Perché il rischio povertà in Campania ci deve preoccupare

La Campania, ancora una volta, viene citata dall’Eurostat per il rischio più alto di povertà ed esclusione sociale nel 2024: dopo la Guyana Francese , la Calabria , la città autonoma spagnola di Melilla , la regione presenta il 43,5% della popolazione esposta. E c’è da sottolineare che anche Sicilia e Puglia non se la passano bene: la percentuale per loro è rispettivamente del 40,9% e del 37,7%. La fotografia non è confortante: le regioni del Sud sono tutte sopra la soglia critica del 33%. La notizia fa riflettere anche perché la Campania è la terza regione d’Italia per numero di abitanti, e questo vuol dire che su circa 5,6 milioni di campani, quasi la metà sono esposti a questo rischio: poco meno di due milioni e mezzo di persone. La regione si colloca quasi al doppio della media europea, circa il 21 %, mentre la media italiana si attesta sul 26%. In pratica, considerando le regioni del Sud, esiste un Paese dentro il Paese. Ed è un dato che fa il paio con un altro report diffuso a settembre da Eurostat e che riguarda il tasso di occupazione: al Nord ci sono tassi di lavoro superiori alla media europea – come a Bolzano, Valle d'Aosta, Trento, Toscana e Veneto - mentre il Sud arranca; Calabria , Campania e Sicilia restano le regioni con i livelli d’occupazione più bassi dell'Unione europea: la media è del 75,8%. Si può affermare senza timore di essere smentiti che, in base ai dati, l’Italia registra lo squilibrio territoriale più marcato in Europa. Cos’è il rischio povertà ed esclusione sociale Ma cos’è, in sostanza, questo “rischio di povertà ed esclusione sociale” e cosa include? Si tratta di un indicatore, abbreviato AROPE, che misura quante persone vivono in una o più tra queste tre situazioni critiche: la prima include le famiglie con un reddito disponibile – cioè quello che resta dopo tasse e sussidi - inferiore al 60% del reddito mediano nazionale, cioè il valore centrale nella distribuzione dei redditi. Per esempio: se il reddito mediano è 20mila euro netti all’anno, chi dispone di meno di 12mila euro netti è a rischio povertà. La seconda condizione che viene esaminata è quella della grave deprivazione materiale e sociale, cioè le famiglie che non possono permettersi di pagare l’affitto o le bollette, climatizzare adeguatamente la casa, sostenere spese impreviste, mangiare carne o pesce ogni due giorni, avere un’auto o una connessione internet. E poi si contano le famiglie a bassa intensità lavorativa, nelle quali cioè i componenti tra i 18 e i 64 anni hanno lavorato meno del 20% del tempo disponibile durante l’anno. È un indicatore importante perché permette di capire non soltanto chi è povero oggi, ma chi rischia di diventare povero e vulnerabile dal punto di vista sociale domani. L’osservatorio della Caritas Il Rapporto statistico “La povertà in Italia” sarà presentato a novembre, ma Sky Tg24 Insider è in grado di anticipare il trend osservato. “Sicuramente abbiamo un aumento della povertà assoluta per tre motivi principali – spiega suor Marisa Pitrella, direttrice della Caritas di Napoli – Uno: perché il lavoro è sempre a nero ed è sottopagato. Due: i giovani vanno di meno a scuola, quindi ciò a cui si deve puntare è l'istruzione, se non si punta all’istruzione, la povertà aumenterà sempre di più. Tre: non c’è la casa. Gli affitti sono sempre più alti e non si trovano case”. Sempre più persone alle mense e nei dormitori C’è un aumento delle persone che vanno alle mense, anche molto giovani, che si trovano a essere senza dimora, non solo stranieri ma anche italiani: al Binario della solidarietà, centro di accoglienza diurno per le persone senza casa, l’età media degli utenti si è abbassata fino ai circa trent’anni. “Abbiamo anche persone giovanissime – racconta ancora – in un dormitorio che non è gestito direttamente dalla Caritas, stiamo accogliendo un giovane che si è trovato in seria difficoltà, senza casa e senza sostentamento, è all’ultimo anno di università e lo stiamo aiutando economicamente a terminare gli studi, perché siamo convinti che avere un titolo di studio e quindi una professione aiuti poi a trovare lavoro e a sognare, per il presente e per il futuro”. La direttrice punta il dito contro l’assegno di inclusione, “che ha una platea ridotta rispetto al reddito di cittadinanza, per cui sempre più persone sono in difficoltà”. Ogni giorno, alle mense di Napoli, chiedono aiuto circa 1500 persone: “E non sono solo persone singole – spiega – a volte sono intere famiglie che chiedono un sostegno: anche se lavorano non riescono ad arrivare a fine mese”. La povertà assoluta aumenta del 10 per cento La direttrice anticipa che la povertà assoluta, secondo i dati Caritas, è aumentata del 10% nel 2024, rispetto all’anno precedente. Volendo fare un esempio in termini assoluti, solo a Napoli le persone sostenute dalla Caritas nel 2024 sono state più di 45mila, a fronte di 40mila nel 2023: “Non mettiamo in conto soltanto gli immigrati – chiarisce suor Marisa Pitrella - Ma anche gli italiani. Non avendo un lavoro ben retribuito e con tutti i diritti e i doveri, quando una persona ha un piccolo incidente, anche in casa, rimane senza lavoro e senza stipendio”. Ma quali sono i supporti maggiormente richiesti dalle persone in difficoltà? “Aiuto per pagare l’affitto, per lo studio dei figli, per le utenze”. Gli sfratti In Campania aumentano gli sfratti: secondo gli ultimi dati del Ministero dell’Interno, nel 2024 ce ne sono stati 4595, la maggior parte per morosità. Un aumento di quasi il 12% rispetto al 2023. “Prima l'affitto di una casa costava intorno ai 450-500 euro – ricorda la direttrice della Caritas - oggi a meno di 700 euro a Napoli non si trova veramente nulla. Anche se lavorano, spesso in nero, le persone guadagnano 900 o 1000 euro, se ne pagano 700 per un affitto non possono farcela”. Un mix esplosivo, se ricordiamo i dati Eurostat appena citati per i quali quasi la metà dei campani è a rischio povertà, e i dati della stessa Caritas: “Adesso, per esempio, a Napoli stiamo cercando una casa per una famiglia che ha quattro figli, ma non si trova nulla: gli affitti sono alti ma nemmeno si trovano appartamenti, perché sono stati fatti tantissimi b&b o le persone li stanno utilizzando per farli diventare uno strumento per la sopravvivenza”. La bolla turistica, insomma, ha finito per complicare il quadro. L’appello della Caritas “Io credo – afferma con forza suor Marisa Pitrella - che ci voglia un intervento serio da parte delle istituzioni, perché prendano a cuore il discorso delle case e ci siano più appartamenti a prezzi abbordabili per le famiglie che hanno già condizioni economiche abbastanza problematiche. E poi si dovrebbe fare una verifica anche sulla questione lavoro. La platea dell’assegno di inclusione andrebbe ampliata e lo strumento dovrebbe costruire percorsi attraverso i quali le persone possano avere un’autonomia, un lavoro, che è dignità”.

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Gaia Bozza