Funerale a Ferrara, seppelliscono la bara ma la salma del defunto resta in ospedale

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Sul caso è stato aperto un fascicolo d'indagine di tipo conoscitivo, senza indagati né reati individuati. L'estumulazione è in programma per questa mattina, per chiarire se siano stati fatti i funerali con una bara completamente vuota oppure, ed è l'ipotesi peggiore, se siano stati fatti alla persona sbagliata

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I funerali sono stati celebrati diversi giorni fa, con tumulazione della bara, ma la salma della defunta era ancora in obitorio in ospedale. Oggi, riporta la Nuova Ferrara, si procederà con l'estumulazione, per avere la conferma che la bara seppellita fosse vuota. 

Aperto fascicolo conoscitivo

Tutto parte il 10 novembre, riporta il quotidiano, quando a Ferrara sono stati effettuati i funerali di una donna di 86 anni deceduta all'ospedale del Delta di Lagosanto, dove la salma era stata tenuta fino alla celebrazione dei funerali. Dopo alcuni giorni, proprio dall'ospedale della provincia è arrivata una comunicazione ad Amsef - l'agenzia di onoranze funebri controllata dal Comune - per sapere quando sarebbe avvenuto il ritiro del corpo della signora, che era ancora conservato nelle celle frigorifere, in attesa della sepoltura. Così l'agenzia funebre comunale ha iniziato a ricostruire quanto avvenuto. L'Amsef avrebbe richiesto a un'agenzia privata di trasportare all'ospedale una bara per la signora e poi avrebbe provveduto essa stessa, con i proprio operatori, alle restanti operazioni. Però gli operatori di Amsef avrebbero trovato la bara chiusa e avrebbero proceduto alla saldatura per la chiusura ermetica. Poi i funerali. Sul caso è stato aperto un fascicolo d'indagine di tipo conoscitivo, senza indagati né reati individuati. L'estumulazione è in programma per questa mattina, per chiarire se siano stati fatti i funerali con una bara completamente vuota oppure, ed è l'ipotesi peggiore, se siano stati fatti alla persona sbagliata. 

 

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La nota di EFI

Dopo i fatti, l'Associazione EFI, Eccellenza Funeraria Italiana, ha espresso vicinanza e "sentite scuse" alla famiglia coinvolta precisando tuttavia "di non poter commentare nel merito l’accaduto, non essendo a conoscenza diretta dei fatti oggetto delle cronache". L'Associazione ha poi colto l'occasione per "sottolineare come

questa vicenda rappresenti un segnale nazionale di una criticità strutturale che da

anni interessa il settore funebre italiano". Come si legge nel comunicato stampa, "molti Enti — in particolare diversi Comuni e Regioni — non verificano in

modo adeguato il rispetto dei requisiti previsti dalle normative, soprattutto in fase

di rilascio delle nuove autorizzazioni. Questa insufficiente vigilanza consente l’ingresso di operatori privi delle qualifiche richieste, con ricadute negative sulla

qualità del servizio, sulla sicurezza e sulla tutela delle famiglie. La concorrenza di

imprese non regolari o non qualificate, che non sostengono i costi necessari per

mantenere personale numeroso e formato come imposto dalla legge, genera

una distorsione del mercato. Le imprese storiche e strutturate – che operano nel pieno rispetto delle norme – si trovano spesso costrette a comprimere le risorse umane o a sovraccaricare il personale, che spesso riscontra problematiche sovrapponibili al burnout, pur di rimanere competitive, con il rischio di compromettere standard che dovrebbero invece essere innalzati". Per EFI, infine, "il settore funebre necessita di una profonda revisione, non solo sul piano normativo, ma soprattutto su quello culturale e professionale: occorre alzare l’asticella della formazione, provvedere all’inserimento di un requisito di un livello di scolarizzazione minimo degli operatori del settore, rinnovare e ampliare i cicli formativi obbligatori, rafforzare i controlli e garantire il rigoroso rispetto degli oneri di legge".

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