Il caso dell'imam di Torino Shahin, rischia espulsione per dichiarazioni su 7 ottobre

Cronaca

Mohamed Shahin è l’imam del quartiere torinese di San Salvario. L’assalto alla redazione della Stampa di alcuni filopalestinesi lo scorso 28 novembre ha riportato attenzione sul suo caso. Shanin dallo scorso 24 novembre è detenuto nel centro di permanenza per il rimpatrio di Caltanissetta, in attesa di essere espulso: gli sono contestate frasi di un discorso dello scorso ottobre durante una manifestazione organizzata per protestare contro i due anni di invasione israeliana nella Striscia di Gaza

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Aveva detto di essere "d’accordo" con quanto successo il 7 ottobre del 2023, e che la strage compiuta dai miliziani di Hamas in Israele, in cui furono uccise circa 1.200 persone e altre 250 furono rapite, "non è una violenza". Per questo Mohamed Shahin, l’imam del quartiere torinese di San Salvario, è detenuto dallo scorso 24 novembre nel centro di permanenza per il rimpatrio di Caltanissetta, in attesa di essere espulso. 

L'assalto dello scorso 28 novembre da parte di alcuni manifestanti filopalestinesi alla redazione della Stampa ha Torino ha riportato luce sul suo caso, perché il gruppo che aveva partecipato all'irruzione nella redazione si era staccato proprio da un corteo di protesta più ampio organizzato a sostegno di Shahin.

Posizioni radicali

L'accusa per Shahin è quella di avere posizioni estremamente radicali, in riferimento specialmente ad alcuni passaggi di un discorso che aveva tenuto lo scorso ottobre durante una manifestazione organizzata per protestare contro i due anni di invasione israeliana a Gaza.

"Sono contro la violenza"

"Sono contro ogni violenza. Lo sono sempre stato", ha risposto direttamente dal Cpr di Caltanissetta Shahin, mentre conversava con Fairus Ahmed Jama, uno dei legali che a forza di carte bollate stanno tentando di evitare all'imam di San Salvario l'espulsione e il rimpatrio in Egitto. "Che non sia un violento - afferma l'avvocata - non lo dice solo lui: lo dicono le sue azioni, lo dicono i tanti progetti che ha portato avanti per favorire l'integrazione". Nonostante le spiegazioni rese in aula, la Corte d'appello di Torino ha convalidato il trattenimento di Shahin nel Cpr siciliano. E prima ancora la Commissione territoriale di Siracusa aveva respinto la richiesta di riconoscimento della protezione internazionale. Ma in base alla procedura la cacciata dall'Italia resta ancora sospesa per quindici giorni e c'è ancora il tempo per ricorsi e contro ricorsi. Lo staff difensivo ne sta preparando tre. Uno al Tar del Lazio contro l'espulsione e uno in Cassazione contro il trattenimento; il terzo, in una sede ancora da individuare, riguarderà l'asilo politico. 

Il Ministero dell'Interno

A giudizio del Ministero dell'interno, però, c'è anche altro: il "percorso di radicalizzazione religiosa", per esempio, o "i contatti con soggetti noti per la visione violenta dell'Islam". In una delle udienze in cui è stato discusso il caso i rappresentanti del Viminale hanno fatto i nomi di due di questi  "soggetti". Gente che Shahin ha fatto rientrare fra le centinaia di persone che ha incontrato normalmente come imam o organizzatore di eventi culturali.

Fiaccolata pro Imam Shahin a Torino - ©Ansa

La procura archiviò frase su Hamas

Il comizio dell'imam di Torino interpretato come un sostegno ad Hamas non contiene estremi di reato. Lo stabilì - secondo quanto apprende l'ANSA - la procura del capoluogo piemontese, che dispose, già lo scorso 16 ottobre, l'archiviazione di un fascicolo originato da una segnalazione della Digos. 

"Non è possibile che il ministro Piantedosi consideri 'pericolose' delle frasi che secondo la magistratura non configurano estremi di reato". È quanto afferma l'avvocato Gianluca Vitale, uno dei legali dell'imam Mohamed Shahin, commentando la notizia dell'archiviazione del fascicolo da parte della procura di Torino. "Non stiamo parlando - spiega - di frasi che, per quanto improprie, sono in qualche modo scriminate dall'articolo 21 della Costituzione. Stiamo parlando di parole che sono state considerate una 'espressione di pensiero' che 'non integra estremi di reato'. Non c'è istigazione e non c'è apologia perché non c'è nessun pericolo per l'ordine pubblico e nessuna volontà di fare propaganda a un fatto. Ma allora come si fa a dire che l'imam costituisce un 'pericolo' proprio sulla scorta di quelle frasi?".  

La Fcei chiede l'annullamento

Intanto il Consiglio della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) chiede l’annullamento del provvedimento amministrativo che ha colpito l’imam.  Questa richiesta è legata a due motivazioni. "Anzitutto, per quanto gravi possano essere le azioni contestate, la Corte di Cassazione ha ribadito che il diritto italiano vieta l’estradizione in un paese dove il soggetto rischia la pena di morte - si legge in una nota -. L’imam è stato colpito da un provvedimento amministrativo che tuttavia rischia di aggirare i distinguo e le garanzie del processo penale. Riteniamo che la tutela della vita della persona debba essere preoccupazione prioritaria della Repubblica". 

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