Gavinana e poi nel centro storico: Oltrarno, San Frediano, Santa Croce, dove con la rottura della spalletta di piazza Cavalleggeri la furia del fiume fu ancora più devastante. Crollò il lungarno Acciaiuoli e parte di quello Corsini
Esondarono più di 70 milioni di metri cubi di acqua. Oltre alle 35 vittime, una moltitudine di persone perse casa, bottega, negozio
Nessuno pensava che qualcosa del genere sarebbe potuto accadere, sebbene avesse piovuto tanto sul finire di ottobre e senza sosta il 3 novembre. E sebbene l'Arno, la sera prima di quel 4 novembre, fosse "gonfio" da far paura
Ai fiorentini non fu dato l'allarme: se ne accorsero dalla finestra, in strada, ricevendo una chiamata. Chi, più tragicamente, per l'acqua in casa. Molti salirono sui tetti per salvarsi. Lo fecero anche i detenuti del carcere delle Murate, alcuni dei quali evasero
L’alluvione cambiò il volto della città, soprattutto di alcuni quartieri. Non pochi, tra quelli che avevano perso tutto, preferirono trasferirsi e ricostruire altrove
Solo verso sera l’acqua, che aveva continuato a salire per buona parte del giorno, iniziò a ritirarsi. Lasciando vittime, desolazione e un mare di fango. In una città al buio e al freddo
Due giorni dopo, in Santa Croce, si impantanò anche la jeep del presidente Saragat, che non fu accolto con entusiasmo: per molte ore da Roma non si era capita la tragedia che stava avvenendo a Firenze

Quel 4 novembre 1966 le strade della città erano diventate torrenti, neri per la nafta uscita da caldaie e serbatoi, con decine di persone, auto, bidoni, tronchi, opere d’arte, animali trascinati via
Il primo ad arrivare del Governo, avvisato da un assessore, fu il ministro Giovanni Pieraccini. Riuscì a raggiungere Firenze dopo 8 ore di viaggio: “Credo di essere stato il primo nella storia – ha ricordato – a entrare in gommone a Palazzo Medici Riccardi”

Tra “gli angeli del fango” che accorsero a Firenze, per dare una mano a esercito e forze dell’ordine, anche persone poi diventate famose. Come Pier Luigi Bersani, Antonello Venditti, Francesco De Gregori, il cardinale Betori e altri vescovi

Quello del 4 novembre 1966 fu uno dei più gravi eventi alluvionali accaduti in Italia, causò danni ingenti non solo a Firenze ma in gran parte della Toscana e più in generale in tutto il Paese
Diversamente dall'immagine che in generale si ha dell'evento, l'alluvione non colpì solo il centro storico di Firenze ma l'intero bacino dell'Arno, sia a monte sia a valle della città

Una delle targhe che ancora oggi ricordano l’altezza che raggiunse l’Arno a Firenze nel 1966 –